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Recidiva: valutazione del giudice e motivazione

La Cassazione dichiara inammissibile un ricorso sulla valutazione della recidiva. L’ordinanza chiarisce che il giudice deve motivare in concreto sulla pericolosità del reo, non limitandosi a registrare i precedenti penali.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva: non basta il precedente penale, serve una valutazione concreta

La valutazione della recidiva non può essere un semplice automatismo basato sulla presenza di precedenti penali. Il giudice ha il dovere di analizzare in concreto se la reiterazione del reato sia un sintomo effettivo di maggiore pericolosità sociale e riprovevolezza della condotta. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3489/2024, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato che contestava la motivazione della Corte d’Appello sul punto.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo condannato per un reato, la cui pena era stata aggravata a causa della recidiva. L’imputato aveva presentato ricorso alla Corte d’Appello, la quale però aveva confermato la decisione di primo grado. Contro questa sentenza, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando due vizi principali: la mancata esclusione della recidiva e l’eccessività della pena. Secondo la difesa, i giudici di merito non avevano adeguatamente considerato le sue condizioni di vita complessive (sociali, economiche e culturali), limitandosi a valorizzare i precedenti penali a suo carico.

La Valutazione della Recidiva secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni del ricorrente, giudicando la decisione della Corte d’Appello immune da vizi logici o giuridici. Gli Ermellini hanno ricordato il principio consolidato secondo cui, ai fini della valutazione della recidiva, il giudice deve andare oltre il mero riscontro formale dei precedenti. È necessaria una verifica sostanziale per stabilire se il nuovo illecito sia espressione di una personalità più incline a delinquere e di una condotta maggiormente riprovevole.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello non si era limitata a elencare i precedenti, ma li aveva messi in relazione con la nuova condotta delittuosa, sottolineando elementi cruciali:

1. Omogeneità dei reati: Il nuovo illecito era dello stesso tipo di quelli passati.
2. Prossimità temporale: Il nuovo reato era stato commesso a solo un anno di distanza dal precedente.
3. Accentuata capacità a delinquere: La combinazione di questi fattori dimostrava una maggiore e persistente propensione al crimine.

Questa motivazione, secondo la Cassazione, è logica, coerente e, pertanto, non censurabile in sede di legittimità.

La Decisione sul Bilanciamento delle Circostanze

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla richiesta di un giudizio più favorevole nel bilanciamento delle circostanze attenuanti generiche, è stato respinto. La Corte territoriale aveva motivato la sua decisione facendo riferimento alle plurime violazioni della normativa sul divieto di reingresso e all’assenza di elementi positivi da valutare in favore dell’imputato. La Cassazione ha ritenuto tale motivazione adeguata e rispettosa dei principi di diritto, ricordando che il giudizio di comparazione tra circostanze opposte è una valutazione discrezionale del giudice di merito, che sfugge al sindacato di legittimità se non è frutto di arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le censure sollevate dal ricorrente non vertevano su reali violazioni di legge o vizi logici della motivazione, ma miravano a ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La motivazione della Corte d’Appello è stata considerata completa e adeguata, in quanto ha spiegato in modo esauriente perché la recidiva fosse sintomo di una concreta e maggiore pericolosità sociale e perché le attenuanti generiche non potessero prevalere sulle aggravanti.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale del diritto penale: la recidiva non è una ‘patente’ di pericolosità automatica, ma un elemento che richiede un’attenta e concreta analisi da parte del giudice. Al contempo, essa delinea chiaramente i limiti del ricorso per Cassazione: non è possibile contestare la valutazione discrezionale del giudice di merito sulla pena o sulle circostanze, a meno che la sua motivazione non sia palesemente assente, contraddittoria o illogica. La decisione del giudice, se ben argomentata, è insindacabile, lasciando all’imputato l’onere di dimostrare un vizio giuridico e non un semplice disaccordo con la valutazione effettuata.

La recidiva viene applicata automaticamente in presenza di precedenti penali?
No, la sua applicazione non è automatica. Il giudice è tenuto a verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia un sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità dell’autore, considerando la natura dei reati, la loro consecuzione temporale e altri parametri significativi.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione del giudice sulla recidiva e sulle attenuanti?
È possibile farlo solo se la motivazione della sentenza è palesemente mancante, illogica o contraddittoria. Il ricorso non può essere basato su un semplice disaccordo con la valutazione discrezionale del giudice di merito, poiché la Cassazione non può riesaminare i fatti.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. La sentenza impugnata diventa definitiva e non più contestabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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