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Recidiva: valutazione del giudice e inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro la sussistenza della recidiva. L’ordinanza chiarisce che il ricorso è manifestamente infondato quando il giudice di merito ha correttamente valutato il rapporto tra i precedenti penali e il nuovo reato, non basandosi solo sulla gravità dei fatti, ma riconoscendo una perdurante inclinazione al delitto. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva: Quando la Valutazione del Giudice Rende il Ricorso Inammissibile

Nel diritto penale, la recidiva rappresenta una circostanza aggravante di fondamentale importanza, applicata a chi commette un nuovo reato dopo aver già subito una condanna definitiva. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come i giudici debbano valutarla e delle conseguenze di un ricorso infondato contro tale valutazione.

Il Caso in Esame: Un Ricorso Contro la Recidiva

Il caso analizzato trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Firenze. L’oggetto principale della contestazione era il riconoscimento della sussistenza della recidiva da parte dei giudici di merito. Il ricorrente sosteneva che tale aggravante fosse stata applicata in modo errato, ma il suo tentativo di ottenere una revisione dalla Suprema Corte non ha avuto successo.

La Decisione della Cassazione sulla Valutazione della Recidiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. Questa decisione non si è basata su un riesame dei fatti, ma su una verifica della correttezza del ragionamento giuridico seguito dalla Corte d’Appello. Secondo la Suprema Corte, il giudice di merito aveva compiuto un’analisi approfondita e ben motivata, rendendo le censure del ricorrente prive di fondamento.

L’Analisi Concreta del Giudice di Merito

Il punto cruciale della decisione risiede nel metodo con cui la Corte d’Appello ha valutato la recidiva. Il giudice non si è limitato a prendere atto dei precedenti penali dell’imputato o della gravità dei fatti commessi. Al contrario, ha condotto un esame concreto, basato sui criteri stabiliti dall’articolo 133 del codice penale, per analizzare il rapporto specifico tra il reato in giudizio e le condanne precedenti.

Il Collegamento tra Precedenti e Nuovo Reato

La Corte d’Appello ha verificato che la condotta criminale passata dell’imputato era effettivamente indicativa di una ‘perdurance inclinazione al delitto’. In altre parole, i reati precedenti non erano episodi isolati, ma manifestazioni di una tendenza a delinquere che ha agito come fattore criminogeno, influenzando direttamente la commissione del nuovo reato. Questa valutazione ha reso la contestazione della recidiva del tutto infondata.

Le Motivazioni

Le motivazioni alla base dell’ordinanza della Cassazione rafforzano un principio cardine del nostro ordinamento: la valutazione della recidiva non può essere un mero automatismo. Il giudice ha il dovere di andare oltre la semplice consultazione del certificato penale. Deve esaminare in concreto se i precedenti reati siano sintomatici di una maggiore pericolosità sociale e di una propensione a commettere nuovi crimini. Nel caso di specie, il giudice di merito ha adempiuto a questo dovere, analizzando il legame tra passato e presente criminale dell’imputato e concludendo che la pregressa condotta era un chiaro indicatore di una persistente inclinazione al delitto. Proprio perché questa analisi è stata condotta in modo logico e conforme alla legge, il ricorso che la contestava in modo generico è stato ritenuto manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.

Le Conclusioni

Le conclusioni che possiamo trarre da questa pronuncia sono chiare. Un ricorso in Cassazione che mira a contestare la recidiva ha poche possibilità di successo se non è in grado di individuare un vizio logico o giuridico specifico nel ragionamento del giudice di merito. Se il giudice ha correttamente motivato la sua decisione, dimostrando il nesso tra i vecchi e i nuovi reati come indicatore di una tendenza a delinquere, l’impugnazione risulterà vana. La conseguenza processuale, come in questo caso, è la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento non solo delle spese processuali, ma anche di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, a testimonianza della pretestuosità dell’impugnazione.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. La Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice di merito aveva valutato correttamente e in modo approfondito la sussistenza della recidiva, rendendo le censure del ricorrente prive di fondamento.

Come deve essere valutata la recidiva dal giudice?
Il giudice non può basarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti passati o sull’arco temporale in cui sono stati commessi. Deve esaminare in concreto, secondo i criteri dell’art. 133 del codice penale, il rapporto tra le condanne precedenti e il nuovo reato, per verificare se la condotta passata sia indice di una ‘perdurance inclinazione al delitto’ che ha agito come fattore criminogeno per il nuovo reato.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, fissata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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