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Recidiva: valutazione del giudice e criteri applicativi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto e tentata rapina. La Corte ha ribadito che la valutazione sulla recidiva non può basarsi solo sulla gravità dei fatti o sul tempo trascorso, ma richiede un’analisi concreta del legame tra i precedenti e il nuovo reato, per accertare una persistente inclinazione a delinquere. Anche la pena, fissata vicino al minimo, è stata ritenuta corretta.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva: la Cassazione ribadisce i criteri per una corretta valutazione

Con l’ordinanza n. 4426 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: i criteri di valutazione della recidiva. Questa decisione offre importanti chiarimenti su come il giudice debba ponderare i precedenti penali di un imputato, andando oltre una mera analisi temporale o di gravità dei fatti. Il caso esaminato riguardava un ricorso contro una condanna per furto e tentata rapina impropria, ma i principi espressi hanno una valenza generale.

I Fatti di Causa e i Motivi del Ricorso

Un soggetto, condannato in secondo grado dalla Corte di Appello di Torino per i reati di furto e tentata rapina impropria, ha presentato ricorso in Cassazione. I motivi principali dell’impugnazione si concentravano su due aspetti fondamentali: la mancata esclusione della recidiva contestata e la determinazione del trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivo.

Secondo la difesa, la Corte territoriale avrebbe errato nel confermare l’aggravante della recidiva, basando la propria valutazione su elementi non sufficienti a dimostrare una reale e attuale pericolosità sociale derivante dai precedenti penali. Inoltre, si contestava la congruità della pena inflitta.

La Valutazione della Recidiva secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i motivi relativi alla recidiva manifestamente infondati, cogliendo l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia. I giudici hanno sottolineato che la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente su due elementi: la gravità dei fatti per cui si procede e l’arco temporale in cui si collocano le precedenti condanne.

Il cuore dell’analisi, invece, deve essere il rapporto concreto e sostanziale tra il nuovo reato e i precedenti. Il giudice di merito ha il compito di esaminare, sulla base dei criteri indicati dall’art. 133 del codice penale, se la condotta criminosa passata sia indicativa di una “perdurante inclinazione al delitto”. In altre parole, è necessario verificare se i precedenti reati abbiano agito come un fattore criminogeno, influenzando la commissione del nuovo delitto per cui si sta procedendo. La Corte di Appello, secondo la Cassazione, aveva correttamente applicato questo principio.

La Discrezionalità del Giudice nella Determinazione della Pena

Anche le censure relative al trattamento sanzionatorio sono state respinte come manifestamente infondate. La Cassazione ha ricordato che la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tale discrezionalità, tuttavia, non è arbitraria, ma deve essere esercitata nel rispetto dei principi guida enunciati negli articoli 132 e 133 del codice penale.

Nel caso specifico, la Corte ha osservato che la pena base era stata fissata in una misura sostanzialmente pari al minimo edittale previsto dalla legge. Questa scelta, adeguatamente motivata dalla Corte di Appello, non poteva quindi essere oggetto di censura in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Cassazione di dichiarare il ricorso inammissibile si fonda sulla manifesta infondatezza di tutti i motivi proposti. Per quanto riguarda la recidiva, la Corte ha confermato che la valutazione del giudice di merito è stata corretta perché non si è limitata a un automatismo, ma ha analizzato in concreto il legame tra i precedenti e il fatto nuovo, ravvisandovi un’espressione di una continuità nel percorso criminale dell’imputato. Per quanto attiene alla pena, la sua determinazione in misura prossima al minimo legale è stata considerata un esercizio legittimo e non sindacabile della discrezionalità giudiziale, in linea con i parametri normativi.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante principio giurisprudenziale: la recidiva non è un’etichetta da applicare automaticamente, ma il risultato di un’attenta e concreta valutazione del percorso di vita criminale dell’imputato. Il giudice deve andare oltre la superficie dei dati formali (date e tipo di reato) per indagare la sostanza, ossia se i crimini passati rivelino una persistente inclinazione a delinquere che ha influenzato la commissione del nuovo reato. Questa pronuncia riafferma la centralità di un’analisi individualizzata e motivata, sia nell’applicazione delle aggravanti sia nella commisurazione della pena.

Come deve essere valutata la recidiva dal giudice?
La valutazione della recidiva non può basarsi solo sulla gravità dei fatti o sul tempo trascorso dalle precedenti condanne. Il giudice deve esaminare concretamente il rapporto tra il reato per cui si procede e i precedenti, verificando se la condotta passata indichi una perdurante inclinazione al delitto che ha influenzato la commissione del nuovo reato.

In che misura il giudice può decidere l’entità della pena?
La determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Tuttavia, questa discrezionalità non è illimitata, ma deve essere esercitata in aderenza ai principi e ai criteri stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, come la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta che la Corte non esamina il merito delle questioni sollevate. In questo caso, il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato e, di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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