Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 32940 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 32940 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a MESAGNE il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a MESAGNE il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a MESAGNE il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a MESAGNE il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a MANDURIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/11/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME AVV_NOTAIO
che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
E’ presente l’avvocato NOME COGNOME, del foro di BRINDISI, in difesa di COGNOME COGNOME NOME. Il difensore illustra i motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
Il predetto avvocato è presente anche in sostituzione dell’avvocato COGNOME NOME, in difesa di COGNOME NOME; dell’avvocato COGNOME COGNOME NOME, in
difesa di COGNOME NOME e dell’avvocato COGNOME, in difesa di COGNOME NOME. In relazione a tali posizioni, il difensore si riporta ai motivi di ricorso, concludendo per il loro accoglimento e depositando le relative nomine a sostituto processuale ex art. 102 cpp. E presente altresì l’avvocato COGNOME NOME, del foro di BRINDISI, in difesa di COGNOME NOME. Il difensore insiste per l’accoglimento del ricorso, esponendone i motivi.
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RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Lecce, con sentenza pronunciata in data 24 novembre 2023, sull’appello proposto tra l’altro da tutti gli odierni ricorrenti COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Brindisi assunta all’esito di rito abbreviato, che aveva riconosciuto la responsabilità degli imputati in relazione a ipotesi di detenzione e cessione continuata di sostanza stupefacente del tipo cocaina, fatti realizzati in Mesagne e Brindisi fino al Marzo 2021, previa rinuncia dell’imputato COGNOME NOME ai motivi di impugnazione diversi da quelli concernenti il trattamento sanzionatorio, rigettava le impugnazioni di COGNOME NOME e di COGNOME NOME, confermando il trattamento sanzionatorio agli stessi applicato dal primo giudice.
Riqualificati i fatti di cui ai capi D) ed E) ascritti a COGNOME NOME nei reati di cui agli artt. 81, 110 cod.pen. e 73 comma 5 dPR 309/90 e riconosciute all’imputato le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alla recidiva e ritenuta la continuazione esterna tra i reati, così riqualificati, e quelli giudicati con sentenza della Corte di appello di Lecce del 20 maggio 2022, irrevocabile dal 17 febbraio 2023, rideterminava la pena nei suoi confronti nella misura complessiva di anni sette, mesi tre, giorni dieci di reclusione ed euro 25.000 di multa.
Rideterminava la pena nei confronti di COGNOME NOME, riconosciuta la continuazione tra i reati contestati al capo F) con quelli giudicati dalla Corte di appello di Lecce con sentenza del 8 luglio 2022, irrevocabile dal 17 marzo 2023, in complessivi anni cinque, mesi quattro di reclusione ed euro 23.000 di multa.
Riqualificato il reato di cui al capo B) ascritto a COGNOME NOME ai sensi degli artt. 81 cod.pen., 73 comma 5 dPR 309/90 e riconosciuta la continuazione tra i fatti di cui alla suddetta contestazione con quelli giudicati dalla Corte di appello di Lecce con sentenza del 29 giugno 2022, irrevocabile dal 12 novembre 2022, rideterminava la pena nei suoi confronti in complessivi anni due, mesi dieci di reclusione ed euro 7.000,00 di multa, con eliminazione della pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
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Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione le difese degli imputati, come di seguito indicati.
2.1 COGNOME NOME tramite il proprio difensore, AVV_NOTAIO, ha proposto due motivi di ricorso.
Con il primo motivo denuncia violazione di legge e difetto di motivazione con riferimento agli artt. 192 e 533 cod.proc.pen. per avere la Corte di appello riconosciuto la responsabilità dell’imputato in relazione alle ipotesi di commercializzazione di sostanza stupefacente di varia natura oltre ogni ragionevole dubbio.
Assume in particolare una totale carenza di prova, che si riflette nel vizio di apparenza della motivazione con riferimento alle contestazioni ascritte, evidenziando l’assenza di elementi obiettivi, quali sequestri di stupefacente, accertamenti sulla qualità degli stessi, verifica della tipologia RAGIONE_SOCIALE sostanza, da cui trarre elementi, sia pure indiziari, per l’affermazione di responsabilità ovvero per la graduazione del trattamento sanzionatorio, statuizioni che non possono prescindere dall’accertamento del grado di purezza e del principio attivo dello stupefacente.
Con il secondo motivo di ricorso denuncia violazione di legge e vizio motivazionale con riferimento al mancato riconoscimento della ipotesi di lieve entità di cui all’art.73 comma 5 d.PR 309/90. Assume la manifesta illogicità della motivazione sia perché non era dato sapere, per le ragioni indicate nel motivo precedente, quali fossero le caratteristiche quantitative, qualitative e ponderali dello stupefacente di cui alle conversazioni intercettate, di talchè la valutazione giudiziale avrebbe dovuto orientarsi verso una qualificazione giuridica più favorevole all’imputato; sia perché da singoli passaggi RAGIONE_SOCIALE intercettazioni emergeva che le trattative riguardavano piccoli rifornimenti di stupefacente, indicato con unità di misura del tutto minimali, con la conseguenza che doveva trovare applicazione la più recente giurisprudenza del giudice di legittimità che aveva tentato di fornire, sebbene su base statistica a seguito di una ricognizione RAGIONE_SOCIALE sentenze di merito, alcuni parametri su cui fondare una interpretazione tassativizzante dei valori ponderali soglia da considerare, unitamente agli altri elementi indicati dall’art.73 comma 5 dPR 309/90, ai fini del riconoscimento dei fatti di minore gravità. Valori soglia che certamente non potevano ritenersi superati nel caso in specie.
2.2. COGNOME NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, ha proposto un unico motivo di ricorso con il quale assume vizio motivazionale e violazione di legge in relazione al riconoscimento della
recidiva, qualificata come specifica, mentre era stata contestata come semplice, con conseguente violazione dell’art.521 cod.proc.pen. e vizio motivazionale sul punto.
Assume che il giudice di appello, nel riconoscere la recidiva, aveva sostenuto che il reato di cui alla imputazione presentasse connotazioni che lo legavano al precedente per furto in quanto, pur risultando offesi differenti beni giuridici, presentava connotazioni e finalità di lucro della stessa indole; in tal modo la Corte distrettuale aveva in sostanza alterato il contenuto della contestazione sulla recidiva, trasformandola da semplice a specifica e pertanto assegnando alla condotta del prevenuto un aggravio di offensività che, oltre a non formare oggetto di una nuova contestazione, aveva condizionato la valutazione giudiziale sia nel riconoscimento della aggravante, sia nel giudizio di valenza tra circostanze di segno opposto. D’altro canto, la motivazione era illogica nella parte in cui aveva riconosciuto omogeneità tra i due titoli di reato a fronte di un furto commesso in tutt’altro contesto storico e ambientale oltre ventisette anni prima dei fatti per cui è processo. Era comunque mancata una complessiva valutazione sulla idoneità della nuova condotta criminosa a rilevare la maggiore capacità a delinquere del reo.
2.3. COGNOME COGNOME NOME, tramite il proprio difensore AVV_NOTAIO, ha avanzato quattro motivi di ricorso.
2.3.1. Con il primo deduce violazione di legge e vizio motivazionale con riferimento alla ritenuta sussistenza della ipotesi delittuosa di cui all’art.73 dPR 309/90. In particolare assume il travisamento RAGIONE_SOCIALE intercettazioni ambientali da cui i giudici di merito avevano tratto indizi di reità in capo al prevenuto quale accorto spacciatore di sostanze stupefacenti, atteso che dal contenuto di alcune intercettazioni, in parte richiamate e trascritte, risultava che gli incontri con persone interessate a procacciarsi lo stupefacente non erano andati a buon fine, né i giudici di merito avevano indicato quali fossero i clienti fidati del COGNOME ai quali lo stesso aveva assicurato i rifornimenti di stupefacente nel periodo di riferimento.
2.3.2 Con la seconda articolazione assume violazione di legge e vizio motivazionale per omessa motivazione in ordine alla misura della pena irrogata per effetto della riconosciuta continuazione, in quanto l’aumento per la continuazione (esterna) con i fatti già giudicati era stato complessivamente indicato in mesi otto di reclusione con conseguente adozione di un trattamento sanzionatorio privo di adeguata motivazione.
2.3.3 Con il terzo motivo di ricorso deduce violazione di legge e difetto di motivazione in relazione all’art.106 cod.pen. e al diniego RAGIONE_SOCIALE circostanze
attenuanti generiche con giudizio di prevalenza, tenuto conto degli effetti estintivi della espiazione della pena e della intervenuta confessione del prevenuto.
2.3.4 Con una ultima articolazione deduce contraddittorietà della motivazione in relazione alla esclusione della sostituzione della pena detentiva con la detenzione domiciliare in ragione dei precedenti penali, per avere il ricorrente già beneficiato di misure alternative al carcere senza peraltro cessare di reiterare le condotte criminose, anche della stessa specie, tanto da essere sottoposto alla misura di prevenzione, laddove il ricorrente, pure sottoposto a misura cautelare domiciliare per questi fatti, aveva rispettato le prescrizioni così da potersi trarre un giudizio di affidabilità.
2.4. La difesa di COGNOME NOME, in persona dell’AVV_NOTAIO, ha articolato due motivi di ricorso concernenti l’applicazione della recidiva.
2.4.1. Con il primo deduce violazione di legge per avere il giudice distrettuale fondato il giudizio relativo alla ricorrenza della recidiva sulla gravità del reato commesso in epoca risalente, che atteneva alla partecipazione ad una associazione di tipo mafioso, laddove la gravità del reato presupposto poteva al più ripercuotersi sulla determinazione del profilo sanzionatorio, ai sensi dell’art.133 comma 2 cod.pen., ma non poteva essere utilizzato quale sintomo di accresciuta pericolosità sociale del reo, come richiesto dalla giurisprudenza di legittimità interpretando l’art.99 comma 2 cod.pen., tenuto conto che il precedente risaliva ad oltre venti anni prima i fatti di cui all’odierno procedimento.
2.4.2 Con una seconda articolazione deduce contraddittorietà della motivazione, laddove l’accresciuta capacità criminale del ricorrente avrebbe dovuto essere desunta da fatti successivi ed ulteriori rispetto a quelli relativi alla condanna pregressa, mentre nella specie il giudice distrettuale aveva indicato una circostanza, e cioè lo svolgimento di un’attività di spaccio in forma organizzata, che non trovava alcun fondamento nell’accertamento dei fatti integranti reato, laddove gli episodi contestati al COGNOME evidenziavano profili di occasionalità, privi di collegamento con strutture organizzate del narco traffico, né maggiore rilevanza avrebbe potuto assegnarsi al comportamento processuale che, semmai poteva essere valorizzato per il giudizio sui benefici premiali e non ai fini della ricorrenza della recidiva.
2.5. La difesa di COGNOME NOME, in persona dell’AVV_NOTAIO, propone un unico motivo di ricorso con il quale deduce la sussistenza
di ne bis in idem ex art.649 cod.pen. tra i fatti di cui alla pronuncia di condanna rispetto ai fatti di detenzione di sostanza stupefacente già giudicati dal Tribunale di Brindisi con sentenza in data 21 gennaio 2022, passata in giudicato, con la quale l’imputato era stato condannato alla pena di giustizia in relazione al rinvenimento nella sua disponibilità di 55,82 grammi di sostanza stupefacente di tipo cocaina. Richiamando la consecutio RAGIONE_SOCIALE intercettazioni telefoniche indizianti nel presente procedimento evidenziava che, per stessa valutazione operata dal primo giudice nel presente procedimento, le trattative concernenti le cessioni di sostanza stupefacente non potevano che fare riferimento alla medesima dotazione di stupefacente per cui il MOLFETTTA era stato già giudicato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso di COGNOME NOME deve essere dichiarato inammissibile.
Il primo motivo di ricorso è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non è scandito da necessaria critica analisi RAGIONE_SOCIALE argomentazioni poste a base della decisione impugnata ed è privo della puntuale enunciazione RAGIONE_SOCIALE ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’att impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione). Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità laddove indica gli elementi fondanti la responsabilità penale del COGNOME, mediante la indicazione e la interpretazione RAGIONE_SOCIALE conversazioni telefoniche e ambientali indizianti con le quali lo stesso offriva lo stupefacente al proprio referente, ovvero minacciava di morte le persone rifornite se non avessero pagato la fornitura di cocaina, ovvero manteneva i contatti con il cliente COGNOME che gli chiedeva di fornirgli stupefacente e con il quale fissava gli appuntamenti per eseguire le consegne. Al contempo il giudice distrettuale ha valorizzato l’episodio in data 16/11/2020 in cui il COGNOME veniva tratto in arresto in quanto, all’esito dell’ennesimo appuntamento con il COGNOME, era trovato in possesso di sostanza stupefacente unitamente a materiale per la pesatura e il confezionamento, nonchè di una considerevole somma di denaro ricevuta dal COGNOME quale corrispettivo di pregresse forniture.
Deve essere ribadito il principio, ripetutamente affermato dal S.C. con riferimento alla interpretazione del materiale captativo, cui il giudice di appello si è del tutto conformato, che riconosce agli indizi raccolti nel corso RAGIONE_SOCIALE intercettazioni telefoniche … fonte diretta di prova della colpevolezza dell’imputato che non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni, qualora siano; a) gravi, cioè consistenti e resistenti alle obiezioni e quindi attendibili e convincenti; b) precisi e non equivoci, cioè non generici e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto verosimile; c) concordanti, cioè non contrastanti tra loro e, più ancora, con altri dati o elementi certi (sez.6, n.3882 del 4/11/2011, COGNOME, Rv.251527; sez.5, n.48286 del 12/07/2016, Cigliola, Rv.268414; sez.1, n.37588 del 18.6.2014). In merito al significato attribuito alle intercettazioni il giudice di legittimità ha poi affermato ch l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (sez.U, n.22471 del 26.2.2015,Sebbar, rv 263715) se non per ragioni di manifesta irragionevolezza ed illogicità (sez.2, n.50701 del 4/10/2016, COGNOME e altri, Rv 268389; sez.3, n.44938 del 5/10/2021, COGNOME, Rv.282337), anche in ragione del valore indiziante RAGIONE_SOCIALE intercettazioni telefoniche, in presenza di sistematiche e continuative attività di cessione di sostanze stupefacenti monitorate tramite lo strumento captativo (sez.5, n.14853 del 21/12/2022, COGNOME, Rv.281138). Il giudice distrettuale non è incorso in tale vizio e comunque i motivi di ricorso omettono totalmente di confrontarsi con la interpretazione fornita dai giudici distrettuali del materiale intercettivo. Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
1.2 Il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto proposto per la prima volta dinanzi al giudice di legittimità e quindi improponibile ai sensi dell’art.606 cpv., per non avere la difesa del COGNOME mai contestato la qualificazione giuridica dei fatti ascritti all’imputato all’interno del paradigma d cui all’art.73 commi 1 e 4 dPR 309/90, né nei motivi di appello ha invocato la riqualificazione degli stessi ai sensi dell’art.73 comma 5 dPR 309/90.
Manifestamente infondato è il ricorso di COGNOME NOME con riferimento alla riconosciuta recidiva.
Premesso che il giudice distrettuale, contrariamente a quanto sostenuto nel motivo di ricorso, non ha proceduto a una riqualificazione della recidiva quale specifica, ma si è limitato a sostenere che non poteva disconoscersi il collegamento esistente tra i fatti reato di cui all’odierno procedimento con un risalente precedente penale per furto, in quanto entrambe le condotte illecite
erano motivate da finalità di lucro personale, i giudici del merito si sono conformati ai principi che regolano il fondamento degli aumenti di pena previsti a carico del condannato per la recidiva facoltativa, che presuppone l’effettiva idoneità dei fatti reato a manifestare una più accentuata colpevolezza o una maggiore pericolosità del condannato (sez.2, n.19577 del 19.3.2008, COGNOME, Rv.240404). Sul punto invero il compito del giudice è quello di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, mediante l’impiego di ogni parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali”(sez. U, n.57038 del 27.5.2010, P.G., Calibè, Rv. 247838). In particolare, il giudice distrettuale ha evidenziato, con motivazione non manifestamente illogica o contraddittoria, che i nuovi fatti costituivano espressione, per la loro reiterazione e stabilità, di una accresciuta pericolosità del reo e di una progressiva ingravescenza della spinta criminale del suo autore, come risultava altresì confermato dal fatto che le condotte erano state realizzate allorquando il COGNOME si trovava sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari per fatti della stessa specie, palese testimonianza di una più intensa spinta recidivante che aveva infine giustificato l’adozione nei suoi confronti della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza in data 5 maggio 2022.
Manifestamente infondati sono i motivi di ricorso proposti dalla difesa di COGNOME NOME.
3.1 Come già indicato in relazione all’analoga censura avanzata dal correo COGNOME, il primo motivo di ricorso, che assume travisamento RAGIONE_SOCIALE risultanze RAGIONE_SOCIALE intercettazioni telefoniche e ambientali con riferimento all’affermazione di responsabilità del prevenuto nella cessione di sostanza stupefacente, non si confronta affatto con la motivazione della sentenza impugnata che riporta una serie di interlocuzioni telefoniche da cui risulta palese il ruolo dell’imputato COGNOME quale spacciatore di stupefacente di diversa naturata nel periodo dicembre 2020 gennaio 2021, tanto che lo stesso veniva tratto in arresto in data 5 gennaio 2021 in quanto trovato in possesso di cocaina e di marijuana. Sul punto emblematiche sono le interlocuzioni tra COGNOME e COGNOME (diverse dall’unica citata nel motivo di ricorso), richiamate dal giudice di appello, in cui il COGNOME lodava lo stupefacente acquistato dal COGNOME sia per qualità che per quantità (intercettazione del 10 dicembre 2020), così come numerosi sono i contatti con i fidati clienti dell’imputato dai quali la Corte di appello ha ravvisat la fissazione di incontri per la cessione di dosi di stupefacente (pag.17 della
sentenza): in particolare i contatti con i clienti Loparco, Acquaviva, Macchitella, Rolli; nonché evidenti sono i riferimenti riportati dal giudice distrettuale all’attivi di spaccio del ricorrente (interlocuzione in ambientale del 14 dicembre 2020 tra COGNOME COGNOME). Va ribadito inoltre quanto in precedenza richiamato in merito al significato attribuito alle intercettazioni dai giudici di merit l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (sez.U, n.22471 del 26.2.2015,Sebbar, rv 263715) se non per ragioni di manifesta irragionevolezza ed illogicità (sez.2, n.50701 del 4/10/2016, COGNOME e altri, Rv 268389; sez.3, n.44938 del 5/10/2021 , COGNOME, Rv.282337), anche in ragione del valore indiziante RAGIONE_SOCIALE intercettazioni telefoniche, in presenza di sistematiche e continuative attività di cessione di sostanze stupefacenti monitorate tramite lo strumento captativo (sez.5, n.14853 del 21/12/2022, COGNOME, Rv.281138). La motivazione della sentenza impugnata risulta coerente con tale indirizzo giurisprudenziale, non risulta avere travisato i dati captativi e non ha formato neppure oggetto di specifica censura con riferimento al significato indiziante che i giudici di merito hanno inteso ravvisare.
3.2. Manifestamente infondati risultano altresì i motivi di ricorso concernenti la misura del trattamento sanzionatorio. Il motivo concernente l’aumento di pena per la continuazione esterna risulta del tutto generico, atteso che l’aumento è stato apportato in termini conformi a quanto già operato dal giudice di primo grado, che aveva già ravvisato la continuazione, e in termini percentualmente modesti a fronte della omogeneità dei fatti già giudicati. L’onere motivazionale è stato pertanto assolto laddove il giudice distrettuale ha dato evidenza dei criteri utilizzati e, comunque, gli aumenti apportati risultano calibrati sulla pluralità dei fatti reato, sulla loro ripetizione nel tempo e comunque in misura del tutto rispettosa dei criteri fissati dall’art.81 cod.pen., in misura percentuale rispetto alla pena base e quindi in termini coerenti con la recente giurisprudenza di legittimità sul punto (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01; sez.6, n.44428 del 5/10/2022, COGNOME, Rv.284005).
3.3. La prevalenza RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche è stata inoltre esclusa mediante un corretto esercizio del potere discrezionale assegnato al giudice di merito, facendo riferimento alla pluralità di precedenti specifici e all’assenza di profili di meritevolezza, valorizzando altresì l’adozione nei confronti dell’imputato della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S.
Va rilevato che ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche, come più volte ribadito
da questa Corte, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così sez. 3, n. 23055 del 23/04/2013, RAGIONE_SOCIALE e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale). A tale proposito il giudice distrettuale ha escluso il beneficio con motivazione del tutto coerente al suddetto insegnamento richiamando i precedenti penali plurimi, l’assenza di elementi di meritevolezza e l’inosservanza alle prescrizioni relative alla misura di prevenzione.
3.4. Con riguardo al motivo di ricorso concernente la mancata applicazione di una pena sostitutiva, va osservato come, anche a seguito RAGIONE_SOCIALE modifiche all’istituto apportate con la Riforma Cartabia, la sua concessione è rimessa alla discrezionalità del giudice che la esercita secondo i criteri indicati dall’art. 58 della Legge 24 novembre 1981, n. 689, ossia nei limiti fissati dalla legge e tenendo conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del Codice penale. Ovviamente incombe sul giudice l’obbligo di dare conto RAGIONE_SOCIALE ragioni sottese all’esercizio di tale potere discrezionale, fornendo adeguata motivazione in merito -per quel che qui interessa- alla mancata conversione. Va precisato che, ai fini della sostituzione della pena detentiva il giudice ricorre ai criteri previsti dall’art. 133 cod. pen.; l sua discrezionalità può essere esercitata motivando sugli aspetti ritenuti decisivi in proposito, quali l’inefficacia della sanzione, come è avvenuto nella specie, avendo il giudice ritenuto la pena sostitutiva della detenzione domiciliare inadeguata, tenuto conto dei precedenti penali specifica e della misura di prevenzione (peraltro ripetutamente violata), a svolgere una funzione afflittiva e rieducativa.
Manifestamente infondato è anche il ricorso proposto dalla difesa di COGNOME NOME incentrato, mediante l’articolazione di due motivi di ricorso, sul riconoscimento della recidiva, per non essere stata logicamente valutata la rilevanza dei fatti oggetto di giudizio nella loro oggettiva consistenza, quale espressione di una accresciuta pericolosità criminale del prevenuto, laddove il riferimento ad un grave precedente penale molto risalente non avrebbe potuto assolvere ad alcuna funzione esplicativa se non posto in collegamento con la personalità dell’imputato e con le modalità della condotta contestate, stante la occasionalità della vicenda in esame e il decorso del tempo rispetto al precedente (circa venti anni). Il motivo di ricorso non si confronta con il contenuto della
motivazione della sentenza di secondo grado la quale, con ragionamento logicamente espresso, ha dato conto del giudizio di maggiore lesività e di accresciuta pericolosità criminale del ricorrente rispetto ai fatti di cui a precedente penale specifico, così da rendere l’episodio in questione frutto di una ricaduta idonea a manifestare una accresciuta propensione al crimine, come peraltro espressamente evidenziato mediante il richiamo all’art.133, comma 2, cod.pen. e alla argomentazione secondo la quale il COGNOME non aveva in alcun modo tratto insegnamento dalla precedente condanna per fatto analogo, ma al contrario aveva replicato la condotta criminosa in una forma organizzata (avvalendosi di collaboratori) e reiterata, nella consapevolezza che le forniture di stupefacente da questi eseguite avrebbero implementato il mercato del narcotraffico e la diffusione dello stupefacente tra i consumatori, delineando in tale modo un profilo di continuità nel crimine e di maggiore antidoverosità.
A tale fine, pertanto, i giudici del merito si sono conformati ai principi che regolano il fondamento degli aumenti di pena previsti a carico del condannato per la recidiva facoltativa, che presuppone l’effettiva idoneità in concreto ad indicare una più accentuata, 1 o una maggiore pericolosità del condannato (sez.2, 19/03/2008, COGNOME, Rv.240404; sez.3, n.19170 del colpevolezza17/12/2014, COGNOME, Rv.263464; sez.2, n.10988 dei 7/12/2022, COGNOME, Ry.284425). Sul punto invero il compito del giudice è quello di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali (sez. U, 27.5.2010, P.G., Calibè, Rv. 247838). Il giudice distrettuale ha provveduto in tale senso con una motivazione che non si presta a censure di illogicità manifesta e di contraddittorietà e pertanto si sottrae al sindacato di legittimità.
5. Manifestamente infondata è infine la censura proposta avverso la sentenza impugnata dalla difesa di COGNOME NOME. Invero la deduzione della ricorrenza di ipotesi di “ne bis in idem” dei fatti oggetto del presente giudizio (detenzione e cessione di quantitativi di stupefacente del tipo cocaina), con i fatti giudicati con sentenza irrevocabile del Tribunale di Brindisi (detenzione di circa 50 grammi di cocaina accertata in data 26 marzo 2021) è assertiva, reiterativa della censura già proposta in appello e non si confronta in
alcun modo con la motivazione della sentenza impugnata, la quale a pag.36 e 37 evidenzia le ragioni per cui non vi sia coincidenza tra i due fatti, tenuto conto che le condotte di detenzione e di cessione contestate nel presente procedimento, per stessa affermazione del ricorrente nel motivo del ricorso “sono prodromiche alla detenzione di grammi 55,782” che ha formato oggetto di separato giudizio. Il giudice distrettuale ha poi evidenziato, con motivazione che non ha formato oggetto di specifica censura, come le condotte di detenzione e di cessione di stupefacente, oggetto del presente giudizio, oltre ad essere naturalisticamente diverse da quelle contestate nella decisione passata in giudicato (i quantitativi di cui si contesta la detenzione nei due diversi giudizi non coincidono dal punto di vista ponderale; nell’odierno giudizio i fatti di cessione si sommano a quelli di mera detenzione), siano espressione di distinte volizioni criminose, determinate da pregresse forniture di stupefacente provenienti da COGNOME NOME e di azioni criminose commesse in tempi differenti e in modo reiterato (riferimenti a interlocuzioni telefoniche dalle quali emergeva l’intento dell’imputato di riscuotere crediti da parte dei propri clienti).
Va pertanto evidenziato che in base alla qualificazione giuridica dei fatti oggetto del presente procedimento, gli stessi, sia in relazione alle plurime condotte di cessione contestate, sia ai tempi di commissione RAGIONE_SOCIALE singole fattispecie non appaiono, in nessun modo, espressione di una identica attività criminosa rispetto ai fatti di detenzione oggetto della precedente pronuncia di condanna laddove, ai fini dell’applicazione del principio del “ne bis in idem”, per medesimo fatto deve intendersi la identità degli elementi costitutivi del reato e cioè condotta, evento e nesso di causalità, considerati non solo nella loro dimensione storico-naturalistica, ma anche in quella giuridica, potendo una medesima condotta violare contemporaneamente diverse disposizioni di legge (sez.1, n.19787 del 11/12/2008, Palanza, Rv.243330); in relazione alla ipotesi di detenzione e cessione di sostanza stupefacente deve sussistere una unicità di contesto spazio temporale e la identità della sostanza stupefacente, in quanto l’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 ha natura giuridica di norma a più fattispecie, con la conseguenza che, da un lato, il reato è configurabile allorchè il soggetto abbia posto in essere anche una sola RAGIONE_SOCIALE condotte ivi previste, dall’altro, deve escludersi il concorso formale di reati quando un unico fatto concreto integri contestualmente più azioni tipiche alternative previste dalla norma, poste in essere senza apprezzabile soluzione di continuità dallo stesso soggetto ed aventi come oggetto materiale la medesima sostanza stupefacente. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso l’assorbimento di plurimi episodi di cessione di droga
in una precedente condotta di detenzione commessa dalle stesse persone ed oggetto di separato giudizio, in ragione della diversità del dato quantitativo e del differente contesto temporale (sez.3, n.7404 del 15/01/2015, COGNOME, Rv.262421; sez.3, n.23759 del 10/02/2023, NOME COGNOME, Rv.284666).
In conclusione devono essere dichiarati inammissibili tutti i ricorsi e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero al riguardo, al versamento di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art.616 cod.proc.pen., nella misura indicata nel dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 maggio 2024.