Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2155 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2155 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di NOME nato il DATA_NASCITA NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/02/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del PG COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso di NOME venga dichiarato inammissibile e che l’impugnata sentenza sia annulli per quanto attiene a NOME lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per la parte civile NOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, con conferma delle statuizioni civili e assegnazione di una provvisionale, con condanna degli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza della parte civile, come da istanza di liquidazione e nota allegate.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Catanzaro ha integralmente confermato la pronuncia di condanna emessa in data 26 aprile 2022
dal Tribunale di Castrovillari nei confronti di NOME e NOME, per i reati di cui agli artt. 110-628 e 110-582-585 cod. pen.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, con un unico atto a mezzo del proprio comune difensore, formulando quattro motivi di impugnazione, di seguito sinteticamente esposti.
2.1. Con il primo motivo, si eccepisce la nullità della sentenza per il mancato esame (e comunque per il mancato accoglimento) della richiesta di rinvio dell’udienza di discussione davanti alla Corte di appello, per legittimo impedimento a comparire di COGNOME, detenuto per altra causa.
2.2. Con il secondo motivo, si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione sulla ritenuta responsabilità dei due imputati in relazione ad entrambi i delitti. I giudici di appello avrebbero reiterato pedissequamente le argomentazioni del Tribunale, valorizzando soltanto il labile elemento costituito dal riconoscimento da parte della persona offesa del timbro della voce dei suoi aggressori travisati, pur se la vittima e i ricorrenti non si conoscevano personalmente. Non apparirebbero dirimenti neppure le ulteriori circostanze richiamate in sentenza e in particolare il rinvenimento del telefono della persona offesa nell’appartamento occupato dagli imputati. Non sarebbero infine utilizzabili le trascrizioni dei messaggi vocali presenti sui cellulari degli imputati, poiché la traduzione sarebbe stata effettuata da soggetto non qualificato, convocato informalmente dalla polizia giudiziaria in assenza di contraddittorio.
2.3. Il terzo motivo è diretto a censurare la severità del trattamento sanzionatorio, contestando altresì l’applicazione della recidiva specifica.
2.4. Con il quarto motivo, sempre in tema di recidiva, si evidenzia come il precedente che gravava su NOME fosse in realtà estinto ex art. 445, comma 2, cod. proc. pen.
Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall’art. 17, decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75).
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili, perché proposti con motivi manifestamente infondati, generici e non consentiti.
Il difensore pro tempore di NOME ha comunicato – mediante invio, alle 15:18 del 20 febbraio 2023, di posta elettronica certificata all’account di posta certificata della Seconda Sezione Penale della Corte di appello di Bari, titolare del procedimento – il sopravvenuto stato di detenzione per altra causa del suddetto
imputato, così eccependo il legittimo impedimento a comparire del predetto per l’udienza dell’indomani.
Nel caso di specie, nondimeno, l’udienza di discussione davanti alla Corte territoriale è stata celebrata nel rispetto della disciplina emergenziale dettata dall’art. 23-bis, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137. Pertanto, in difetto di tempestiva richiesta di discussione orale da parte del pubblico ministero o del difensore ovvero di richiesta di partecipare all’udienza da parte di uno o più imputati (premessa procedimentale non incisa dalle argomentazioni del ricorrente), i giudici catanzaresi hanno correttamente proceduto in camera di consiglio non partecipata (cosiddetta “trattazione scritta”).
Il motivo è dunque manifestamente infondato, restando del tutto irrilevante la comunicazione del legittimo impedimento sopravvenuto (peraltro, effettuata a ridosso dell’udienza e senza accertarsi del buon fine della trasmissione per via telematica).
2. La doppia conforme affermazione di penale responsabilità si basa sulla precisa testimonianza della persona offesa NOME COGNOME, che ha raccontato di essere stato aggredito di notte nella baracca dove viveva da quattro connazionali, che lo malmenavano, lo immobilizzavano, lo minacciavano e gli sottraevano del denaro, richiedendogli infine un’ulteriore somma se avesse voluto indietro i propri documenti. Fuggito mentre gli aggressori si dividevano il bottino, aveva contattato i Carabinieri dichiarando di conoscere uno degli autori (tale NOME COGNOME, poi anche riconosciuto con identificazione fotografica) e di avere memorizzato anche le voci di altri due rapinatori (in sede di incidente probatorio, diretto a riconoscimento vocale, erano riconosciuti senza esitazione anche i due odierni ricorrenti). Il cellulare sottrattogli gli fu poi restituito da un altro connazionale, c disse di averlo trovato a casa di NOME NOME. Questo racconto era riscontrato dalla deposizione dell’operante che aveva ricevuto la segnalazione, visto il denunciante col volto tumefatto, proceduto ad individuazione fotografica, effettuato una perquisizione presso il domicilio dei ricorrenti (notando come NOME continuasse a chiamarlo «NOME», come aveva fatto con NOME durante il pestaggio). Dalla memoria dei cellulari sequestrati ai due imputati emergevano messaggi ampiamente confessori da parte di NOME. Ulteriori marginali riscontri provenivano anche da altre testimonianze.
L’apparato argomentativo è senza dubbio congruo e coerente con le emergenze istruttorie, nonché scevro di vizi logico-giuridici, e risulta pertanto intangibile in questo giudizio di cassazione.
Le doglianze dei ricorrenti, dirette a sollecitare una nuova ponderazione della piattaforma istruttoria, sono dunque diverse da quelle consentite ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen.
La traduzione dall’arabo all’italiano di alcuni files audio è, con ogni evidenza, attività ripetibile e pertanto non si ravvisano violazioni dell’art. 360 cod. proc. pen.
D’altronde, appare dirimente la condivisibile osservazione della sentenza impugnata per cui non sono state indicate dalla difesa circostanze tali da lasciar lumeggiare elementi sintomatici della inaffidabilità della traduzione, peraltro acquisita in udienza (con l’ulteriore precisazione che l’interprete era stata ritualmente nominata ausiliario di polizia giudiziaria e che per tale incarico non è richiesta l’iscrizione in albi particolari). E invero non è sufficiente allegare pretesa irregolarità di un accertamento specialistico, senza indicare poi la concreta incidenza negativa sugli esiti della asserita violazione formale di protocolli o di buone regole dell’arte, priva di per sé di sanzione processuale (cfr., in tema di accertamenti informatici, Sez. 1, n. 38909 del 10/06/2021, COGNOME, Rv. 282072; Sez. 5, n. 11905 del 16/11/2015, COGNOME, Rv. 266477).
Le censure sono dunque prive di specificità e comunque manifestamente infondate.
La Corte conferma la correttezza della dosimetria della pena operata dal Tribunale, motivata – oltre che con sintetico richiamo alla brutalità dell’aggressione – con particolare riguardo alla negativa personalità degli imputati, gravati di significativi precedenti penali.
La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non ricorre.
La sussistenza della recidiva qualificata è ampiamente e congruamente illustrata dai giudici di primo grado, con valutazione condivisa in appello, che sottolinea la maggior colpevolezza e la maggiore pericolosità degli imputati, alla luce della omogeneità delle condotte delittuose della stessa indole.
Il motivo è dunque manifestamente infondato.
L’ultimo motivo è viziato da aspecificità, laddove non si confronta con gli argomenti con cui la doglianza è stata disattesa dai giudici di merito, e comunque manifestamente infondato.
NOME è stato destinatario di una pena pari a sei mesi di reclusione ed euro 120 di multa applicata su richiesta delle parti, in relazione al delitto di fur commesso il 22 agosto 2017 (e quindi reato di indole predatoria come la rapina
per cui qui si procede), in forza della sentenza del Tribunale di Savona del 23 agosto 2017, irrevocabile il 17 settembre 2017.
Ai sensi dell’art. 445, comma 2, cod. proc. pen., il reato è estinto, ove sia stata irrogata una pena detentiva non superiore a due anni, soli o congiunti a pena pecuniaria, se nel termine di cinque anni, quando la sentenza concerne un delitto, l’imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole. In questo caso si estingue ogni effetto penale.
La rapina ai danni di NOME è avvenuta il 19 febbraio 2021.
Non era allora decorso il termine per la dichiarazione di estinzione del delitto oggetto della precedente sentenza di applicazione della pena.
Avendo il ricorrente commesso un nuovo reato entro il quinquennio di legge – da computarsi a partire dal passaggio in giudicato della prima sentenza – e non essendosi dunque ancora estinto il precedente delitto, è corretta la decisione dei giudici di merito di tenerne conto ai fini della recidiva specifica (cfr. Sez. 5, n 19710 del 18/03/2019, COGNOME, Rv. 275921; Sez. 1, n. 4461 del 05/12/2013, dep. 2014, COGNOME, non massimata; Sez. 1, n. 41098 del 24/09/2012, COGNOME, Rv. 253403).
I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
Gli imputati non devono, però, essere condannati al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile, dal momento che quest’ultima non ha offerto nessun elemento di dibattito centrato sulle questioni oggetto del ricorso, idoneo a offrire una valida piattaforma argomentativa di contrasto alle avverse ragioni; viceversa, le conclusioni scritte si limitano ad insistere per la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la conferma delle statuizioni civili, nonché per la condanna alla rifusione delle spese legali della persona offesa.
Nel giudizio di legittimità, infatti, quando il ricorso dell’imputato vien rigettato o dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali, senza che sia necessaria la sua partecipazione all’udienza, purché abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contribut alla decisione (cfr. Sez. 4, n. 36535 del 15/09/2021, A., Rv. 281923; Sez. 3, n. 27987 del 24/03/2021, G., Rv. 281713; Sez. 2, n. 12784 del 23/01/2020, Tamborrino, Rv. 278834).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 novembre 2023
Il Co r