Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35660 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35660 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME CODICE_FISCALE nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/12/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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Motivi della decisione
NOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre avverso la sentenza in epigrafe deducendo violazione di legge e vizio m?tivazionale con un primo motivo in relazione all’applicazione della recidiva, non ravvisandosi a suo avviso alcuna maggiore pericolosità del reo in relazione al nuovo episodio criminoso, e comunque non avendo il giudice del gravame del merito motivato in relazione alla stessa e con un secondo motivo in relazione alla disposta confisca ex art. 240 bis cod. pen. del danaro, mancando in particolar modo la motivazione sulla sproporzione della residua parte della somma sequestrata.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto assertivi.
Gli stessi, peraltro, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità i quanto sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
2.1. Quanto alla ritenuta recidiva, la Corte territoriale ha dato atto con motivazione logica e del tutto congrua di avere valutato il curriculum criminale dell’odierno ricorrente, la cui personalità è quella di un soggetto la cui precedente condanna riportata nel certificato del casellario giudizi&e in atti, e segnatamente la condanna di cui alla sentenza della Corte di Appello di Torino del 30.04.2019 divenuta irrevocabile il 15.06.2019 per fatti di cui all’art. 73 del d.p.r. n. 309/9 dunque della stessa specie di quelli per cui si procede, consumati in data 18.05.2018, integra a pieno la contestata recidiva specifica infraquinquennale atteso che trattasi di condanna per fatti della stessa specie. Inoltre, come si legge in sentenza, i fatti oggetto del presente giudizio risultano commessi nel quinquennio successivo al passaggio in giudicato della predetta precedente condanna. La predetta precedente condanna in ragione anche delle modalità della condotta dei atti in esame, connotati dalla detenzione di un importante quantitativo di sostanza stupefacente peraltro suddiviso in plurimi involucri nei termini ricostruiti nel parte motiva della sentenza di primo grado, è risultata funzionalmente collegata ai fatti per cui si procede, rilevando al contempo come il precedente sanzionamento non abbia sortito alcun effetto deterrente in ordine alla ricaduta nel reato per fatti medesimi e della stessa specie.
Ciò osta per i giudici torinesi alla radica alla invocata esclusione della recidiva nel solco dell’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui il giudice ha il compito di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sinto
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effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, al qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità del ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibè, Rv. 247838). E in linea con tale principio, questa Corte ha altresì affermato che in tema di recidiva facoltativa ritualmente contestata, il giudice è tenuto a verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia effettivo sintomo di ripr volezza della condotta e di pericolosità del suo autore, escludendo l’aumento di pena, con adeguata motivazione sul punto, ove non ritenga che dal nuovo delitto possa desumersi una maggiore capacità delinquenziale (Sez. F, n. 35526 del 19/08/2013, COGNOME Silvio, Rv. 256713); ai fini della rilevazione della recidiva, intesa quale elemento sintomatico di un’accentuata pericolosità sociale del prevenuto, e non come fattore meramente descrittivo dell’esistenza di precedenti penali per delitto a carico dell’imputato, la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’arco temporale in c:ui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedent condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattor criminogeno per la commissione del reato sub iudice (Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, dep. 2017, Del Chicca, Rv. 270419).
2.2. Pienamente motivata, diversamente da quanto opina il ricorrente, è anche la ritenuta confisca ex art. 240 bis cod. pen. dell’intera somma di danaro.
Come evidenzia la motivazione del provvedimento impugnato, avendo l’imputato dichiarato di aver perso l’occupazione lavorativa e di essere disoccupato, in assenza di fonti reddituali lecite e di altri comprovati elementi giustificativi possesso di una siffatta consistente somma di denaro, detta somma non può che considerarsi diretto provento della accertata ed ammessa attività di spaccio. Al riguardo viene evidenziato come lo stesso imputato abbia ammesso che una parte della predetta somma era provento di precedente attività di cessione dello stupefacente. E che la circostanza addotta che l’importo di euro 2.500,00 gli era stato dato da un soggetto non meglio identificato e lo doveva dare a tale NOME, del pari soggetto non meglio identificato, mentre l’ulteriore importo di euro 2.000,00 era della moglie, senza offrire oggettivi elementi a sostegno di quanto affermato, costituiscono circostanze prive di oggettivo fondamento.
Ne consegue che la somma di denaro indicata in atti e sottoposta a sequestro, come già ritenuto dal giudice di primo grado andava sottoposta a confisca per sproporzione ex art. 240 bis cod. pen.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 17/09/2024