Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 45606 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 45606 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di NOME nato a SIDERNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/06/2024 della CORTE DI APPELLO di REGGIO CALABRIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del AVV_NOTAIO COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per la parte civile NOME COGNOME, che ha chiesto la conferma della sentenza e la rifusione delle spese legali del presente grado di giudizio;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente, che ha chiesto l’annullamento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Reggio Calabria, con la decisione impugnata, in parziale riforma della sentenza di condanna del Tribunale di Locri in data 17 aprile 2019, nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 640 cod. pen.,
ritenendo la sola recidiva specifica e infraquinquennale, ha escluso la recidiva reiterata, con conseguente rideterminazione della pena e conferma nel resto.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, deducendo due motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo motivo, si deduce la carenza di motivazione in merito alla ribadita sussistenza della recidiva specifica, sulla sola base di un risalente precedente, senza nessuna effettiva ponderazione del rapporto tra i vecchi fatti e i nuovi e del consistente lasso di tempo intercorso e, in genere, della ipoteticamente accresciuta pericolosità sociale.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa censura, sotto il profilo dell’insufficiente motivazione, il diniego delle circostanze attenuanti generiche, privo di concreta giustificazione, salvo il vago richiamo alla non incensuratezza dell’imputato. 3. Il ricorso è inammissibile. Quanto al primo motivo di impugnazione, la sentenza impugnata (pp. 3-4) ricostruisce chiaramente la sequenza recidivante: dal certificato penale acquisito ex officio («il cui contenuto è diverso da quello richiesto dal privato e allegato ai motivi nuovi») emerge una sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. per furto passata in giudicato entro il quinquennio precedente i fatti in contestazione (oltre a ulteriori condanne divenuto definitive solo successivamente). I due reati contro il patrimonio risultano, esplicitamente, «manifestazione della stessa pericolosità sociale» e la prima condanna non ha avuto alcun effetto deterrente. Posto che i precedenti rilevanti ai fini dell’art. 99 cod. pen. possono essere desunti anche da una sentenza di patteggiamento, equiparata – salvo eccezioni qui inconferenti – a una decisione di condanna dall’art. 445, comma 1-bis, ultimo periodo, cod. proc. pen. (cfr. Sez. 5, n. 19710 del 18/03/2019, Cirillo, Rv. 275921-01) e avuto riguardo al non consistente intervallo cronologico tra i due delitti della medesima indole ex art. 101 cod. pen. (in quanto, con ogni evidenza, caratterizzati dalla medesima natura predatoria ed entrambi previsti da disposizioni collocate nel Titolo XIII del Libro II del codice penale), risulta del tutto adeguato il percorso giustificativo della Corte reggina in relazione alla maggiore pericolosità e alla più accentuata colpevolezza del reo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tutti i profili di censura sono, quindi, insuperabilmente aspecifici, trascurando l’effettivo contenuto argomentativo della decisione impugnata, e, comunque, manifestamente infondati.
Anche il secondo motivo non solo è del tutto generico, in difetto dell’indicazione di una qualsiasi circostanza idonea a ribaltare le conclusioni assunte dai giudici di merito, ma, altresì, manifestamente infondato. La Corte di appello ha motivato congruamente – esprimendo un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, in assenza di vizi logico-giuridici
l’impossibilità di riconoscere le circostanze attenuanti generiche, richiamando i plurimi precedenti dell’imputato (cfr. p. 4). Secondo il consolidato orientamento di legittimità, non è necessario che il giudice di merito, nel motivare sul punto, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quell ritenuti decisivi – cfr. Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 27954902).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Il ricorrente non deve, però, essere condannato al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile, dal momento che quest’ultima non ha offerto nessun elemento di dibattito centrato sulle questioni oggetto del ricorso, limitandosi ad insistere per il rigetto del ricorso e per la condanna e alla rifusione delle spese legali (cfr. Sez. 4, n. 36535 del 15/09/2021, A., Rv. 281923; Sez. 3, n. 27987 del 24/03/2021, G., Rv. 281713; Sez. 2, n. 12784 del 23/01/2020, Tamborrino, Rv. 278834).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Nulla per la parte civile. Così deciso il 30 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
La Presidente