Recidiva Specifica: La Cassazione Conferma la Pena per Chi Reitera lo Stesso Reato
La recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale del diritto penale: la recidiva specifica. Quando un giudice può considerare un imputato ‘recidivo’ e, di conseguenza, applicare una pena più severa? La pronuncia in esame chiarisce che una serie di condanne precedenti per lo stesso identico reato costituisce, di per sé, una motivazione sufficiente a giustificare tale aggravamento, senza bisogno di ulteriori e complesse argomentazioni sulla pericolosità sociale del soggetto.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un imprenditore condannato per l’omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali dovute ai propri dipendenti, per un importo complessivo di oltre 12.000 euro. A pesare sulla sua posizione non era solo il nuovo reato, ma anche il suo passato giudiziario: dal casellario giudiziale risultavano ben sei condanne precedenti per la medesima violazione.
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione da parte della Corte d’Appello. A suo dire, i giudici di merito si erano limitati a elencare i suoi precedenti penali senza spiegare in che modo questi dimostrassero una sua maggiore pericolosità sociale, elemento necessario per giustificare l’applicazione della recidiva.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. Secondo gli Ermellini, il motivo di ricorso era inconsistente e non si confrontava realmente con la logica della sentenza impugnata. La Corte ha stabilito che la presenza di sei condanne specifiche per lo stesso reato non è un dato neutro, ma un fatto che parla da solo.
Le motivazioni: Perché i precedenti giustificano la recidiva specifica?
La Corte ha spiegato che la ripetizione seriale dello stesso illecito penale manifesta in modo inequivocabile due elementi chiave: la pervicacia criminale e la pericolosità sociale. In altre parole, chi continua a commettere lo stesso reato dimostra una chiara ostinazione a violare la legge e una spiccata tendenza a perseverare nel comportamento illecito.
Di fronte a un quadro così netto, la Corte territoriale non era tenuta a produrre un ragionamento ulteriore e più articolato. I sei precedenti specifici erano già di per sé la prova più lampante di quella maggiore pericolosità che legittima il trattamento sanzionatorio più severo previsto per i recidivi. Criticare la sentenza per non aver argomentato di più su questo punto è stato ritenuto un pretesto infondato.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: il passato criminale di un imputato, quando è caratterizzato dalla ripetizione dello stesso tipo di reato, assume un peso decisivo nella valutazione della sua pericolosità. Non si tratta di un mero automatismo, ma del riconoscimento che la coerenza nel commettere illeciti è un indicatore oggettivo di una personalità incline a delinquere. Per la difesa, diventa quindi molto difficile contestare l’applicazione della recidiva specifica basandosi su un presunto difetto di motivazione, quando i fatti documentati dal casellario giudiziale sono così eloquenti. La decisione serve da monito: la reiterazione seriale di un reato non sarà trattata con leggerezza e giustificherà pienamente un inasprimento della pena.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché ritenuto inconsistente. Non si confrontava con la motivazione della sentenza precedente, la quale si basava sul fatto che sei condanne per lo stesso reato erano prova sufficiente della pericolosità sociale e della pervicacia criminale del soggetto.
È sufficiente l’esistenza di precedenti penali per applicare la recidiva specifica?
Secondo questa ordinanza, nel caso specifico, sì. La Corte ha stabilito che sei precedenti condanne per il medesimo reato sono una manifestazione così chiara di ostinazione criminale e pericolosità sociale da giustificare l’applicazione della recidiva senza bisogno di ulteriori elaborate argomentazioni da parte del giudice.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9542 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9542 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TRIESTE il 29/05/1970
avverso la sentenza del 07/03/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RG 28807/24
Rilevato che NOME COGNOME è stato condannato alle pene di legge per omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti p mensilità da dicembre 2014 a novembre 2015 per un ammontare complessivo di euro 12.718, con la recidiva specifica, reiterata e infra-quinquennale;
Rilevato che l’imputato lamenta il vizio di motivazione perché la Corte territoriale si era limi a enunciare l’esistenza di sei precedenti penali senza svolgere un ragionamento sulla maggiore pericolosità, a sostegno quindi della contestazione della recidiva;
Rilevato che il motivo è inconsistente e non si confronta con la sentenza impugnata che dà conto del fatto che al casellario giudiziale risultano riportate sei precedenti condanne per il medesi reato per cui l’imputato ha certamente manifestato con la commissione del nuovo reato quella pervicacia criminale e quella pericolosità sociale che giustificano il trattamento sanzionator previsto per i recidivi;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rilevato che all declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere del spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 1’8 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente