Recidiva Specifica: Professionalità nel Reato e Pericolosità Sociale
L’applicazione della recidiva specifica rappresenta uno degli aspetti più delicati nel diritto penale, poiché comporta un aggravamento della pena per chi torna a delinquere. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 31314/2024) offre un importante chiarimento su come i giudici debbano motivare tale aggravante. La Suprema Corte ha stabilito che la “professionalità nel reato”, desumibile da una storia di illeciti, è un elemento sufficiente a dimostrare l’accresciuta pericolosità del soggetto e, di conseguenza, a giustificare la recidiva.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine dal ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte di Appello di Torino per un reato riqualificato come furto in abitazione (art. 624-bis c.p.). La Corte territoriale aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, rideterminando la pena anche in considerazione della sussistenza di una recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale. L’imputato ha deciso di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando un unico vizio: la violazione di legge e l’assenza di motivazione proprio in ordine all’applicazione della recidiva.
Il Ricorso in Cassazione e la Motivazione sulla recidiva specifica
L’unico motivo di ricorso si concentrava sulla presunta inadeguatezza della motivazione con cui i giudici di merito avevano riconosciuto la recidiva specifica. Secondo la difesa, la Corte d’Appello non avrebbe spiegato in modo esauriente le ragioni per cui la precedente condanna dovesse influenzare la pena per il nuovo reato. Il ricorrente, in sostanza, chiedeva alla Cassazione una riconsiderazione degli elementi di fatto che avevano portato i giudici di secondo grado a ritenerlo un soggetto con una spiccata tendenza a delinquere.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. I giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse, in realtà, fornito una motivazione logica e congrua. Nello specifico, la sentenza impugnata aveva evidenziato che il nuovo reato era “dimostrativo dell’accresciuta pericolosità dell’imputato”.
La Corte di merito aveva motivato tale conclusione osservando come la commissione del fatto fosse espressione della “professionalità nel reato” che l’imputato aveva acquisito attraverso la commissione di numerosi illeciti nel corso degli anni. Questo percorso criminale, secondo i giudici, aveva facilitato la commissione del nuovo delitto, rendendo evidente una maggiore pericolosità sociale che giustificava pienamente l’applicazione della recidiva specifica.
La Cassazione ha ribadito il proprio ruolo di giudice di legittimità, che non può sindacare nel merito le valutazioni dei giudici dei gradi inferiori se queste sono sorrette da un’argomentazione coerente e non viziata da errori di diritto. Il ricorso, invece, mirava a una diversa interpretazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. L’evidente inammissibilità dell’impugnazione ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver promosso un ricorso privo di fondamento.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale: la motivazione sulla recidiva specifica è adeguata quando il giudice collega in modo logico i precedenti penali del reo alla commissione del nuovo reato, evidenziando come questi dimostrino una maggiore pericolosità sociale e una sorta di “professionalità” criminale. Non è necessaria una motivazione prolissa, ma è sufficiente che il ragionamento sia chiaro e coerente. Questa decisione serve da monito, ricordando che il ricorso in Cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti, ma uno strumento per correggere errori di diritto, e il suo uso improprio comporta conseguenze economiche significative.
Come può un giudice giustificare l’applicazione della recidiva specifica?
Un giudice può giustificarla dimostrando l’accresciuta pericolosità dell’imputato, ad esempio evidenziando la sua “professionalità nel reato”, desumibile dalla commissione di numerosi illeciti precedenti che hanno facilitato la commissione del nuovo crimine.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione è dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. Se la Corte ravvisa profili di colpa nell’aver presentato un ricorso palesemente infondato, può condannarlo anche al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.
La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti di un caso?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non può riesaminare i fatti del processo. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici di merito. Un ricorso che propone semplicemente una diversa valutazione dei fatti è inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31314 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31314 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/10/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Torino che ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado, riqualificando il fatto contestato nel rea previsto dall’art. 624-bis, cod. pen. e rideterminando conseguentemente la pena;
considerato che l’unico motivo di ricorso – con il quale il ricorrente lamenta la violazi della legge penale e processuale e l’assenza di motivazione in ordine alla sussistenza della recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale – è manifestamente infondato in quanto la Corte di merito ha a chiare lettere ritenuto che il fatto in imputazione sia dimostrativo dell’accresciuta pericol dell’imputato, evidenziando come la commissione di esso sia stata espressione della professionalità nel reato (che ne ha facilitato la commissione) che il ricorrente ha conseguito per il tramite de commissione di numerosi illeciti negli anni, così rendendo un’argomentazione congrua e logica (cfr. Sez. 6, n. 34532 del 22/06/2021, COGNOME, Rv. 281935 – 01; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 260841 – 01), che non può essere in questa sede utilmente sindacata, a fortiori per il tramite della prospettazione del diverso apprezzamento di fatto che pure il ricorso sollecita;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Co cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01) – a versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 10/04/2024.