Recidiva Specifica e Prescrizione: Perché il Tempo Non Sempre Cancella il Reato
Un’ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale nel diritto penale: la recidiva specifica ha un impatto diretto e significativo sul calcolo della prescrizione. Questo caso offre uno spunto per comprendere come il passato criminale di un imputato possa influenzare l’esito di un nuovo procedimento, impedendo l’estinzione del reato per il semplice decorso del tempo. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.
I Fatti del Caso
La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di atti persecutori, previsto dall’articolo 612 bis del codice penale, a una pena di dieci mesi di reclusione. La sentenza, emessa dal Tribunale di Ragusa, era stata confermata dalla Corte d’Appello di Catania.
L’imputato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, basando le sue doglianze principalmente su un punto: a suo dire, il reato, commesso nell’ottobre del 2014, si sarebbe dovuto considerare estinto per intervenuta prescrizione. Il ricorso lamentava quindi una violazione di legge e un vizio di motivazione da parte dei giudici di merito per non aver dichiarato l’estinzione del reato.
La Decisione della Corte sulla Recidiva Specifica
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, rigettando completamente le argomentazioni della difesa. Il cuore della decisione risiede nella constatazione che i motivi del ricorso non tenevano minimamente conto di un elemento cruciale e mai escluso nel corso del processo: la sussistenza della recidiva specifica.
I giudici di legittimità hanno sottolineato come le argomentazioni del ricorrente fossero in palese contrasto non solo con la normativa vigente, ma anche con la consolidata giurisprudenza. La Corte ha quindi proceduto a ricostruire il corretto calcolo del termine di prescrizione, dimostrando perché il reato non fosse affatto estinto.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha spiegato in modo chiaro il meccanismo di calcolo. Sebbene il reato contestato fosse quello di atti persecutori (art. 612 bis c.p.), la Corte ha fatto riferimento, per illustrare il calcolo, alla pena massima prevista per un altro reato (art. 624 bis c.p.), pari a sei anni di detenzione. Questo riferimento serve a esemplificare il metodo di calcolo applicabile.
Il punto centrale è che, per determinare il tempo necessario a prescrivere, questa pena massima deve essere aumentata della metà a causa della contestata recidiva specifica, come previsto dall’articolo 99, secondo comma, del codice penale. Pertanto, il termine di prescrizione di base non era di sei anni, ma di nove anni. Questo considerevole aumento, dovuto al precedente penale specifico dell’imputato, ha spostato in avanti la data di estinzione del reato, rendendo infondata la pretesa del ricorrente. L’ordinanza si interrompe menzionando che tale termine avrebbe dovuto essere ulteriormente aumentato, suggerendo la presenza di altri fattori interruttivi non specificati nel testo pervenuto.
Le Conclusioni
Questa pronuncia della Cassazione è un importante promemoria sulle conseguenze a lungo termine di una condanna penale. La recidiva specifica non è una mera etichetta, ma un istituto giuridico con effetti concreti, tra cui quello di prolungare la perseguibilità di un individuo per nuovi reati della stessa indole. La decisione evidenzia come il sistema legale tenga conto della pericolosità sociale di chi reitera condotte criminali simili, adeguando i tempi della giustizia. Per i cittadini, il messaggio è chiaro: un precedente penale, specialmente se specifico, rende molto più difficile invocare l’estinzione del reato per il decorso del tempo, assicurando che la responsabilità penale venga accertata anche a distanza di anni.
Come incide la recidiva specifica sul calcolo della prescrizione?
La recidiva specifica, ai sensi dell’art. 99, comma 2 cod. pen., comporta un aumento della metà della pena massima prevista per il reato, e tale pena aumentata costituisce la base per il calcolo del termine di prescrizione. Nel caso di specie, ha elevato il termine a 9 anni.
Perché il ricorso è stato dichiarato manifestamente infondato?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché le argomentazioni difensive ignoravano completamente la sussistenza della recidiva specifica, che era un elemento decisivo e mai escluso nel processo. Pertanto, la richiesta di declaratoria di prescrizione si basava su un calcolo errato.
Qual è il principio di diritto riaffermato dalla Corte di Cassazione?
La Corte ha riaffermato che, nel calcolare il tempo necessario per la prescrizione di un reato, è obbligatorio tenere conto degli aumenti di pena previsti per le circostanze aggravanti, inclusa la recidiva specifica. Omettere tale valutazione rende l’argomentazione giuridica in palese contrasto con la normativa e la giurisprudenza consolidata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 17159 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17159 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in MAROCCO il 19/08/1990
avverso la sentenza del 25/09/2024 della CORTE D’APPELLO DI CATANIA
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Catania che ha confermato quella del Tribunale di Ragusa per il reato di cui all’art. 612 bis, commi 1, 2, 3, cod. pen. e condannato il ricorrente alla pena di mesi dieci di reclusione;
Considerato che il primo e il secondo motivo di ricorso – che lamentano violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata declaratoria di intervenuta prescrizione non si confrontano con la sussistenza della recidiva, specifica e mai esclusa: pertanto le doglianze sono manifestamente infondate, poiché prospettano enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità. Il reato, commesso in data 12.10.2014, risulta non prescritto. L’art. 624 bis cod. pen., come vigente al momento del fatto, prevede la pena detentiva nel massimo di 6 anni. Per il calcolo del termine di prescrizione questa pena deve essere aumentata della metà, quindi ad anni 9, stante la recidiva specifica ex 99, comma 2 cod. pen. Tale termine prescrizionale deve essere ulteriormente aumentato in forza
dell’art. 161 cod. pen., che prevede un altro aumento della metà, arrivando così al calcolo di anni 13 e mesi 6. Il termine di prescrizione andrà a scadere il 12 aprile 2028. Vanno, inoltre,
aggiunti 447 giorni di sospensione, con prescrizione finale in data 3 luglio 2029. Alla luce di queste considerazioni la Corte territoriale ha fornito una motivazione congrua ed esente da vizi
logici;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della
Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 9 aprile 2025
Il consigl e estensore
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Il Presidente