Recidiva Reiterata e Attenuanti Generiche: La Cassazione Conferma il Divieto
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: il rapporto tra le circostanze attenuanti generiche e la recidiva reiterata. La decisione ribadisce la solidità della normativa vigente, che impedisce alle attenuanti generiche di prevalere sulla particolare condizione di chi commette reati ripetutamente, e offre importanti spunti sulla corretta formulazione dei ricorsi per evitare declaratorie di inammissibilità. Analizziamo nel dettaglio la pronuncia.
I Fatti del Caso
Un imputato, già condannato in primo e secondo grado, presentava ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello. I motivi del ricorso erano principalmente due.
Con il primo, il ricorrente sollevava una questione di legittimità costituzionale dell’articolo 69, quarto comma, del codice penale. Questa norma vieta al giudice di considerare le circostanze attenuanti generiche come prevalenti sulla circostanza aggravante della recidiva reiterata. Secondo la difesa, tale divieto sarebbe irragionevole e arbitrario.
Con il secondo motivo, si lamentava un vizio di motivazione della sentenza d’appello in relazione alla mancata concessione delle stesse attenuanti generiche.
La Questione Giuridica: Il Bilanciamento tra Attenuanti e Recidiva Reiterata
Il cuore della controversia risiede nel cosiddetto ‘bilanciamento delle circostanze’. Normalmente, il giudice deve soppesare le circostanze a favore dell’imputato (attenuanti) e quelle a suo sfavore (aggravanti) per stabilire la pena concreta. Tuttavia, l’art. 69 c.p. pone un’eccezione rigida: nel caso di recidiva reiterata, le attenuanti generiche non possono mai essere considerate prevalenti, ma al massimo equivalenti. Questa regola mira a sanzionare più duramente chi, nonostante precedenti condanne, dimostra una persistente inclinazione a delinquere.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto il ricorso dichiarandolo inammissibile e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione si fonda su due distinti ragionamenti, uno per ciascun motivo di ricorso.
Le Motivazioni della Suprema Corte
Per quanto riguarda la presunta incostituzionalità del divieto di prevalenza, la Corte ha definito il motivo ‘manifestamente infondato’. Richiamando la propria giurisprudenza consolidata, ha spiegato che la norma non è né irragionevole né arbitraria. Si tratta di una scelta precisa del legislatore che intende dare un peso maggiore alla recidiva reiterata rispetto a un’attenuante ‘comune’ e non specifica come le generiche. Queste ultime non servono a correggere eventuali sproporzioni della pena, ma solo a valorizzare, in modo limitato, l’elemento soggettivo del reato. Di fronte alla plurima ricaduta in condotte criminali, il legislatore ha ritenuto di limitare questa discrezionalità del giudice.
Ancora più netta è stata la decisione sul secondo motivo. La Corte lo ha dichiarato inammissibile per ‘carenza di interesse’. Dagli atti processuali, infatti, emergeva che le circostanze attenuanti generiche erano già state riconosciute e concesse dal giudice di primo grado. Di conseguenza, il ricorrente non aveva alcun interesse giuridicamente apprezzabile a lamentare la loro mancata concessione in appello. Non si può chiedere al giudice qualcosa che si è già ottenuto.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in esame consolida due principi fondamentali. In primo luogo, conferma la piena legittimità del trattamento sanzionatorio più severo riservato a chi incorre nella recidiva reiterata, escludendo che le attenuanti generiche possano neutralizzarne l’effetto aggravante. Questa regola, seppur rigida, è considerata una scelta politica non sindacabile dal giudice se non in casi di manifesta irragionevolezza, qui esclusa. In secondo luogo, la pronuncia funge da monito per la prassi processuale: è inutile e controproducente presentare motivi di ricorso privi di un interesse concreto e attuale. Un’attenta analisi degli atti dei gradi precedenti è essenziale per evitare che l’impugnazione venga dichiarata inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione economica.
La legge che vieta alle attenuanti generiche di prevalere sulla recidiva reiterata è incostituzionale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questa norma rappresenta una scelta del legislatore non manifestamente irragionevole né arbitraria, in linea con la giurisprudenza consolidata.
Perché la Corte ha considerato il divieto di prevalenza ragionevole?
Perché la norma mette a confronto un’attenuante comune (le generiche), non legata a specifiche correzioni della pena, con l’aggravante della recidiva reiterata, che qualifica la particolare pericolosità del reo che ricade ripetutamente nel crimine.
Quando un motivo di ricorso è inammissibile per ‘carenza di interesse’?
Un motivo è inammissibile per carenza di interesse quando il ricorrente lamenta la mancata concessione di un beneficio (in questo caso, le attenuanti generiche) che in realtà gli è già stato riconosciuto in una fase precedente del processo, come nel giudizio di primo grado.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34914 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34914 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
INTELLICATO NOME, nato a Cerignola il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/06/2024 della Corte d’appello di Bari
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si solleva la questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, cod. pen., là dove prevede il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla recidiva reiterata, risulta manifestamente infondato alla luce della giurisprudenza della Corte di cassazione, la quale riconosce alla norma in questione una natura derogatoria rispetto all’ordinaria disciplina del bilanciamento, che non trasmoda nella manifesta irragionevolezza o nell’arbitrio, essendo, detta disposizione, riferita a un’attenuante comune che, come tale, non è funzionale alla correzione della sproporzione del trattamento sanzionatorio ma alla valorizzazione, in misura contenuta, dell’elemento soggettivo del reato qualificato dalla plurima ricaduta del reo in condotte trasgressive di precetti penalmente sanzionati (Sez. 3, n. 29723 del 22/05/2024, Placentino, Rv. 286747);
reputato che il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta il vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti
generiche, è inammissibile per carenza di interesse, in quanto tali circostanze attenuanti sono già state riconosciute dal giudice di primo grado;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2025.