Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2417 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2417 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TARANTO il 27/09/1969
avverso l’ordinanza del 03/07/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di TARANTO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria d inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di sorveglianza di Taranto ha dichiarato inammissibili le istanze di affidamento in prova al servizio sociale e di detenzione domiciliare e respinto la richiesta di semilibertà, avanzate da NOME COGNOME in relazione alla pena espianda di anni 3 e mesi 9 di reclusione (con decorso della pena dal 01/12/2022 e fine pena allo stato fissato al 02/06/2026), in forza di un cumulo riguardante sentenze di condanna per i reati di cui agli artt. 455 e 640 cod. pen. commessi sino al 21/09/2013.
Il Tribunale, dopo avere brevemente percorso la biografia penale del condannato, ha dato atto che la relazione del carcere del 05/06/2024 ha concluso con parere favorevole solo con riferimento a permessi premio, anche tenuto conto dell’assenza di risorse lavorative; che dall’informativa dei Carabinieri era emerso che le ultime denunce a carico del condannato risalivano al 2013 e che non risultavano contatti con la criminalità né organizzata i né comune; che Gianfrate, durante il periodo di permanenza in Ferrandina, aveva lavorato a tempo determinato presso un ristorante del luogo; che la compagna dispone di un appartamento in Ferrandina, idoneo allo svolgimento di misure alternative. I Giudici hanno quindi osservato come COGNOME fosse stato sottoposto alla misura della detenzione domiciliare nel marzo 2021 per condanna relativa a delitto aggravato dalla recidiva ex art. 99 comma 4 cod. pen., e fosse stato ammesso all’affidamento in prova al servizio sociale, nel giugno 2002, per delitto del pari aggravato dalla recidiva ex art. 99 comma 4 cod. pen.; il Tribunale ha pertanto ritenuto operante, quanto alle misure dell’affidamento in prova e della detenzione domiciliare, la preclusione di cui all’art. 58 quater comma 7 bis ord. pen., in quanto le sentenze di condanna in espiazione riguardano delitti commessi successivamente all’espiazione delle condanne sopra citate; ha infine respinto l’istanza di semilibertà, non avendo il condannato prospettato lo svolgimento di attività lavorativa o di volontariato.
NOME COGNOME propone, tramite il proprio difensore avv. NOME COGNOME ricorso per cassazione, deducendo, quale unico, articolato motivo di ricorso, la violazione, ex art. 606 lett. b), e) ed e) cod. proc. pen., dell’art. 606 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 666 cod. proc. pen. e 58 quater comma 7 bis ord. pen., per l’erronea e non costituzionalmente orientata interpretazione di legge nonché per omessa, manifesta illogicità della motivazione e travisamento dei dati processuali.
Si duole la Difesa che il Tribunale abbia omesso ogni valutazione di prognosi favorevole per la corretta esecuzione di una misura alternativa in considerazione della disponibilità da parte del condannato, che ha sempre lavorato prima della carcerazione e che, da oltre 10 anni è privo di pendenze e condanne, di una stabile dimora, di
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relazione famigliari di sostegno e di un avviato processo di revisione critica del passato deviante.
Il Tribunale ha interpretato l’art. 58 quater comma7 bis ord. pen. in modo letterale e non costituzionalmente orientata, avendo fatto dipendere l’esclusione dei benefici penitenziari dalla passata applicazione di una recidiva qualificata, non necessariamente sintomatica di una attuale maggior pericolosità del condannato. Nel caso in esame, COGNOME è stato dichiarato recidivo reiterato prima di avere avuto accesso ad una misura alternativa, essendo egli stato ammesso all’affidamento in prova ai servizi sociale, misura positivamente conclusa nel 2017.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
Il Tribunale ha dichiarato l’inammissibilità delle istanze dell’affidamento in prova ai servizi sociali e della detenzione domiciliare, ai sensi dell’art. 58quater, comma 7-bis, ord. pen., a mente della quale «l’affidamento in prova al servizio sociale nei casi previsti dall’articolo 47, la detenzione domiciliare e la semilibertà non possono essere concessi più di una volta al condannato al quale sia stata applicata la recidiva prevista dall’articolo 99, quarto comma, del codice penale».
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 291 del 2010, ha escluso che l’art. 58quater, comma 7-bis, ord. Pen. violi il principio di eguaglianza e istituisca una irragionevole preclusione, basata su di una presunzione assoluta non sorretta da altrettanto assoluti e generalizzati dati di esperienza, giacché si presta a un’interpretazione restrittiva, nel senso che la preclusione assoluta sussiste «solo quando il reato espressivo della recidiva reiterata sia stato commesso dopo la sperimentazione della misura alternativa, avvenuta in sede di esecuzione di una pena, a sua volta irrogata con applicazione della medesima aggravante». E l’interpretazione del divieto come riferito ad una «seconda sperimentazione del beneficio nella specifica condizione di recidivo reiterato», condizione che già doveva sussistere, perciò, in occasione della prima sperimentazione, non solo è ragionevole in base al dato letterale, alla ratio legis, alla necessità costituzionale della tendenziale esclusione di preclusioni assolute, ma, come ha rimarcato la stessa Corte costituzionale, è altresì conforme
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all’indicazione ermeneutica che proviene dagli stessi lavori parlamentari propedeutici all’approvazione della legge di riforma.
Sez. 1, n. 47324 del 29/11/2011, COGNOME, Rv. 251418, ha a tale proposito affermato che «l’esclusione dal beneficio operi in modo assoluto solo quando il reato espressivo della recidiva reiterata sia stato commesso dopo la sperimentazione della misura alternativa, avvenuta in sede di esecuzione di una pena, a sua volta irrogata in applicazione della medesima aggravante».
Dunque, quanto ai requisiti costitutivi dell’effetto preclusivo, è richiesto, in via cumulativa, che la prima misura alternativa fosse stata concessa con riferimento ad una condanna rispetto alla quale era stata applicata la recidiva reiterata e che dopo la conclusione della prima misura alternativa il soggetto abbia commesso nuovo reato rispetto al quale sia stata, nuovamente, applicata la recidiva reiterata.
Il Tribunale ha, pertanto, correttamente ritenuto operante la preclusione ex art. GLYPH 58quater, comma 7-bis, ord. pen. rispetto alle misure alternative dell’affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare, atteso che tali misure erano state già concesse rispetto alle pregresse condanne aggravate ex art. 99, comma 4, cod. pen.
Quanto al rigetto dell’istanza di semilibertà, il Tribunale ha congruamente motivato osservando come il condannato non avesse prospettato lo svolgimento di attività lavorativa di volontariato; sul punto nulla deduce il ricorso, incorrendo nel vizio di aspecificità.
Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, e il ricorrente deve essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso (Corte Cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 30/10/2024