Recidiva Reiterata: Limiti e Inammissibilità del Ricorso in Cassazione
L’applicazione della recidiva reiterata e il suo rapporto con le circostanze attenuanti rappresentano un punto nevralgico del diritto penale, spesso al centro di complessi ricorsi in Cassazione. Una recente ordinanza della Suprema Corte fornisce chiarimenti cruciali sui limiti entro cui è possibile contestare tali valutazioni, ribadendo la natura del giudizio di legittimità. Analizziamo come la Corte ha affrontato un caso di ricorso avverso una condanna per false dichiarazioni, evidenziando principi fondamentali per la difesa.
Il Caso in Esame: Dalla Condanna al Ricorso per Cassazione
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di cui all’art. 495 del codice penale (false attestazioni a un pubblico ufficiale), confermata in appello. L’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandolo a due principali motivi di doglianza:
1. Errata motivazione sull’applicazione della recidiva: si contestava la correttezza delle argomentazioni con cui i giudici di merito avevano applicato l’aggravante della recidiva reiterata e infraquinquennale.
2. Errata motivazione sul bilanciamento delle circostanze: si criticava il giudizio con cui la Corte d’Appello aveva bilanciato le circostanze aggravanti e quelle attenuanti, ritenuto illogico.
Il Primo Motivo di Ricorso e la Recidiva Reiterata
La Corte di Cassazione ha dichiarato il primo motivo inammissibile, qualificandolo come meramente reiterativo. I giudici hanno sottolineato un principio cardine del processo di legittimità: non è possibile presentare in Cassazione le stesse censure già adeguatamente esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio.
La Suprema Corte non è un ‘terzo grado’ di merito dove si possono rivalutare le prove. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Pertanto, sono inammissibili le critiche che non denunciano una vera e propria mancanza, manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione, ma che si limitano a contestarne la ‘persuasività’ o a proporre una diversa interpretazione delle prove.
Il Secondo Motivo: Il Bilanciamento delle Circostanze e la Giurisprudenza
Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile e manifestamente infondato. La Corte ha ricordato che il bilanciamento tra circostanze attenuanti e aggravanti è una valutazione tipicamente discrezionale del giudice di merito. Tale valutazione sfugge al controllo della Cassazione, a meno che non sia frutto di un palese arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.
Inoltre, e questo è il punto decisivo, la Corte ha evidenziato come il ricorso si ponesse in netto contrasto con una norma specifica: l’art. 69, quarto comma, del codice penale. Questa disposizione vieta espressamente che le circostanze attenuanti generiche possano essere considerate prevalenti rispetto all’aggravante della recidiva reiterata, come definita dall’art. 99, quarto comma, c.p. La richiesta del ricorrente era, quindi, contra legem.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
Sulla base di queste considerazioni, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Le motivazioni si fondano su due pilastri. In primo luogo, la natura del ricorso per Cassazione, che non consente di riesaminare il merito della decisione ma solo di controllarne la legittimità e la coerenza logica della motivazione. Proporre argomenti già disattesi equivale a chiedere una nuova valutazione dei fatti, preclusa in questa sede. In secondo luogo, l’esistenza di un divieto normativo esplicito che impediva l’accoglimento della richiesta sul bilanciamento delle circostanze. Il giudice di merito si era correttamente attenuto alla legge nel non far prevalere le attenuanti generiche sulla grave forma di recidiva contestata.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in esame conferma la rigidità con cui la giurisprudenza tratta i ricorsi in materia di recidiva reiterata e bilanciamento delle circostanze. Per gli operatori del diritto, emerge la chiara indicazione che un ricorso per Cassazione deve essere fondato su vizi specifici e non su una generica contestazione dell’operato del giudice di merito. In particolare, è fondamentale verificare la compatibilità delle proprie richieste con le norme procedurali e sostanziali, come il divieto imposto dall’art. 69 c.p. La decisione sancisce, infine, la conseguenza economica dell’inammissibilità: il ricorrente viene condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma alla Cassa delle ammende, a sanzione di un’impugnazione ritenuta priva di fondamento.
È possibile contestare in Cassazione la motivazione sull’applicazione della recidiva reiterata?
Sì, ma solo se si denunciano vizi specifici come la mancanza totale di motivazione, la sua manifesta illogicità o la sua contraddittorietà. Non è ammissibile riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dal giudice di merito o contestare semplicemente la ‘persuasività’ della decisione.
Le circostanze attenuanti generiche possono essere considerate prevalenti sulla recidiva reiterata?
No. Secondo l’ordinanza, che richiama l’art. 69, quarto comma, del codice penale, esiste un divieto normativo esplicito che impedisce al giudice di ritenere prevalenti le circostanze attenuanti generiche rispetto all’aggravante della recidiva reiterata prevista dall’art. 99, quarto comma, c.p.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un’impugnazione priva dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25026 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25026 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 04/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CESENA il 07/10/1982
avverso la sentenza del 24/09/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona che ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Fermo ha affermato la penale responsabilità dell’imputato in ordine al delitto cui all’art. 495 cod. pen.;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione, relativamente alle argomentazioni poste alla base dell’applicazione della recidiva reiterata e infraquinquennale, è inammissibile, in quanto reiterativo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità afferma che non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà, su aspetti idonei a imporre una diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che attaccano la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spesso della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747);
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione in relazione al giudizio di bilanciamento delle circostanze attenuanti e aggravanti, è inammissibile e manifestamento infondato, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931). A ciò si aggiunga che il motivo prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la giurisprudenza di legittimità, atteso che l’art. 69, comma quarto, cod. pen. prevede il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto alla recidiva reiterata ex art. 99, comma quarto, cod. pen.;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 04/06/2025.