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Recidiva reiterata: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per ricettazione, a cui era stata applicata la recidiva reiterata. Il motivo dell’inammissibilità risiede nel fatto che l’appellante ha contestato il numero dei suoi precedenti penali per la prima volta in Cassazione, senza sollevare la questione nei gradi di merito e senza allegare la documentazione necessaria, come il certificato penale. La Corte ha ribadito che il ricorso deve essere specifico e autosufficiente, non potendo introdurre questioni di fatto nuove in sede di legittimità.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Reiterata: La Cassazione e il Principio di Autosufficienza del Ricorso

La corretta applicazione della recidiva reiterata è una questione centrale nel diritto penale, capace di incidere significativamente sull’entità della pena. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento non tanto sulla sostanza dell’istituto, quanto sui requisiti procedurali per contestarlo. Con la sentenza in esame, i giudici hanno dichiarato inammissibile un ricorso che sollevava per la prima volta questioni di fatto, ribadendo i ferrei principi di specificità e autosufficienza che governano il giudizio di legittimità.

Il Contesto del Caso: Dalla Condanna alla Cassazione

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di ricettazione. Sia in primo grado che in appello, i giudici di merito avevano riconosciuto l’aggravante della recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale. La decisione si fondava sull’esistenza, al momento della commissione del nuovo reato, di tre condanne irrevocabili per furto e ricettazione, tutte intervenute nel quinquennio precedente. Secondo i giudici, tali precedenti erano sintomo di una maggiore pericolosità sociale e di una più intensa colpevolezza.

La Questione della Recidiva Reiterata e il Cambio di Strategia Difensiva

Inizialmente, la difesa aveva impugnato la sentenza d’appello sostenendo un’errata interpretazione giuridica: a suo dire, per applicare la recidiva reiterata sarebbe stato necessario un precedente e formale riconoscimento della recidiva semplice. Questa tesi, tuttavia, era stata superata da un intervento delle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 32318/2023), che aveva stabilito la sufficienza della presenza di più condanne definitive al momento del nuovo reato.

Di fronte a questo orientamento consolidato, la difesa ha cambiato strategia nel ricorso per Cassazione. Ha abbandonato la questione di diritto per sollevare, per la prima volta, una questione di fatto: l’insussistenza dei presupposti per la recidiva, affermando che vi fosse una sola condanna irrevocabile, e non tre come indicato dai giudici di merito.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità per Difetto di Specificità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza e, soprattutto, per difetto di specificità e autosufficienza. I giudici hanno sottolineato come la contestazione sul numero effettivo dei precedenti penali costituisse un “motivo nuovo”, ovvero una questione di fatto mai sollevata nei precedenti gradi di giudizio, dove la discussione si era limitata all’interpretazione della norma.

Inoltre, il ricorso mancava del requisito di autosufficienza. Secondo tale principio, chi impugna un provvedimento deve fornire alla Corte tutti gli elementi necessari per valutare la fondatezza della censura, senza costringere i giudici a ricercare atti nel fascicolo. Nel caso specifico, la difesa non aveva allegato al ricorso il certificato del casellario giudiziale che avrebbe potuto smentire quanto affermato nella sentenza di primo grado circa l’esistenza di tre condanne irrevocabili.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che il ricorso per Cassazione non può trasformarsi in una terza istanza di merito. Introdurre per la prima volta in sede di legittimità una contestazione fattuale, che peraltro non era stata provata documentalmente, viola le regole procedurali che impongono una critica mirata e autosufficiente alle decisioni impugnate. La difesa, non avendo contestato il dato numerico dei precedenti in appello, ne aveva implicitamente ammesso la correttezza, concentrandosi solo sulle conseguenze giuridiche. Il tentativo di riaprire la questione di fatto in Cassazione è stato quindi giudicato un espediente processualmente inammissibile.

Le conclusioni

Questa sentenza rappresenta un monito fondamentale sull’importanza del rigore formale e della strategia processuale. Le questioni di fatto, come l’esistenza e il numero dei precedenti penali, devono essere affrontate e risolte nei giudizi di merito (primo grado e appello). Il ricorso per Cassazione è la sede per contestare la violazione di legge o i vizi di motivazione, non per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti. La decisione riafferma con forza il principio di autosufficienza: chi ricorre ha l’onere non solo di affermare, ma anche di provare le proprie censure allegando gli atti pertinenti, pena l’inammissibilità del gravame.

È possibile contestare per la prima volta in Cassazione il numero di precedenti penali usati per applicare la recidiva reiterata?
No. La sentenza stabilisce che introdurre una contestazione sui fatti (come il numero di condanne precedenti) per la prima volta in Cassazione costituisce un motivo “nuovo” e, in quanto tale, inammissibile. Tali questioni devono essere sollevate nei gradi di merito.

Cosa significa che un ricorso deve essere “autosufficiente”?
Significa che l’atto di ricorso deve contenere tutti gli elementi e i documenti necessari per permettere alla Corte di decidere senza dover cercare informazioni altrove. In questo caso, l’appellante avrebbe dovuto allegare il certificato penale per provare la sua affermazione sul numero di condanne.

È necessario che un giudice abbia già dichiarato la “recidiva semplice” per poter applicare la “recidiva reiterata”?
No. La sentenza richiama una decisione delle Sezioni Unite (n. 32318/2023) che ha chiarito che per l’applicazione della recidiva reiterata è sufficiente che l’imputato abbia già riportato più sentenze definitive al momento della commissione del nuovo reato, senza la necessità di una previa e formale dichiarazione di recidiva semplice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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