Recidiva Reiterata: la Cassazione conferma la condanna basata sulla pericolosità sociale
Con l’ordinanza n. 36696/2024, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso significativo in materia di recidiva reiterata, chiarendo i presupposti per la sua applicazione e i limiti del sindacato di legittimità. La pronuncia sottolinea come una motivazione adeguata sulla pericolosità sociale dell’imputato renda inattaccabile la decisione dei giudici di merito. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere come i precedenti penali influenzino la determinazione della pena.
I fatti del processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro la sentenza della Corte d’Appello di Torino. La difesa contestava la decisione dei giudici di secondo grado, lamentando una violazione dell’art. 99 del codice penale e un vizio di motivazione. In particolare, il ricorrente sosteneva che la Corte avrebbe dovuto escludere gli effetti sanzionatori più gravi derivanti dalla contestazione della recidiva reiterata.
La recidiva reiterata e la decisione della Corte
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici supremi hanno stabilito che la sentenza impugnata era supportata da un apparato argomentativo solido e coerente. La Corte d’Appello, infatti, aveva adeguatamente giustificato la propria decisione evidenziando la spiccata pericolosità sociale dell’imputato.
Questa valutazione non era astratta, ma fondata su elementi concreti:
1. I molteplici precedenti penali: l’imputato annoverava già diverse condanne passate.
2. La gravità del reato: il reato per cui si procedeva era stato ritenuto di particolare gravità.
La combinazione di questi due fattori ha portato i giudici di merito a concludere che l’imputato manifestasse una persistente tendenza a commettere reati, giustificando così il mantenimento dell’aggravante e l’aumento di pena connesso.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione, nel motivare la propria decisione, ha ribadito un principio fondamentale: il giudice di merito dispone di un potere discrezionale nella valutazione della personalità e della pericolosità sociale dell’imputato ai fini dell’applicazione della recidiva. Quando tale valutazione è supportata da una motivazione logica, coerente e non manifestamente illogica, essa non può essere messa in discussione in sede di legittimità.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fatto buon governo di tale principio, collegando la storia criminale del soggetto alla gravità del nuovo reato. La motivazione, secondo la Cassazione, soddisfaceva pienamente i criteri enunciati da precedenti e consolidate pronunce giurisprudenziali (tra cui Cass. Sez. U, n. 5859/2012 e Cass. Sez. 6, n. 14550/2011). Pertanto, il ricorso, basato su una generica contestazione della motivazione, è stato ritenuto privo di fondamento.
Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma che la recidiva reiterata non è un automatismo, ma il risultato di una valutazione ponderata del giudice. Se la pericolosità sociale dell’imputato è chiaramente argomentata sulla base di elementi concreti come i precedenti penali, il ricorso in Cassazione che si limita a contestare tale valutazione senza evidenziare vizi logici evidenti è destinato all’inammissibilità. La conseguenza diretta per il ricorrente è stata la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende, a conferma della definitività della sentenza di condanna.
Quando può essere confermata l’aggravante della recidiva reiterata?
L’aggravante della recidiva reiterata può essere confermata quando la corte di merito motiva adeguatamente la sua decisione, evidenziando l’accresciuta pericolosità sociale dell’imputato sulla base dei suoi molteplici precedenti penali e della gravità del reato per cui è stato ritenuto responsabile.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che la sentenza impugnata fosse sorretta da un apparato argomentativo coerente e che la motivazione fornita dalla Corte d’Appello soddisfacesse i principi giuridici consolidati in materia di valutazione della pericolosità sociale.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
In questo caso, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36696 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36696 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME (CUI 057YOW8) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/12/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto da NOME.
Rilevato che la difesa lamenta violazione dell’art. 99 cod. pen. e vizio di motivazione con riferimento alla mancata esclusione degli effetti sanzionatori della recidiva reiterata.
Ritenuto che la sentenza impugnata è sorretta da conferente apparato argomentativo, avendo la Corte di merito evidenziato l’accresciuta pericolosità sociale dell’imputato, in ragione dei molteplici precedenti penali dallo stesso annoverati, unitamente alla considerazione della gravità del reato per cui è stato ritenuto responsabile.
Considerato che la motivazione soddisfa i principi enunciati in questa sede (Sez. U, n. 5859 del 27/10/2011 – dep. 2012, Marciano’, Rv. 251690; Sez. 6, n. 14550 del 15/03/2011, COGNOME, Rv. 250039 – 01).
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 settembre 2024