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Recidiva reiterata: quando il ricorso è generico?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 453/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la mancata esclusione della recidiva reiterata. Il ricorso è stato giudicato generico perché non contestava specificamente le motivazioni delle sentenze di merito sulla gravità del reato e sulla pericolosità sociale del soggetto, limitandosi a una valutazione alternativa dei fatti. La Corte ha ribadito che per la recidiva reiterata è sufficiente la presenza di precedenti condanne definitive che esprimano una maggiore pericolosità, adeguatamente motivata dal giudice.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Reiterata: La Cassazione Conferma la Linea Dura sui Ricorsi Generici

In un recente provvedimento, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della recidiva reiterata, chiarendo ancora una volta i requisiti per la sua applicazione e le conseguenze di un ricorso presentato in modo generico. L’ordinanza offre spunti fondamentali per comprendere come i giudici valutano la pericolosità sociale di un imputato e quali sono gli oneri di chi intende contestare tale valutazione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna. La difesa contestava la decisione dei giudici di merito di non escludere l’aggravante della recidiva reiterata, pur avendola considerata equivalente alle attenuanti generiche. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale non aveva adeguatamente motivato la gravità dei fatti e il disvalore della condotta, limitandosi a una valutazione apodittica che non teneva conto delle argomentazioni difensive.

Il ricorso si concentrava sull’idea che la valutazione della Corte d’Appello fosse errata e presupponeva una diversa interpretazione della gravità del reato, senza però confrontarsi criticamente e in modo specifico con le motivazioni esposte nelle sentenze di primo e secondo grado.

La Decisione della Corte sulla Recidiva Reiterata

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: la genericità dei motivi di ricorso. I giudici hanno ritenuto che l’impugnazione non superasse il vaglio di ammissibilità perché non conteneva una critica puntuale e specifica delle ragioni che avevano portato i giudici di merito a confermare l’aggravante.

Di conseguenza, in applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3000 euro in favore della cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha spiegato che un ricorso per cassazione non può limitarsi a proporre una diversa lettura dei fatti o a lamentare genericamente l’ingiustizia della decisione. È necessario, invece, che il ricorrente si confronti direttamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, evidenziandone le specifiche criticità giuridiche o i vizi logici.

Nel caso specifico, la Corte ha sottolineato i seguenti punti chiave:

1. Genericità dei Motivi: Il ricorso è stato considerato generico perché non ha attaccato in modo specifico le valutazioni dei giudici di merito sulla gravità della condotta e sulla pericolosità dell’imputato. Mancava un confronto critico con le sentenze precedenti.
2. Principio Consolidato sulla Recidiva: La Cassazione ha richiamato un principio ormai consolidato, espresso anche dalle Sezioni Unite (sent. n. 32318/2023), secondo cui per il riconoscimento della recidiva reiterata è sufficiente che l’imputato, al momento della commissione del nuovo reato, risulti già gravato da più sentenze definitive per crimini precedenti. Tali precedenti devono essere espressivi di una maggiore pericolosità sociale, e il giudice è tenuto a fornire una motivazione specifica e adeguata su questo punto.
3. Irrilevanza della Mancata Dichiarazione di Recidiva Semplice: Non è necessario che vi sia stata una precedente e formale dichiarazione di recidiva semplice. Ciò che conta è la storia criminale complessiva del soggetto, come emerge dalle condanne passate in giudicato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale per la pratica legale: l’importanza della specificità e della precisione nella redazione degli atti di impugnazione. Un ricorso in Cassazione non è una terza istanza di merito dove ridiscutere i fatti, ma una sede in cui si controlla la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Qualsiasi ricorso che si limiti a riproporre le stesse argomentazioni già respinte, senza individuare vizi specifici nella sentenza impugnata, è destinato all’inammissibilità.

Inoltre, la decisione conferma la severità con cui l’ordinamento guarda alla recidiva reiterata, considerandola un indicatore qualificato di pericolosità sociale che giustifica un trattamento sanzionatorio più aspro. Per contestarla efficacemente, è indispensabile smontare, punto per punto, la valutazione del giudice sulla pericolosità del reo, dimostrando l’illogicità o l’insufficienza della motivazione fornita.

Perché il ricorso sulla recidiva reiterata è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile a causa della genericità dei motivi, in quanto non conteneva una critica specifica alle argomentazioni delle sentenze di primo e secondo grado sulla gravità della condotta e sulla pericolosità dell’imputato.

Cosa è sufficiente per il riconoscimento della recidiva reiterata secondo la Cassazione?
Secondo la Corte, è sufficiente che l’imputato, al momento del nuovo reato, sia già stato condannato con più sentenze definitive per reati precedenti che indichino una maggiore pericolosità sociale. Tale pericolosità deve essere oggetto di una specifica e adeguata motivazione da parte del giudice.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata determinata in 3000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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