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Recidiva reiterata: quando è sintomo di pericolosità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro il riconoscimento della recidiva reiterata. La Corte ha stabilito che la valutazione della pericolosità sociale non può basarsi solo sulla gravità dei fatti, ma deve considerare concretamente come la condotta passata indichi una persistente inclinazione al delitto, confermando la decisione dei giudici di merito.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Reiterata: La Cassazione Chiarisce i Criteri di Valutazione

La recidiva reiterata è una delle circostanze aggravanti più significative nel diritto penale, capace di influenzare notevolmente la determinazione della pena. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione, la n. 30754 del 2024, offre importanti chiarimenti su come i giudici debbano valutare questa condizione, non come un mero automatismo, ma come un indicatore concreto di una persistente pericolosità sociale. Analizziamo insieme questa decisione.

I Fatti del Caso: Un Ricorso contro la Pericolosità Sociale

Il caso ha origine dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Roma. L’unico motivo di doglianza riguardava la mancata esclusione della circostanza aggravante della recidiva reiterata, prevista dall’articolo 99, quarto comma, del codice penale. Il ricorrente sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel considerarla, ma la sua argomentazione è stata ritenuta dalla Suprema Corte priva di specificità e manifestamente infondata.

La Valutazione della Recidiva Reiterata secondo i Giudici

La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale: il riconoscimento della recidiva reiterata come elemento sintomatico di un’accentuata pericolosità sociale non può essere un atto meccanico. La valutazione del giudice non deve limitarsi a considerare la gravità dei reati commessi in passato o l’arco temporale in cui si sono verificati.

Il cuore della questione, come sottolineato dai giudici, risiede nell’analisi concreta della condotta pregressa dell’imputato. Il giudice è tenuto a esaminare, sulla base dei criteri stabiliti dall’articolo 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere), se e in quale misura il passato criminale dell’individuo sia effettivamente indicativo di una ‘perdurante inclinazione al delitto’. In altre parole, si deve accertare che questa inclinazione abbia agito come fattore criminogeno, influenzando la commissione del nuovo reato per cui si procede.

Le Motivazioni della Decisione

Nel caso specifico, la Suprema Corte ha evidenziato che i giudici di merito (la Corte d’Appello) avevano svolto correttamente questa valutazione. La loro decisione di confermare l’aggravante era supportata da argomentazioni ampie, esplicite e prive di vizi logici o criticità. Essi avevano spiegato in modo convincente le ragioni per cui ritenevano che la storia criminale del ricorrente dimostrasse una concreta e attuale pericolosità sociale, giustificando così l’applicazione della recidiva. Di fronte a una motivazione così solida, il ricorso è stato giudicato inammissibile.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione rafforza l’orientamento secondo cui la valutazione della recidiva deve essere sempre personalizzata e ancorata a elementi concreti che dimostrino una reale pericolosità sociale. Non basta avere precedenti penali per subire un automatico aumento di pena; è necessario che il giudice motivi in modo approfondito perché quei precedenti rendono l’imputato più pericoloso oggi e hanno influenzato la commissione del nuovo crimine.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato e privo di concreta specificità. La Corte di Cassazione ha valutato che le motivazioni dei giudici di merito, nel riconoscere l’aggravante, erano ampiamente esplicitate e prive di vizi logici.

Su quali basi un giudice deve valutare la recidiva reiterata?
Un giudice non può basarsi esclusivamente sulla gravità dei reati precedenti o sull’arco temporale in cui sono stati commessi. Deve esaminare in concreto, secondo i criteri dell’art. 133 cod. pen., se la condotta criminale passata dimostri una perdurante inclinazione al delitto che ha influito sulla commissione del nuovo reato.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
Oltre al rigetto del suo ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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