Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 10942 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 10942 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Napoli il 02/09/1991
avverso la sentenza emessa in data 15/02/2024 dalla Corte di appello di Napoli;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; udite le conclusioni dell’avvocato NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la pronuncia impugnata, la Corte di appello di Napoli, decidendo quale giudice di rinvio, disposto dalla sentenza n. 11640 del 2023 della Seconda sezione penale della Corte di cassazione, ha rideterminato la pena inflitta a NOME COGNOME in tre anni e quattro mesi di reclusione ed euro 2.600,00 di multa per il delitto di tentata estorsione, commesso a Napoli dal 12 giugno al 1 settembre
2020, aggravato ai sensi degli artt. 628, terzo comma n. 1, e 416-bis.1 cod. pen. e dalla recidiva reiterata e specifica.
L’avvocato NOME COGNOME, difensore di Laezza, ha impugnato questa sentenza e ne ha chiesto l’annullamento.
Con unico motivo di ricorso il difensore deduce la violazione dell’art. 99 cod. pen. e la manifesta illogicità della motivazione sul punto.
Il difensore premette che la sentenza rescindente ha rilevato che «la motivazione spesa per il riconoscimento della recidiva è quanto mai generica, non indicando le ragioni della ritenuta maggiore colpevolezza e pericolosità desunta dal rapporto tra fatti pregiudicanti e fatto oggetto di accertamento».
La Corte di appello ha riconosciuto la recidiva in ragione dei plurimi precedenti specifici riportati dall’imputato e, segnatamente, due contravvenzioni, una per guida in stato di ebbrezza e una per violazione della disciplina sulle armi, una condanna per rapina e lesioni personali, una condanna per il delitto di riciclaggio e due ulteriori condanne, rispettivamente per il delitto di evasione e per violazione del testo unico delle leggi doganali.
Il difensore eccepisce che, tuttavia, il sindacato sulla recidiva deve fondarsi sulle condanne riportate dall’imputato al momento della commissione del fatto e non su quelle eventualmente intervenute successivamente. La condanna per il reato di evasione e quella per il delitto di riciclaggio richiamate dalla Corte di appello sarebbero, tuttavia, successive alle condotte di tentata estorsione per cui si procede.
L’unica condanna riportata dal ricorrente per un delitto contro il patrimonio, inoltre, risalirebbe al 2014 e, dunque, a sei anni prima delle condotte giudicate nel presente processo; la Corte di appello, tuttavia, non avrebbe motivato sulle ragioni che hanno indotto a ritenere Laezza recidivo, pur a fronte della distanza nel tempo tra i due reati.
In data 9 gennaio 2024 l’avvocato NOME COGNOME ha chiesto la trattazione orale del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, in quanto il motivo proposto è infondato.
Il difensore deduce la violazione dell’art. 99 cod. pen. e la contraddittorietà della motivazione sulla recidiva reiterata.
Il motivo è, tuttavia, infondato, in quanto la motivazione della sentenza impugnata deve essere corretta, ai sensi dell’art. 619 cod. proc. pen., ma non già annullata.
3.1. Le Sezioni unite di questa Corte, infatti, richiamandosi alla giurisprudenza della Corte costituzionale (ex plurimis: C. cost. sent., n. 192 del 2007 n. 192; sent. n. 198 del 2007 n. 198), hanno statuito che, in presenza di contestazione della recidiva a norma di uno dei primi quattro commi dell’art. 99 cod. pen., è compito del giudice quello di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali (Sez. U, n. 35378 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247838-01).
Le Sezioni unite di questa Corte hanno, inoltre, precisato che, in tema di recidiva reiterata contestata nel giudizio di cognizione, ai fini della relativa applicazione è sufficiente che, al momento della consumazione del reato, l’imputato risulti gravato da più sentenze definitive per reati precedentemente commessi ed espressivi di una maggiore pericolosità sociale, oggetto di specifica ed adeguata motivazione, senza la necessità di una previa dichiarazione di recidiva semplice (Sez. U, n. 32318 del 30/03/2023, COGNOME Rv. 284878 – 01).
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurabilità della recidiva reiterata, è, dunque, necessario che il nuovo reato sia commesso dopo che le precedenti condanne siano divenute irrevocabili, in quanto l’autore del nuovo crimine deve essere in condizione di conoscere tutte le conseguenze derivanti dal proprio “status” di recidivo reiterato (Sez. 3, n. 10219, del 15/01/2021, COGNOME, Rv. 281381-01; Sez. 2, n. 994 del 25/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282515 – 03; Sez. 3, n. 57983 del 25/09/2018, C., Rv. 274692 – 01).
3.2. La Corte di appello di Napoli, nella sentenza impugnata, ha posto a fondamento dell’applicazione della recidiva reiterata e specifica i plurimi e specifici precedenti penali dell’imputato («che annovera oltre a due contravvenzioni, in materia di guida in stato di ebbrezza e di armi, una condanna per rapina e lesioni personali, una condanna per il delitto di cui all’art. 648-bis cod. pen. e ulteriori due condanne rispettivamente per evasione e per violazione del testo unico delle leggi doganali»); nella valutazione dei giudici di appello tali condanne dimostrano
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come la ricaduta nell’illecito volto a ledere il patrimonio altrui non fosse stata occasionale per il ricorrente, ma espressione di un più elevato grado di colpevolezza.
La Corte di appello ha, tuttavia, erroneamente citato anche la condanna del ricorrente per il delitto di evasione, che è indiscutibilmente successiva rispetto alla commissione della tentata estorsione giudicata nel presente procedimento.
3.3. Dal certificato aggiornato del casellario giudiziale acquisito in udienza, nel contraddittorio delle parti, risulta che anteriormente alle condotte giudicate nel presente procedimento (commesse dal 12 giugno al 1 settembre 2020), COGNOME è stato condannato:
per violazione del testo unico delle legge doganali (commesso in data 3 agosto 2013 e giudicato con sentenza divenuta irrevocabile in data 13 aprile 2015);
per il delitto di rapina aggravata (commesso in data 16 novembre 2009 e giudicato con sentenza divenuto irrevocabile in data 17 luglio 2017);
per il delitto di riciclaggio (commesso in data 24 ottobre 2016 e giudicato con sentenza divenuta irrevocabile in data 6 febbraio 2019).
La Corte di appello, dunque, una volta emendato l’errore di diritto relativo alla menzione della condanna per evasione, ha congruamente motivato le ragioni per le quali la reiterazione dell’illecito per il ricorrente costituisce dimostrazion della maggiore pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura omologa dei reati contro il patrimonio commessi, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale non elevati tra i fatti accertati dalle sentenze passate in giudicato.
3.4. La recidiva reiterata e specifica è, dunque, stata legittimamente applicata e congruamente motivata nel caso di specie.
Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere rigettato.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
· Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese · processuali.
Così deciso il 17/02/2025.