Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 47564 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 47564 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Vibo Valentia 1’11/08/1979
avverso la sentenza del 31/01/2024 della Corte di appello di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Catanzaro con la sentenza impugnata ha confermato quella del Tribunale di Vibo Valentia del 22 gennaio 2020 che aveva condannato l’imputato NOME COGNOME alla pena di un anno di reclusione per il reato di cui all’art. 385 cod. pen., perché sottoposto alla misura degli arresti domiciliari con ordinanza del Tribunale di Vibo Valentia del 14 agosto 2014 si allontanava dal luogo di esecuzione della misura senza autorizzazione, con la riconosciuta recidiva reiterata.
Ricorre in cassazione avverso l’indicata sentenza il difensore di fiducia dell’imputato con due motivi di annullamento con cui deduce: a) violazione di legge in riferimento alla mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art.131-bis cod. pen., per essere stati valorizzati dei precedenti
remoti, risalenti agli anni 2003 per violazione delle disposizioni in materia di misure di prevenzione, quali indici di abitualità delle condotte ; l’erronea applicazione della recidiva non avendo la Corte territoriale motivato in ordine alla sua applicazione apprezzandone i presupposti di più accentuata colpevolezza e di accresciuta pericolosità del reo in relazione a precedenti datati 2003 e valorizzando anche il riferimento ad una condanna per il reato contravvenzionale del 2008 di cui all’art. 650 cod. pen., non più rilevante ai fini della recidiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il secondo motivo di ricorso sulla recidiva è fondato e giustifica l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Il ricorso deve essere, invece, rigettato nel resto per infondatezza del primo motivo relativo alla esclusione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen.
Con riferimento alla questione dedotta con il primo motivo si osserva che la Corte di merito con adeguata motivazione ha escluso il necessario presupposto del carattere non abituale del reato, valorizzando due precedenti per violazione delle misure di prevenzione, e quindi reati indubbiamente della stessa indole del reato di evasione per il quale si procede.
A tale riguardo occorre osservare che in tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto, il presupposto ostativo del comportamento abituale ricorre quando l’autore del reato per cui si procede abbia commesso almeno altri due reati della stessa indole, senza che rilevi l’epoca di consumazione, salvo che non ricorrano cause di estinzione del reato che comportando l’eliminazione di ogni effetto penale della condanna rendano detti precedenti privi di ogni effetto penale (cfr., con riferimento al tema dell’estinzione del reato, Sez. 2, n. 46064 del 30111/2021, NOME COGNOME Rv. 282270).
L’epoca dei precedenti della stessa specie è perciò irrilevante ai fini della verifica della sussistenza di tale presupposto negativo, atteso che la verifica richiesta per l’applicazione della causa di non punibilità della tenuità del fatto non investe il giudizio sulla attualità della pericolosità, ma solo quello sull’offensività oggettiva del reato in base all’espresso richiamo ai criteri di valutazione di cui all’art.133, primo comma, cod. pen. (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590), con la preclusione per gli autori di condotte di reato che sebbene oggettivamente non particolarmente offensive
siano espressione di abitualità o ripetitività, desunta dalla commissione di almeno due reati della stessa indole, indifferentemente commessi prima o dopo il reato per cui si procede, o dalla intervenuta dichiarazione di delinquente abituale, professionale o per tendenza, senza che rilevi il tempo di commissione dei reati o quello della pronuncia della dichiarazione di delinquente abituale.
2. Il secondo motivo sulla recidiva è invece fondato.
È principio consolidato che in caso di contestazione della recidiva nelle ipotesi previste dall’art. 99 cod. pen., il giudice è tenuto a verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e ad ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali.
Nel caso di specie la Corte di Appello, pur essendo stata investita della questione con i motivi di gravame, ha confermato il giudizio di primo grado che ha applicato l’aumento di pena per la recidiva reiterata contestata, senza verificare se la ricaduta nel reato fosse effettivamente sintomatica di una più accentuata colpevolezza e di una maggiore pericolosità del prevenuto.
A tale riguardo il mero richiamo alla “ricca biografia penale” è chiaramente insufficiente a dare ragione del necessario giudizio di maggiore riprovevolezza o pericolosità dell’imputato per effetto della ricaduta nel reato, anche per l’erroneo riferimento in motivazione alla condanna per il reato di cui all’art. 650 cod. pen. che in quanto reato contravvenzionale non può certamente essere considerato quale presupposto della recidiva.
Ciò a prescindere dalla considerazione che ai fini della recidiva reiterata non è affatto necessario che sia stata giudizialmente dichiarata la recidiva semplice (Sez. U, n. 32318 del 30/03/2023, COGNOME, Rv. 284878).
Di conseguenza, s’impone l’annullamento sul punto della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Catanzaro, la quale, alla stregua dei principi innanzi indicati, dovrà valutare se la recidiva contestata rappresenti o meno, nella fattispecie concreta, una circostanza rilevante ai fini dell’aggravamento della pena.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla recidiva con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso il 20 novembre 2024 Il Consigliere estensore COGNOME
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