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Recidiva reiterata: non serve la previa dichiarazione

Un uomo sotto sorveglianza speciale viola il coprifuoco. La Cassazione conferma la condanna e chiarisce i presupposti della recidiva reiterata: non è necessaria una precedente dichiarazione formale, ma il giudice deve sempre motivare la maggiore pericolosità sociale del reo, evitando qualsiasi automatismo.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Reiterata: la Cassazione Conferma che non Serve una Previa Dichiarazione

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 38176 del 2024, offre importanti chiarimenti sulla recidiva reiterata, un istituto centrale nel diritto penale che incide sull’entità della pena. La pronuncia stabilisce un principio fondamentale: per contestare la recidiva reiterata, non è necessario che la recidiva semplice sia stata formalmente dichiarata in una precedente condanna. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata e le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, con l’obbligo di non uscire dalla propria abitazione prima delle ore 6:00 del mattino. L’uomo veniva sorpreso dalle forze dell’ordine nei pressi di un bar alle ore 5:50, dieci minuti prima dell’orario consentito.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello lo avevano dichiarato colpevole per la violazione delle prescrizioni imposte, applicando l’aggravante della recidiva reiterata infraquinquennale, dato il suo curriculum criminale. L’imputato decideva quindi di ricorrere in Cassazione, sollevando due questioni principali: l’assenza dell’elemento soggettivo (dolo) e l’errata applicazione dell’aggravante della recidiva.

L’Analisi della Corte sull’Elemento Soggettivo

Il primo motivo di ricorso si basava sulla presunta mancanza di intenzionalità. La difesa sosteneva che le circostanze (la breve distanza da casa e l’orario di poco anticipato) avrebbero dovuto generare un dubbio ragionevole sul dolo.

La Cassazione ha respinto questa tesi, ribadendo un principio consolidato: per il reato di violazione degli obblighi della sorveglianza speciale è sufficiente il dolo generico. Questo significa che non è richiesta una finalità specifica (come la preparazione di un altro reato), ma basta la coscienza e la volontà di trasgredire la prescrizione. L’imputato era consapevole dell’orario da rispettare e ha scelto volontariamente di non farlo. La sua giustificazione è stata considerata una mera “giustificazione postuma”, inidonea a escludere la colpevolezza.

Le Motivazioni della Corte sulla Recidiva Reiterata

Il punto più significativo della sentenza riguarda il secondo motivo di ricorso, incentrato sulla recidiva reiterata. La difesa argomentava che, non essendo mai stata applicata la recidiva nelle condanne precedenti, non si potesse ora contestarla come “reiterata”.

Anche su questo punto, la Corte ha dato torto al ricorrente, allineandosi ai più recenti e autorevoli orientamenti delle Sezioni Unite e della Corte Costituzionale. I giudici hanno chiarito che la recidiva reiterata non è un automatismo burocratico, ma l’esito di una valutazione concreta da parte del giudice. I principi chiave emersi sono:

1. Irrilevanza della previa dichiarazione: Per l’applicazione della recidiva reiterata, è sufficiente che l’imputato, al momento della commissione del nuovo reato, abbia già riportato più condanne definitive. Non è necessario che in una di queste sentenze precedenti sia stata formalmente dichiarata la recidiva semplice.
2. Dovere di motivazione: L’applicazione della recidiva non è mai obbligatoria (salvo casi specifici e ormai limitati). Il giudice ha il potere-dovere di verificare se la ricaduta nel reato sia un sintomo effettivo di maggiore riprovevolezza e pericolosità sociale.
3. Valutazione complessiva: Questa valutazione deve basarsi su elementi concreti come la natura dei reati, la distanza temporale tra i fatti, le modalità della condotta e ogni altro parametro utile a definire la personalità del reo.

Nel caso di specie, i giudici di merito avevano correttamente motivato la loro decisione valorizzando il numero e la natura dei precedenti penali (tra cui un’evasione), le modalità della condotta attuale e il suo grado di offensività. Hanno quindi esercitato correttamente il loro potere discrezionale, escludendo ogni automatismo e fondando la decisione su un’analisi sostanziale.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un’interpretazione del diritto penale sempre più orientata alla personalizzazione del giudizio e al superamento di presunzioni assolute. La recidiva reiterata non è uno status che si acquisisce automaticamente sulla base dei precedenti penali, ma una circostanza aggravante che il giudice deve ritenere sussistente in concreto, spiegando perché il nuovo reato commesso da chi è già stato condannato sia espressione di una maggiore colpevolezza e pericolosità. Questa pronuncia offre un’importante guida per gli operatori del diritto, ribadendo che ogni decisione sulla pena deve essere il frutto di una valutazione ponderata e adeguatamente motivata.

È necessario che la recidiva semplice sia stata dichiarata in una precedente condanna per poter applicare la recidiva reiterata?
No, la Corte di Cassazione chiarisce che non è necessaria una previa dichiarazione formale. È sufficiente che, al momento del nuovo reato, l’imputato sia già stato condannato con più sentenze definitive per reati precedentemente commessi.

Per il reato di violazione della sorveglianza speciale è richiesto un fine specifico, come la volontà di commettere altri reati?
No, è sufficiente il “dolo generico”, ovvero la consapevolezza di essere sottoposto alla misura e la volontà cosciente di violare le prescrizioni, come uscire di casa prima dell’orario consentito, senza che sia necessaria un’ulteriore finalità illecita.

L’applicazione della recidiva è automatica quando un soggetto con precedenti commette un nuovo reato?
No, la sentenza ribadisce che l’applicazione della recidiva non è mai un automatismo. Il giudice ha il dovere di valutare in concreto se la nuova condotta sia effettivamente sintomo di una maggiore pericolosità sociale e riprovevolezza, fornendo un’adeguata motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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