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Recidiva reiterata: non serve la precedente condanna

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12630/2024, ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per tentata rapina. La Corte ha confermato la qualificazione del reato, escludendo l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Soprattutto, ha chiarito che per l’applicazione della recidiva reiterata non è necessaria una precedente, formale dichiarazione di recidiva in un’altra sentenza, aderendo al più recente orientamento delle Sezioni Unite (sentenza Zaza).

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva reiterata: non serve la precedente condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 12630/2024) offre un importante chiarimento sui presupposti per l’applicazione della recidiva reiterata. La Corte ha stabilito che, per contestare questa aggravante, non è necessario che l’imputato sia stato formalmente dichiarato recidivo in una precedente sentenza. Questa decisione, allineandosi a un recente arresto delle Sezioni Unite, segna un punto fermo nell’interpretazione della norma e nelle sue conseguenze sul trattamento sanzionatorio.

I fatti del processo

Il caso nasce dal ricorso di un uomo condannato in primo e secondo grado per tentata rapina aggravata. L’imputato, per recuperare un presunto credito di 500 euro, aveva minacciato una persona con un’arma impropria (un coltello). La difesa sosteneva che il fatto dovesse essere riqualificato come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, un reato meno grave, e contestava l’applicazione delle circostanze aggravanti, in particolare la recidiva.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Errata qualificazione giuridica: il fatto sarebbe esercizio arbitrario e non rapina, poiché l’imputato si riteneva creditore.
2. Vizio di motivazione: la violenza usata (la minaccia con il coltello) non sarebbe sufficiente a trasformare l’azione in rapina senza un effettivo intento predatorio.
3. Errata applicazione della recidiva: la difesa sosteneva che non si potesse applicare la recidiva reiterata perché mancava una precedente dichiarazione formale di recidiva in altre condanne.

La questione della recidiva reiterata

Il punto cruciale della sentenza riguarda il terzo motivo di ricorso. La difesa richiamava un orientamento giurisprudenziale secondo cui, per poter contestare la recidiva reiterata, era indispensabile che una precedente sentenza avesse già accertato e dichiarato la recidiva semplice. Senza questo passaggio formale, l’aggravante non poteva essere applicata.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rigettato questa tesi, ritenendola superata da un recente e autorevole intervento delle Sezioni Unite (la cosiddetta sentenza “Zaza” del 2023). Questo nuovo orientamento sposta l’attenzione da un requisito puramente formale a una valutazione sostanziale della pericolosità sociale del reo.

La distinzione tra rapina ed esercizio arbitrario

Prima di analizzare la recidiva, la Corte ha respinto i primi due motivi di ricorso. Ha ritenuto inammissibile il tentativo della difesa di ottenere una nuova valutazione delle prove, confermando quanto stabilito dai giudici di merito: l’imputato non aveva un credito esigibile nei confronti della persona minacciata, ma di un terzo. Di conseguenza, la pretesa era ingiusta e l’azione configurava il reato di rapina. Una volta accertata l’ingiustizia del profitto, l’intensità della minaccia diventa un elemento secondario ai fini della qualificazione del reato.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte ha dichiarato infondato il motivo sulla recidiva. Richiamando la sentenza “Zaza”, i giudici hanno affermato un principio di diritto fondamentale: per il riconoscimento della recidiva reiterata, non è necessaria una precedente dichiarazione formale di recidiva contenuta in un’altra sentenza. È invece sufficiente che, al momento della commissione del nuovo reato, l’imputato risulti già gravato da più condanne definitive per delitti che manifestano una sua maggiore pericolosità sociale.

In altre parole, la valutazione del giudice non deve essere vincolata alla presenza di una “etichetta” formale in una sentenza passata, ma deve basarsi sulla storia criminale complessiva del soggetto. Se dal certificato penale emergono più condanne definitive, queste sono sufficienti a integrare il presupposto per la recidiva reiterata, a prescindere da cosa abbiano deciso i giudici nei procedimenti precedenti in merito alla recidiva semplice.

Le conclusioni

La sentenza consolida un’interpretazione sostanzialistica della recidiva, privilegiando l’analisi della concreta pericolosità dell’imputato rispetto a un requisito formale. La decisione ha importanti implicazioni pratiche: rende più agevole per l’accusa contestare la recidiva reiterata e, di conseguenza, comporta un trattamento sanzionatorio più severo per chi commette reati dopo aver già subito più condanne. Si tratta di un monito chiaro: la persistenza nel commettere crimini viene valutata nella sua essenza, e non attraverso cavilli procedurali, ai fini della determinazione della pena.

Quando un tentativo di recupero crediti diventa rapina?
Diventa rapina quando la pretesa è ingiusta, ovvero quando la minaccia o la violenza sono rivolte a ottenere un profitto che non spetta. Nel caso specifico, l’imputato vantava un credito verso un’altra persona e non verso la vittima minacciata, rendendo la sua pretesa e il profitto ingiusti.

L’uso di un’arma, come un coltello, è determinante per qualificare il reato come rapina anziché esercizio arbitrario delle proprie ragioni?
Secondo la Corte, una volta accertato che il profitto è ingiusto, il fatto è già qualificabile come rapina. L’intensità della minaccia (come l’uso di un’arma) è un elemento che conferma la gravità del fatto, ma il discrimine principale è l’ingiustizia della pretesa.

Per applicare la recidiva reiterata è necessario che una precedente sentenza abbia dichiarato formalmente la recidiva semplice?
No. La Corte di Cassazione, seguendo le Sezioni Unite (sentenza Zaza), ha stabilito che non è necessaria una precedente dichiarazione formale. È sufficiente che, al momento del nuovo reato, l’imputato abbia già ricevuto più condanne definitive per reati che ne indicano la pericolosità sociale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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