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Recidiva reiterata: no prevalenza attenuanti comuni

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata che chiedeva di far prevalere un’attenuante comune sulla recidiva reiterata. La Corte ha confermato la legittimità del divieto di prevalenza stabilito dalla legge, ritenendo non fondata la questione di costituzionalità sollevata. La decisione sottolinea come la norma valorizzi la componente soggettiva del reato, legata alla ripetuta commissione di illeciti.

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Pubblicato il 30 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Reiterata e Divieto di Prevalenza delle Attenuanti: L’Analisi della Cassazione

La recente ordinanza della Corte di Cassazione, n. 25586/2024, offre un importante chiarimento sul complesso tema del bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti, con un focus specifico sulla recidiva reiterata. Questa pronuncia conferma un principio cardine del nostro ordinamento penale: il divieto di far prevalere determinate attenuanti comuni sulla recidiva qualificata, una scelta legislativa che la Corte ritiene pienamente legittima e non in contrasto con la Costituzione.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dalla condanna di un’imputata, pronunciata dal Tribunale e confermata in Appello, per un reato punito ai sensi degli artt. 56, 624 e 99, comma 4, del codice penale. La difesa aveva proposto ricorso per cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge penale. Il fulcro della doglianza risiedeva nel mancato riconoscimento della prevalenza della circostanza attenuante del danno di particolare tenuità (art. 62 n. 4 c.p.) rispetto all’aggravante della recidiva reiterata contestata all’imputata.

Il Motivo del Ricorso: Bilanciamento tra Attenuante e Recidiva Reiterata

La difesa non si è limitata a contestare la decisione dei giudici di merito, ma ha anche sollevato una questione di legittimità costituzionale. Si contestava la conformità agli articoli 3, 25 e 27 della Costituzione della norma (art. 69, comma 4, c.p.) che vieta il giudizio di prevalenza dell’attenuante in questione sulla recidiva reiterata. Secondo il ricorrente, tale divieto creerebbe una sproporzione nel trattamento sanzionatorio, impedendo al giudice di adeguare la pena alla reale entità del fatto.

La Decisione della Corte di Cassazione e le Motivazioni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicando la censura manifestamente infondata. Gli Ermellini hanno ripercorso i principi consolidati in materia, offrendo una spiegazione chiara e netta del perché il divieto di prevalenza sia legittimo.

Il Divieto di Prevalenza sulla Recidiva Reiterata

Il Collegio ha innanzitutto ribadito che la Corte d’Appello ha correttamente applicato la legge. Esiste un espresso divieto normativo, contenuto nell’art. 69, comma 4, del codice penale, che impedisce al giudice di considerare prevalenti le circostanze attenuanti indicate nell’art. 62 n. 4 c.p. quando è presente l’aggravante della recidiva reiterata. Si tratta di una scelta precisa del legislatore, che non lascia spazio a interpretazioni discrezionali da parte del giudice sul punto.

La Manifesta Infondatezza della Questione Costituzionale

La Corte ha respinto anche la questione di legittimità costituzionale, qualificandola come manifestamente infondata. Richiamando una propria precedente pronuncia (Sent. n. 16487/2017), ha spiegato che tale deroga alla disciplina ordinaria del bilanciamento delle circostanze non viola i principi costituzionali. La norma non determina una manifesta sproporzione della pena, ma si limita a valorizzare, in misura contenuta, la componente soggettiva del reato. La recidiva reiterata, infatti, qualifica la condotta del reo sulla base della sua ‘plurima ricaduta in condotte trasgressive’, evidenziando una particolare inclinazione a delinquere che il legislatore ha inteso sanzionare più severamente, limitando i benefici derivanti da alcune attenuanti.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: la recidiva reiterata è un’aggravante che il legislatore ha voluto ‘blindare’ rispetto a certe attenuanti comuni. La scelta non è irragionevole né sproporzionata, ma risponde alla logica di dare maggior peso alla pericolosità sociale del reo che persevera nel commettere illeciti. Questa decisione serve da monito sulla serietà con cui l’ordinamento considera la ripetizione dei reati e pone un limite invalicabile al potere del giudice nel bilanciamento delle circostanze, in nome di un’esigenza di maggiore rigore sanzionatorio.

È possibile far prevalere l’attenuante del danno di lieve entità sulla recidiva reiterata?
No, la Corte di Cassazione ha confermato che l’art. 69, comma 4, del codice penale vieta espressamente al giudice di considerare prevalente l’attenuante del danno di particolare tenuità rispetto all’aggravante della recidiva reiterata.

Il divieto di prevalenza delle attenuanti sulla recidiva reiterata è costituzionale?
Sì, secondo la Suprema Corte, tale divieto è costituzionalmente legittimo. Non crea una sproporzione nella pena, ma rappresenta una scelta del legislatore per valorizzare la componente soggettiva del reato, ovvero la tendenza del soggetto a commettere nuovamente illeciti penali.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La sentenza impugnata diventa definitiva e non può più essere contestata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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