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Recidiva reiterata: le attenuanti non possono prevalere

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando che la recidiva reiterata, ai sensi dell’art. 69, comma 4, c.p., impedisce al giudice di considerare prevalenti le circostanze attenuanti generiche. È stata inoltre respinta la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a causa della condotta non minimale e dell’abitualità del comportamento desunta dai precedenti penali del ricorrente.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Reiterata: Quando le Attenuanti non Possono Prevalere

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del diritto penale: la recidiva reiterata rappresenta un ostacolo insormontabile alla prevalenza delle circostanze attenuanti generiche. Questa decisione sottolinea la severità con cui l’ordinamento giuridico tratta chi persiste nel commettere reati, limitando la discrezionalità del giudice nel calcolo della pena. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. La difesa sollevava due questioni principali. In primo luogo, lamentava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche come prevalenti rispetto alla contestata aggravante della recidiva reiterata infraquinquennale. In secondo luogo, contestava la decisione dei giudici di merito di non applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambe le doglianze della difesa. Gli Ermellini hanno fornito una motivazione chiara e netta, ancorata al dato normativo e all’orientamento giurisprudenziale consolidato. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi distinti, uno per ciascun motivo di ricorso.

Le Motivazioni sulla Recidiva Reiterata e il Divieto di Prevalenza

Il cuore della pronuncia risiede nell’interpretazione dell’articolo 69, quarto comma, del codice penale. La Corte ha ricordato che questa norma stabilisce un divieto esplicito: le circostanze attenuanti non possono essere ritenute prevalenti sulla circostanza aggravante della recidiva reiterata. Questo divieto è assoluto e non lascia spazio a valutazioni discrezionali del giudice.

La Cassazione ha inoltre precisato che tale norma non è mai stata dichiarata incostituzionale. La scelta del legislatore di impedire il bilanciamento in favore delle attenuanti in questi casi specifici rientra nel suo potere discrezionale e può essere sindacata solo se manifestamente irragionevole o arbitraria, cosa che non è stata ravvisata. Pertanto, il primo motivo di ricorso è stato giudicato manifestamente infondato perché in palese contrasto con la legge.

Le Motivazioni sul Diniego della Particolare Tenuità del Fatto

Anche il secondo motivo è stato ritenuto infondato. La Corte ha confermato la correttezza della decisione dei giudici di merito di escludere l’applicazione dell’articolo 131-bis c.p. La motivazione è duplice. Da un lato, la condotta delittuosa non è stata considerata di minima offensività. Dall’altro, e in modo decisivo, i numerosi precedenti penali dell’imputato hanno portato i giudici a ricavare una “abitualità di comportamento”.

L’abitualità del comportamento è una delle condizioni ostative previste dalla stessa norma per l’applicazione della causa di non punibilità. La presenza di plurimi precedenti penali, quindi, non solo aggrava la posizione dell’imputato attraverso la recidiva, ma può anche precludergli l’accesso a benefici previsti per reati di lieve entità.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida due importanti principi. Primo, la recidiva reiterata è un’aggravante con un peso specifico tale da inibire la prevalenza delle attenuanti, riflettendo una precisa scelta del legislatore di trattare con maggior rigore chi delinque abitualmente. Secondo, l’accesso alla causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è precluso a chi, attraverso i suoi precedenti, dimostra una tendenza a delinquere, anche se il singolo reato considerato è di modesta entità. Questa decisione serve come monito sulla serietà con cui il sistema penale valuta la storia criminale di un imputato nel determinare sia la pena che l’applicabilità di istituti premiali.

Un giudice può far prevalere le attenuanti generiche sulla recidiva reiterata?
No. La Corte di Cassazione ha confermato che l’articolo 69, quarto comma, del codice penale pone un divieto assoluto. In presenza di recidiva reiterata, le circostanze attenuanti non possono mai essere considerate prevalenti, ma al massimo equivalenti all’aggravante.

Perché non è stata applicata la non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La non punibilità è stata esclusa per due ragioni: la condotta non è stata giudicata di minima offensività e, soprattutto, i numerosi precedenti penali dell’imputato hanno fatto emergere un’abitualità nel comportamento criminale, condizione che per legge impedisce l’applicazione di tale beneficio.

La norma che vieta la prevalenza delle attenuanti sulla recidiva reiterata è costituzionale?
Sì. Secondo quanto riportato nell’ordinanza, questa norma non è mai stata dichiarata incostituzionale. Si ritiene che rientri nel potere del legislatore stabilire tali divieti, i quali sono contestabili solo se manifestamente irragionevoli o arbitrari, condizione che in questo caso non è stata ravvisata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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