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Recidiva reiterata: l’aumento di pena non è libero

La Corte di Cassazione ha corretto una sentenza di merito per errata applicazione dell’aumento di pena dovuto a recidiva reiterata. Il giudice di primo grado aveva applicato un aumento inferiore al minimo legale previsto dall’art. 99 c.p., portando la Cassazione ad annullare la pena e a rideterminarla direttamente in un importo superiore, in conformità con la legge.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva reiterata: quando l’aumento di pena è obbligatorio

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del diritto penale riguardante il calcolo della pena in caso di recidiva reiterata. La Suprema Corte ha annullato una condanna emessa dal Tribunale, correggendo direttamente l’entità della pena inflitta a un imputato, poiché il giudice di merito non aveva rispettato i limiti minimi imposti dalla legge per l’aumento dovuto alla recidiva. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere come la legge vincoli la discrezionalità del giudice in determinate circostanze.

I fatti del processo

Un soggetto veniva condannato dal Giudice monocratico di un tribunale alla pena di un anno e sei mesi di reclusione per il reato di evasione, commesso nel gennaio 2021. In sede di condanna, il giudice riconosceva a carico dell’imputato la sussistenza della recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale. Tuttavia, nell’effettuare l’aumento di pena per tale circostanza, il giudice applicava un aumento di soli sei mesi, ritenendolo congruo.

Il ricorso del Procuratore e il problema della recidiva reiterata

Il Procuratore generale presso la Corte di appello ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la pena inflitta fosse illegale. Il motivo del ricorso era chiaro: l’aumento di pena di sei mesi per la recidiva reiterata era inferiore a quello minimo prescritto dall’articolo 99, comma 4, del codice penale. Secondo la norma, in presenza di una recidiva di questo tipo, l’aumento non può essere inferiore a una soglia determinata, che nel caso specifico superava i sei mesi applicati. Di conseguenza, la pena finale risultava illegittima perché calcolata in violazione di una disposizione di legge.

La decisione della Corte di Cassazione sull’aumento di pena

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno chiarito che, sebbene la pena finale non violasse le cornici edittali previste per il reato di evasione in sé, era stata comunque applicata in violazione di legge per quanto riguarda il meccanismo di calcolo dell’aumento per la recidiva.

La violazione dell’art. 99 del Codice Penale

Il punto centrale della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 99, comma 4, c.p. Questa norma stabilisce che, in caso di recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale, l’aumento di pena non può essere inferiore a due terzi della pena base. Il giudice di primo grado, applicando un aumento inferiore, ha violato questo precetto, esercitando una discrezionalità che la legge in questo caso non gli concede.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la correzione di un simile errore non richiede un nuovo giudizio di merito. L’articolo 620, lettera l), del codice di procedura penale consente infatti alla Cassazione di procedere ad un annullamento senza rinvio quando la rideterminazione della pena non implica l’esercizio di poteri discrezionali. In questo caso, il calcolo dell’aumento minimo era un’operazione matematica vincolata dalla legge. Pertanto, la Corte ha potuto annullare la parte della sentenza relativa alla pena e rideterminarla direttamente nell’importo corretto di un anno e otto mesi di reclusione.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce che, sebbene il giudice goda di ampia discrezionalità nella commisurazione della pena, esistono dei limiti invalicabili imposti dalla legge. La disciplina della recidiva reiterata è uno di questi. La decisione della Cassazione funge da monito sull’importanza di un’applicazione rigorosa delle norme relative al trattamento sanzionatorio, garantendo che gli aumenti di pena per circostanze aggravanti, come la recidiva qualificata, rispettino i minimi legali, a tutela della certezza del diritto e della coerenza dell’ordinamento giuridico.

Quando un aumento di pena per recidiva reiterata è applicato in violazione di legge?
Secondo la sentenza, l’aumento è applicato in violazione di legge quando è inferiore al minimo stabilito dall’art. 99, comma 4, del codice penale, che prevede un aumento non inferiore a due terzi della pena base in caso di recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale.

Perché la Corte di Cassazione ha potuto rideterminare la pena direttamente?
La Corte ha potuto agire in tal senso ai sensi dell’art. 620, lett. l) del codice di procedura penale, poiché la correzione dell’errore non implicava l’esercizio di poteri discrezionali, ma solo l’applicazione di un calcolo vincolato dalla legge.

Qual è stato l’errore commesso dal giudice di primo grado?
L’errore è stato applicare un aumento di pena per la recidiva di soli sei mesi, una misura inferiore a quella minima prescritta dalla legge per il tipo di recidiva contestata, che ha reso la pena complessiva illegittima nel suo ammontare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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