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Recidiva reiterata: la valutazione del giudice

Un soggetto condannato per furto aggravato ed estorsione tentata ricorre in Cassazione contestando l’applicazione dell’aggravante della recidiva reiterata per vizio di motivazione. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione sulla recidiva non può basarsi solo sulla gravità dei fatti, ma deve analizzare concretamente, secondo i criteri dell’art. 133 c.p., il rapporto tra il nuovo reato e i precedenti penali, per accertare se questi indichino una perdurante inclinazione al delitto che ha influito sulla nuova commissione.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Reiterata: Quando i Precedenti Contano Davvero

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi sui criteri di applicazione dell’aggravante della recidiva reiterata, un tema centrale nel diritto penale che incide significativamente sulla determinazione della pena. La decisione chiarisce che il riconoscimento di tale aggravante non può essere un automatismo basato solo sulla presenza di precedenti condanne, ma richiede una valutazione approfondita e motivata da parte del giudice. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo grado dal Tribunale di Siena per i reati di furto aggravato e tentata estorsione. La sentenza veniva integralmente confermata dalla Corte d’Appello di Firenze, la quale riteneva sussistente anche l’aggravante della recidiva reiterata, contestata all’imputato in virtù dei suoi numerosi precedenti penali. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, proponeva ricorso per cassazione tramite il suo difensore.

Il Ricorso in Cassazione e la questione della recidiva reiterata

L’unico motivo di ricorso si concentrava proprio sulla questione della recidiva reiterata. La difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel riconoscere l’aggravante, cadendo in un vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, i giudici di merito non avrebbero adeguatamente spiegato le ragioni per cui i precedenti penali dovessero essere considerati indicativi di una maggiore pericolosità sociale e di una propensione a delinquere, elementi necessari per giustificare un aumento di pena.

La Valutazione della recidiva reiterata secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, cogliendo l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia. I giudici hanno sottolineato che la valutazione del giudice di merito sulla sussistenza della recidiva non può fondarsi unicamente sulla gravità dei fatti per cui si procede o sull’arco temporale in cui sono stati commessi. È necessario, invece, un esame concreto e specifico.

Il giudice deve applicare i criteri stabiliti dall’articolo 133 del codice penale per analizzare il rapporto tra il reato attuale (definito sub iudice) e le condanne precedenti. L’obiettivo è verificare se, e in che misura, la pregressa carriera criminale dell’imputato sia sintomatica di una “perdurante inclinazione al delitto” che abbia agito come “fattore criminogeno” nella commissione del nuovo reato.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente operato, evidenziando come l’azione dell’imputato costituisse, alla luce dei suoi precedenti, un “disvalore incrementato” della matrice violenta delle sue condotte. Questa motivazione è stata ritenuta sufficiente e adeguata dalla Cassazione, in quanto dimostrava un’analisi non superficiale ma ancorata alla specifica storia criminale del soggetto.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile perché la Corte d’Appello aveva correttamente applicato i principi della giurisprudenza di legittimità. La motivazione della sentenza impugnata non era né mancante né illogica. I giudici di merito avevano infatti esplicitato le ragioni per cui la storia criminale dell’imputato dimostrava una sua maggiore colpevolezza e pericolosità sociale. Si è evidenziato come le precedenti condanne non fossero un mero dato statistico, ma un indicatore concreto di una personalità incline a commettere reati, che ha influenzato la decisione di delinquere nuovamente. La valutazione ha tenuto conto della natura dei reati precedenti e del loro legame con quelli attuali, identificando un “disvalore incrementato” che giustificava pienamente l’applicazione dell’aggravante.

Conclusioni

La pronuncia in esame consolida un principio fondamentale: la recidiva reiterata non è un’etichetta da applicare automaticamente a chi ha precedenti penali. Essa rappresenta una circostanza aggravante che richiede una rigorosa e personalizzata valutazione da parte del giudice. È necessario dimostrare, con una motivazione puntuale, che i reati passati sono la spia di una radicata tendenza a delinquere che ha reso più probabile la commissione del nuovo crimine. Questa decisione serve da monito contro ogni forma di automatismo giudiziario, riaffermando la centralità dell’analisi caso per caso nel rispetto dei principi di colpevolezza e proporzionalità della pena.

Quando si applica l’aggravante della recidiva reiterata?
Si applica quando il giudice accerta, sulla base dei criteri dell’art. 133 c.p., che la pregressa condotta criminosa dell’imputato sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto, che ha influito come fattore criminogeno nella commissione del nuovo reato.

È sufficiente la gravità dei nuovi reati per giustificare la recidiva reiterata?
No, la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti o sull’arco temporale in cui sono stati commessi. È necessaria un’analisi concreta del rapporto tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne.

Cosa deve valutare il giudice per riconoscere la recidiva reiterata?
Il giudice deve esaminare il rapporto tra il reato in giudizio e le condanne precedenti, verificando se la storia criminale dell’imputato denoti un “disvalore incrementato” e una persistente tendenza a delinquere che ha contribuito alla nuova condotta illecita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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