LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Recidiva reiterata: la motivazione è obbligatoria

Un uomo viene condannato per furto aggravato. La Corte di Cassazione conferma l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede, ma annulla la sentenza sul punto della recidiva reiterata. La Corte ha stabilito che i giudici di merito non avevano fornito una motivazione adeguata e specifica, limitandosi a un generico riferimento ai precedenti. È stato chiarito che per applicare la recidiva reiterata è necessario un esame approfondito che dimostri un progressivo rafforzamento della determinazione a delinquere, come stabilito dalle Sezioni Unite.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Reiterata: La Cassazione Chiarisce l’Obbligo di Motivazione Specifica

La corretta applicazione della recidiva reiterata rappresenta uno dei punti più delicati del diritto penale, poiché incide significativamente sull’entità della pena. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 12724/2024) ribadisce un principio fondamentale: i giudici non possono applicare questa aggravante basandosi su formule generiche, ma devono fornire una motivazione specifica e approfondita. Questo caso ci offre l’opportunità di analizzare i requisiti richiesti dalla giurisprudenza per giustificare un aumento di pena così rilevante.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna per furto aggravato dall’esposizione del bene alla pubblica fede. L’imputato, già gravato da precedenti penali, veniva condannato in appello con il riconoscimento della recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale. Contro questa decisione, la difesa proponeva ricorso in Cassazione lamentando tre vizi: l’erroneo riconoscimento dell’aggravante del furto, la motivazione carente sulla recidiva e la presunta maturazione della prescrizione.

L’Aggravante dell’Esposizione alla Pubblica Fede

Il primo motivo di ricorso, relativo all’aggravante del furto su cose esposte alla pubblica fede (art. 625, n. 7, c.p.), è stato ritenuto infondato. La difesa sosteneva che i proprietari del fondo agricolo da cui erano stati sottratti i beni esercitassero un controllo continuo sulla zona. La Cassazione, tuttavia, ha chiarito che per escludere tale aggravante non è sufficiente un controllo saltuario o eventuale. È necessaria una sorveglianza costante, continuativa e specificamente efficace a impedire la sottrazione del bene. Nel caso di specie, il fatto che i proprietari si fossero accorti del furto in corso è stato considerato un evento fortuito, non il risultato di una vigilanza sistematica, e l’aggravante è stata quindi confermata.

L’Obbligo di Motivazione sulla Recidiva Reiterata

Il cuore della sentenza risiede nel secondo motivo di ricorso, che è stato accolto. La Corte di Appello aveva giustificato l’applicazione della recidiva reiterata affermando genericamente che “non può essere esclusa a cagione degli specifici, numerosi e anche recenti precedenti penali a suo carico”.

La Suprema Corte ha censurato questa motivazione come del tutto insufficiente. Richiamando l’importante pronuncia delle Sezioni Unite (sentenza Sabbatini, n. 32318/2023), ha ribadito che, per applicare la recidiva reiterata, il giudice ha l’obbligo di condurre un esame approfondito. Non basta elencare i precedenti; è necessario analizzare il rapporto tra i reati passati e quello attuale per verificare se essi siano sintomatici di un “progressivo rafforzamento della determinazione criminosa e dell’attitudine a delinquere del reo”.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha spiegato che la motivazione del giudice di merito deve enucleare gli specifici indicatori che giustificano l’inasprimento della pena. Il giudice deve esaminare in concreto, sulla base dei criteri dell’art. 133 c.p., se la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito sulla commissione del nuovo reato. Una formula stereotipata, come quella utilizzata dalla Corte di Appello, non soddisfa questo requisito di specificità e adeguatezza. Di conseguenza, la sentenza è stata annullata su questo punto, con rinvio ad un’altra sezione della Corte di Appello per un nuovo esame che tenga conto dei principi enunciati.

Conclusioni

Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale volto a garantire che l’applicazione della recidiva reiterata non sia un automatismo, ma il risultato di una valutazione concreta e individualizzata. Per i giudici, ciò significa l’obbligo di motivare in modo puntuale le ragioni per cui i precedenti penali di un imputato sono considerati espressivi di una maggiore pericolosità sociale. Per la difesa, si apre uno spazio importante per contestare l’applicazione dell’aggravante quando la motivazione del giudice risulti generica o apparente, assicurando così un trattamento sanzionatorio più equo e proporzionato.

Quando può essere esclusa l’aggravante del furto su cose esposte alla pubblica fede?
L’aggravante è esclusa solo in presenza di una sorveglianza continua, costante e specificamente efficace a impedire la sottrazione del bene, non da un controllo meramente saltuario, occasionale o fortuito.

Cosa deve dimostrare il giudice per applicare la recidiva reiterata?
Il giudice deve fornire una motivazione specifica e adeguata, analizzando i fatti oggetto delle pregresse condanne e il nuovo delitto per dimostrare che essi sono sintomatici di un progressivo rafforzamento della determinazione criminosa e dell’attitudine a delinquere del reo.

Una motivazione generica sui precedenti penali è sufficiente per giustificare la recidiva reiterata?
No. Secondo la Corte di Cassazione, una motivazione che si limita a fare riferimento a ‘specifici, numerosi e anche recenti precedenti penali’ è insufficiente, poiché non compie l’analisi approfondita richiesta dalla legge e dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati