Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 43107 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 43107 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, nato a Vallo Della Lucania il DATA_NASCITA, contro la sentenza della Corte d’appello di Potenza del 15.12.2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
La Corte d’appello di Potenza ha confermato la sentenza con cui, in data 10.5.2021, il Tribunale di Matera aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile dei delitti a lui ascritti ai capi a) e b) della rubrica e, di conseguenza esclusa l’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 cod. pen. contestata sul primo di essi, ritenute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla residua aggravante ed alla pure contestata recidiva nonché il vincolo della continuazione tra le diverse violazioni di legge, l’aveva condannato alla pena complessiva di anni 1 e mesi 8 di reclusione ed euro 800 di multa, oltre al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali ordinando, infine, la confisca diretta o per equivalente sino all’importo di euro 1.5006 .
ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore che deduce inosservanza degli artt. 110, 624 e 625 cod. pen.; inosservanza degli artt. 110 e 493-ter cod. pen.; inosservanza dell’art. 99 cod. pen.; inosservanza dell’art. 191 cod. proc. pen.; vizio di motivazione:
segnala che la Corte d’appello ha disatteso il gravame di merito considerato generico e tale da non confrontarsi con gli elementi di prova acquisiti con il consenso della difesa laddove, ai sensi dell’art. 191 cod. proc. pen., l’inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE prove acquisite in violazione di legge è rilevabile anch d’ufficio e nonostante il consenso RAGIONE_SOCIALE parti; segnala che la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare la nullità del riconoscimento fotografico; osserva che i giudici di merito non hanno dato conto RAGIONE_SOCIALE ragioni che hanno portato a valorizzare il riconoscimento a fronte RAGIONE_SOCIALE sconosciute modalità con cui era stato eseguito;
rileva che la Corte ha disatteso il motivo di gravame articolato in punto di recidiva segnalando che il dato relativo ai precedenti penali dell’imputato non è idoneo a fondare l’aggravamento di pena che deve riposare su una serie di presupposti ben evidenziati dalla giurisprudenza di legittimità; aggiunge che il giudizio di equivalenza non poteva escludere l’interesse dell’imputato ad invocare l’esclusione della recidiva;
rileva che la Corte d’appello non ha tenuto conto della novella del 2022 che ha stabilito la procedibilità a querela di parte anche per il furto aggravato ai sensi dell’art. 625 cod. pen., introducendo in tal modo una disciplina di maggior favore per l’imputato, con ogni conseguenza in ordine al regime della successione di leggi penali nel tempo;
la Procura Generale ha concluso per iscritto per l’inammissibilità del ricorso;
la difesa – con atto del 24.9.2024 – ha concluso per iscritto insistendo nell’accoglimento del ricorso e contestando l’impostazione e le considerazioni della Procura Generale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché articolato su censure manifestamente infondate o non consentite in questa sede.
Quanto al motivo sub A) infatti, la Corte d’appello ha insistito in primo luogo sulla genericità RAGIONE_SOCIALE censure articolate dalla difesa con l’atto di impugnazione della sentenza di primo grado sottolineando, in secondo luogo, come la documentazione relativa al riconoscimento fotografico eseguito nel corso RAGIONE_SOCIALE indagini preliminari fosse stata acquisita al fascicolo del dibattimento con il consenso della difesa.
A ragione, rileva il Collegio, i giudici potentini hanno sottolineato la genericità del gravame di merito laddove la difesa non aveva considerato, per l’appunto, che gli atti relativi al riconoscimento eseguito di fronte alla PG erano confluiti nel processo ed erano perciò utilizzabili ai fini della decisione avendo le parti convenuto sulla loro acquisizione.
Va quindi richiamato il principio di diritto, unanimemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr., Sez. 5 , n. 40386 del 19/09/2022, NOME, Rv. 283658 – 01), secondo il quale il consenso all’acquisizione al fascicolo del dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero può essere validamente prestato anche dal difensore dell’imputato (cfr., in tal senso, Sez. 4, n. 35585 del 12/05/2017, Rv. 270777; Sez. 5, n. 13525 del 25/01/2011, Rv. 250226), in quanto estrinsecazione del generale potere di indicazione dei fatti da provare e RAGIONE_SOCIALE prove e conseguente al principio generale di rappresentanza dell’imputato (cfr., ancora, Sez. 6, n. 7061 del 11/02/2010, Rv. 246090; conf. Sez. 6, n. 21184 del 14/05/2019, Rv. 275735).
L’art. 493, comma 3, cod. proc. pen. consente alle parti di concordare l’acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo de pubblico ministero, facoltà che rappresenta un’espressione del principio generale, cristallizzato nell’art. 111, comma 5, Cost. che, come è noto, permette di derogare al diritto di acquisire le prove a carico nel contradditorio processuale; ne consegue che in tal caso non ricorre l’ipotesi di cui all’art. 191 cod. proc. pen. (che commina la sanzione dell’inutilizzabilità, rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado d
procedimento, per le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge) e, dunque, non si è in presenza dell’eccepita invalidità patologica degli elementi di prova desunti dalle annotazioni e comunicazioni di polizia giudiziaria acquisite al fascicolo del dibattimento.
In effetti, poi, e con un deciso mutamento di prospettiva rispetto al pur generico gravame di merito, la difesa lamenta in questa sede le “modalità” con cui era stato eseguito il riconoscimento fotografico tali, a suo avviso, da incidere sulla attendibilità del risultato probatorio che ne era derivato.
Tanto premesso, è in primo luogo pacifico, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio per cui l’individuazione, personale o fotografica, di un soggetto, compiuta nel corso RAGIONE_SOCIALE indagini preliminari, costituisce una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione, sicché la sua forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale, e non dalle formalità di assunzione previste dall’art. 213 cod. proc. pen. per la ricognizione personale, utili ai fini della efficacia dimostrativa secondo il libero apprezzamento del giudice (cfr., Sez. 5 · , Sentenza n. 23090 del 10/07/2020, COGNOME, Rv. 279437; cfr. anche, Sez. 4 , Sentenza n. 7287 del 09/12/2020, COGNOME, Rv. 280598, in cui la Corte ha chiarito che l’individuazione fotografica non deve essere necessariamente preceduta, ai fini della sua validità, dalla descrizione RAGIONE_SOCIALE fattezze fisiche della persona indagata, trattandosi di adempimento preliminare richiesto solo per la ricognizione di persona; cfr., ancora, Sez. 2, Sentenza n. 9380 del 20/02/2015, COGNOME ed altro, Rv. 263302; Sez. 1, Sentenza n. 47937 del 09/11/2012, COGNOME, Rv. 253885). Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
Sulla base di questa premessa, si è quindi affermato che il riconoscimento fotografico compiuto nel corso RAGIONE_SOCIALE indagini preliminari è utilizzabile ed idoneo a fondare l’affermazione di penale responsabilità, anche se non seguito da una formale ricognizione dibattimentale, nel caso in cui il testimone confermi di avere effettuato tale riconoscimento con esito positivo in precedenza, aggiungendo di non poterlo reiterare a causa del decorso di un apprezzabile lasso di tempo, atteso che l’individuazione di un soggetto, personale o fotografica, costituisce manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta una specie del più generale concetto di dichiarazione, la cui forza probatoria discende dal valore della dichiarazione confermativa, alla stregua della deposizione dibattimentale (cfr., così, in particolare ) Sez. 2, Sentenza n. 20489 del 07/05/2019, COGNOME, Rv. 275585; conf., Sez. 2, Sentenza n. 11964 del 18/02/2021, Casella, Rv. 280994, in cui la Corte ha sostenuto che nel caso in cui all’individuazione, personale o
fotografica, di un soggetto, compiuta nel corso RAGIONE_SOCIALE indagini preliminari, sia seguita, in sede d’incidente probatorio, una ricognizione con esito difforme, ed il giudizio venga celebrato con rito abbreviato, anche condizionato, il giudice può comunque attribuire maggiore valenza probatoria al primo atto atipico, a condizione, naturalmente, che indichi, con adeguata motivazione, le ragioni giustificative, non solo dell’attendibilità dell’esito dell’individuazione fotografic ma anche dell’inattendibilità di quello della ricognizione di persona, ove ritenuta tale).
In ogni caso, la Corte d’appello ha puntualmente richiamato gli elementi a conforto della bontà del riconoscimento (cfr., pagg. 4-5 della sentenza di primo grado) quali le dichiarazioni dell’operante di PG e del custode del cimitero, su cui il ricorso è silente.
Quanto alla seconda censura, rileva il Collegio che il Tribunale aveva escluso il carattere “infraquinquennale” della recidiva (cfr., pag. 7 della sentenza di primo grado) che aveva tuttavia riconosciuto nella forma specifica e reiterata in forza dei precedenti penali risultanti dal casellario e motivando (cfr., pag. 8) sia sui presupposti “sostanziali” dell’aggravamento di pena che sul giudizio di equivalenza con le attenuanti generiche.
Con l’atto di appello (cfr., ivi, pagg. 29-32) 5 1a difesa aveva in primo luogo contestato l’impossibilità di riconoscere la recidiva reiterata senza che fosse mai stata dichiarata la recidiva “semplice”; ne aveva inoltre contestato i presupposti che, aveva sottolineato la difesa, ) motivati secondo i canoni stabiliti dalla Corte Costituzionale e dalla giurisprudenza di legittimità ma senza, invero, confrontarsi con le argomentazioni che aveva speso in tal senso il giudice di primo grado che aveva. i da un lato,richiamato i “… plurimi precedenti (otto) per reati di furto cui l’imputato è stato condannato in data antecedente alla commissione dei fatti oggi giudicati” e, in secondo luogo, insistito sulla idoneità di tali precedenti “… manifestare un più inteso disvalore anche della condotta portata alla cognizione di questo Tribunale per la costanza con la quale l’imputato ha reiterato nel tempo tali condotte (l’episodio scrutinato è stato l’ultimo di una serie di furti consumati nel 2000, nel 2007, nel 2008, nel 2013) e tenuto conto che l’ultima sentenza di condanna è divenuta irrevocabile poco più di cinque anni fa” (cfr., ancora, pag. 8 della sentenza di primo grado).
È vero che la Corte d’appello ha motivato, sulla recidiva, in termini non corretti (ritenendo il difetto di interesse dell’appello atteso il giudizio di equivalenz della recidiva con le attenuanti generiche); è pur verceche, a fronte di un atto d’appello evidentemente aspecifico, che non aveva cioè preso posizione sulle considerazioni del Tribunale, la Corte territoriale non aveva alcun obbligo di motivare; è pacifico, infatti, che il difetto di motivazione della sentenza
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di appello in ordine a motivi generici non può formare oggetto di ricorso per cassazione, poiché i motivi generici restano viziati da inammissibilità originaria, quand’anche il giudice dell’impugnazione non abbia pronunciato in concreto tale sanzione (cfr., Sez. 5 , n. 44201 del 29/09/2022, Testa, Rv. 283808 – 01; Sez. 3, n. 10709 del 25/11/2014, dep. 13/03/2015, COGNOME, Rv. 262700 – 01).
In merito, poi, al rilievo secondo cui la recidiva reiterata non poteva essere affermata senza che fosse stata preceduta dalla dichiarazione di recidiva “semplice”, è sufficiente richiamare l’arresto RAGIONE_SOCIALE SS.UU. di questa Corte che, dirimendo un contrasto obiettivamente in passato esistente, hanno chiarito che in tema di recidiva reiterata contestata nel giudizio di cognizione, ai fini della relativa applicazione è sufficiente che, al momento della consumazione del reato, l’imputato risulti gravato da più sentenze definitive per reati precedentemente commessi ed espressivi di una maggiore pericolosità sociale, oggetto di specifica ed adeguata motivazione, senza la necessità di una previa dichiarazione di recidiva semplice (cfr., Sez. U , n. 32318 del 30/03/2023, COGNOME, Rv. 284878 – 01).
La censura sub C) è, infine, manifestamente infondata “in fatto”: l’esame del fascicolo ha consentito di appurare che, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa, v’è agli atti la querela sporta in data 13.1.2020 da NOME COGNOME presso la Stazione di Pomarico della Legione Carabinieri Basilicata, con cui costei aveva rappresentato di essere stata vittima del furto della borsa custodita all’interno della propria vettura; fatto per il quale aveva formalmente chiesto la punizione dei responsabili.
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 i favore della RAGIONE_SOCIALE, non emergendo circostanze che ne giustifichino l’esonero.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma, il 10.10.2024