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Recidiva reiterata: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43107/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto. L’analisi si è concentrata su tre punti chiave: l’inutilizzabilità di una prova (riconoscimento fotografico) a cui la difesa aveva acconsentito, l’applicazione della recidiva reiterata e la procedibilità del reato. La Corte ha stabilito che il consenso sana eventuali vizi procedurali nell’acquisizione della prova, ha ribadito che per la recidiva reiterata non è necessaria una precedente dichiarazione di recidiva semplice, e ha accertato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la necessaria querela era presente agli atti.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Reiterata: la Cassazione Chiarisce i Requisiti e i Limiti dell’Appello

La recente sentenza n. 43107/2024 della Corte di Cassazione offre importanti spunti di riflessione su temi centrali del diritto processuale e penale, come l’utilizzabilità delle prove e i presupposti per l’applicazione della recidiva reiterata. La Corte ha dichiarato inammissibile un ricorso, consolidando principi giurisprudenziali di notevole rilevanza pratica.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo da parte del Tribunale e, successivamente, della Corte d’Appello, per una serie di reati. La condanna prevedeva una pena detentiva e pecuniaria, oltre alla confisca di una somma di denaro. La difesa dell’imputato ha deciso di presentare ricorso per cassazione, basando la propria strategia su tre motivi principali: l’inutilizzabilità di un riconoscimento fotografico, l’errata applicazione dell’aggravante della recidiva e una questione relativa alla procedibilità del reato a seguito di una riforma legislativa.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha articolato il ricorso su tre censure distinte:

1. Vizio procedurale: Si contestava l’utilizzabilità del riconoscimento fotografico effettuato durante le indagini preliminari. Secondo il ricorrente, tale prova era stata acquisita in violazione di legge e la sua inutilizzabilità avrebbe dovuto essere rilevata d’ufficio, nonostante il consenso prestato dalla stessa difesa alla sua inclusione nel fascicolo del dibattimento.
2. Errata applicazione della recidiva: Il secondo motivo criticava la decisione dei giudici di merito di riconoscere la recidiva reiterata, sostenendo che i precedenti penali da soli non fossero sufficienti a giustificare l’aggravamento della pena e che la motivazione sul punto fosse carente.
3. Mancanza della condizione di procedibilità: Infine, si lamentava che la Corte d’Appello non avesse considerato una novella legislativa del 2022 che aveva reso il furto aggravato procedibile a querela di parte, sostenendo che tale querela mancasse nel caso di specie.

L’Analisi della Corte sulla Recidiva Reiterata e le Prove

La Corte di Cassazione ha esaminato e respinto ogni motivo di ricorso, qualificandolo come manifestamente infondato o inammissibile.

L’Utilizzabilità della Prova con il Consenso della Difesa

Sul primo punto, la Corte ha sottolineato un principio fondamentale del processo penale: il consenso delle parti all’acquisizione di un atto nel fascicolo del dibattimento sana eventuali irregolarità procedurali. L’art. 493, comma 3, c.p.p. permette infatti alle parti di concordare l’acquisizione di prove, in deroga al principio del contraddittorio. Una volta prestato il consenso, la parte non può più lamentare l’inutilizzabilità dell’atto. La Corte ha quindi chiarito che il richiamo all’art. 191 c.p.p. (inutilizzabilità delle prove vietate dalla legge) era inconferente, poiché il consenso aveva reso la prova pienamente legittima ai fini della decisione.

L’Applicazione della Recidiva Reiterata

Per quanto riguarda la recidiva reiterata, la Suprema Corte ha evidenziato la genericità del motivo d’appello, che non si era confrontato specificamente con le argomentazioni del giudice di primo grado. Quest’ultimo aveva motivato l’aggravante non solo sulla base dei numerosi precedenti specifici (otto condanne per furto), ma anche sulla loro capacità di dimostrare una spiccata tendenza a delinquere. La Corte ha inoltre colto l’occasione per richiamare un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 32318/2023), la quale ha stabilito che per l’applicazione della recidiva reiterata è sufficiente che l’imputato abbia già subito più condanne definitive al momento della commissione del nuovo reato, senza che sia necessaria una precedente formale dichiarazione di recidiva ‘semplice’.

La Questione della Procedibilità a Querela

Infine, il terzo motivo è stato liquidato come ‘manifestamente infondato in fatto’. Un esame diretto degli atti processuali ha permesso alla Corte di accertare che la querela della persona offesa era stata regolarmente presentata e si trovava nel fascicolo, rendendo l’azione penale pienamente legittima.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda su una rigorosa applicazione dei principi processuali. L’inammissibilità del ricorso deriva dalla manifesta infondatezza e genericità delle censure. La Corte ribadisce che il ricorso per cassazione non è una terza istanza di giudizio sul merito, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. I motivi di ricorso devono essere specifici e confrontarsi puntualmente con la decisione impugnata, non potendo limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello. Il consenso alla prova, la corretta interpretazione dei presupposti della recidiva reiterata alla luce degli approdi delle Sezioni Unite e la verifica fattuale sulla presenza della querela hanno costituito i pilastri su cui si è basata la declaratoria di inammissibilità.

Le Conclusioni

La sentenza n. 43107/2024 consolida orientamenti giurisprudenziali cruciali. In primo luogo, riafferma il valore del consenso delle parti come strumento che definisce il perimetro probatorio del processo. In secondo luogo, fa chiarezza sui requisiti della recidiva reiterata, semplificandone l’accertamento e allineandosi alla più recente e autorevole giurisprudenza. Infine, serve da monito sull’importanza di formulare impugnazioni specifiche e fondate su elementi concreti, pena la loro inammissibilità e la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile contestare l’utilizzabilità di una prova se la difesa ha già acconsentito alla sua acquisizione?
No. Secondo la Corte, il consenso delle parti all’acquisizione di un atto nel fascicolo del dibattimento, ai sensi dell’art. 493, comma 3, cod. proc. pen., sana eventuali vizi procedurali. Una volta che la prova è stata ammessa con l’accordo delle parti, non è più possibile dedurne l’inutilizzabilità.

Per applicare la recidiva reiterata è necessario che sia stata prima dichiarata formalmente la recidiva semplice?
No. La Corte, richiamando una sentenza delle Sezioni Unite (n. 32318/2023), ha chiarito che per l’applicazione della recidiva reiterata è sufficiente che, al momento della commissione del nuovo reato, l’imputato risulti già gravato da più sentenze definitive per reati precedentemente commessi. Non è necessaria una previa dichiarazione formale di recidiva semplice.

Cosa comporta la presentazione di un ricorso con motivi generici?
Un ricorso basato su motivi generici, che non si confrontano specificamente con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, viene dichiarato inammissibile. L’inammissibilità comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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