Recidiva Reiterata: Quando la Violazione Sistematica Giustifica l’Aumento di Pena
La valutazione della recidiva reiterata rappresenta uno dei nodi più complessi del diritto penale, poiché impone al giudice di bilanciare la gravità del nuovo reato con la storia criminale del soggetto. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti, stabilendo che la sistematica violazione degli obblighi giudiziari, anche attraverso reati di modesta entità, può essere indice di un’accresciuta pericolosità sociale e giustificare un aumento di pena.
I Fatti del Caso: Una Lunga Serie di Violazioni
Il caso esaminato trae origine dalla condanna di un individuo per la violazione degli obblighi inerenti alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno. La Corte di appello, decidendo in sede di rinvio a seguito di un precedente annullamento da parte della stessa Corte di Cassazione, aveva confermato la sentenza di primo grado, applicando l’aggravante della recidiva reiterata.
L’imputato aveva presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che i giudici di merito non avessero correttamente motivato l’applicazione della recidiva. A suo dire, la Corte si era limitata a un mero riferimento ai precedenti iscritti nel casellario giudiziale, senza valutare se il nuovo reato fosse effettivamente espressione di una maggiore capacità a delinquere, come richiesto dalla precedente sentenza di annullamento.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione della Corte di appello e, di conseguenza, la condanna con l’aggravante della recidiva. I giudici hanno ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata fosse logica, coerente e pienamente rispettosa dei principi di diritto precedentemente enunciati.
Le Motivazioni: Oltre il Singolo Reato, la Valutazione della Condotta sulla recidiva reiterata
Il fulcro della decisione risiede nel metodo di valutazione adottato dalla Corte di appello, avallato dalla Cassazione. Per giustificare la recidiva reiterata, non è sufficiente constatare l’esistenza di precedenti penali. È necessario un giudizio più approfondito sulla personalità del reo e sulla sua condotta complessiva.
Nel caso specifico, la Corte ha evidenziato come il nuovo reato non fosse un episodio isolato, ma si inserisse in una “serie di violazioni” degli obblighi imposti dalla misura di prevenzione. Questa “sistematicità della condotta” è stata interpretata come un chiaro segnale di “insensibilità del Diana alle sanzioni” e di un persistente disprezzo per i precetti dell’autorità giudiziaria.
I giudici hanno specificato che, sebbene il singolo reato potesse apparire di “modesta gravità”, la sua collocazione in un contesto di reiterate inosservanze ne cambiava la prospettiva, rendendolo manifestazione di una “maggiore pericolosità”. La Corte ha quindi concluso che la risposta repressiva più severa, ottenuta tramite l’applicazione della recidiva, era pienamente giustificata.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale: la valutazione della recidiva reiterata è un’analisi qualitativa, non solo quantitativa. Il giudice non deve essere un mero contabile dei precedenti, ma deve indagare se la nuova condotta criminale, inserita nel percorso di vita del soggetto, dimostri un’effettiva e accresciuta tendenza a delinquere. La sentenza sottolinea che la perseveranza nella violazione delle norme, anche quelle di prevenzione, costituisce un elemento cruciale che può legittimare un trattamento sanzionatorio più severo, a prescindere dalla gravità intrinseca del singolo nuovo reato commesso.
Per applicare la recidiva reiterata è sufficiente consultare il casellario giudiziale?
No. Secondo la Corte, non è sufficiente il semplice riferimento ai precedenti penali. È necessaria una valutazione concreta per stabilire se il nuovo reato sia effettivamente manifestazione di una “accresciuta capacità a delinquere”, analizzando la condotta complessiva dell’imputato e la natura dei reati.
Un reato di modesta gravità può giustificare l’applicazione della recidiva reiterata?
Sì. La sentenza chiarisce che anche un reato non grave può giustificare la recidiva se si inserisce in una serie di violazioni sistematiche. È la condotta complessiva di inosservanza dei precetti che dimostra una maggiore pericolosità sociale, legittimando un aumento di pena.
Cosa significa che il giudice del rinvio ha rispettato il principio di diritto indicato dalla Cassazione?
Significa che il giudice che ha riesaminato il caso dopo un annullamento (in questo caso, la Corte di appello) ha seguito le istruzioni fornitegli dalla Corte di Cassazione. In questa vicenda, la Cassazione aveva chiesto una motivazione più approfondita sulla recidiva, e la Corte di appello ha fornito tale analisi, rispettando il vincolo imposto.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1686 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1686 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato ad Alessandria il 16/01/1975 avverso la sentenza del 15/05/2024 della Corte di appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; lette le richieste del difensore, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Torino, decidendo in sede di rinvio, a seguito di annullamento di questa Corte – Sez. 1, n. 40820 del 2022 – della sentenza della medesima Corte di appello del 25 gennaio 2021, ha confermato la sentenza del 24 novembre 2014 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Alessandria che aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di di violazione degli obblighi inerenti alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con
obbligo di soggiorno e, applicata la recidiva reiterata, lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento ed articolando un solo motivo con il quale lamenta la violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al rigetto del motivo di appello con il quale si chiedeva l’esclusione della recidiva.
Sostiene che la Corte di merito avrebbe motivato il rigetto facendo esclusivo riferimento alle risultanze del casellario giudiziale, senza valutare se il nuovo reato fosse manifestazione di una accresciuta capacità a delinquere avuto riguardo alla natura ed al tempo di commissione dei precedenti penali ed ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen., in tal modo non uniformandosi al principio di diritto affermato nella sentenza di annullamento con rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Nel motivare il rigetto del motivo di appello, con il quale l’imputato aveva sostenuto che il Giudice di primo grado non avesse valutato la pericolosità sociale, la Corte di merito ha evidenziato che il nuovo reato costituisce manifestazione di una più spiccata capacità criminale che si desume, oltre che dai precedenti penali che giustificano l’applicazione della recidiva, ossia quelli anteriori alla commissione del nuovo reato, anche dai criteri di cui all’art. 133 cod. pen. ed in particolare dalla condotta successiva al reato, atteso che il reato di violazione degli obblighi inerenti alla misura di prevenzione per il quale si procede in questa sede si inserisce in una serie di violazioni di detti obblighi dalla quale emerge la sistematicità della condotta di inosservanza dei precetti impartiti dall’autorità giudiziaria e quindi la insensibilità del Diana alle sanzion conseguenti alle suddette violazioni che giustifica un accresciuta risposta repressiva. La Corte di merito ha anche apprezzato la gravità del nuovo reato, segnalando che la sua modestia non vale, per le ragioni anzidette, ad escludere che il nuovo reato sia manifestazione di una maggiore pericolosità.
Risulta, quindi, pienamente rispettato il principio indicato nella precedente sentenza di annullamento di questa Corte di cassazione.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 15/10/2024.