Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21937 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21937 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME, nato a Sciacca DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/05/2023 della Corte d’appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Torino confermava la condanna di NOME per evasione (art. 385 cod. pen.) (capo A), perché, essendogli stati concessi gli arresti domiciliari, una volta scarcerato, non raggiungeva mai il luogo di detenzione, nonché per furto (artt. 624, 625 n. 2, cod.
pen.), perché, introdottosi in un bar, previa rottura di un vetro con un tombino di ghisa, si impossessava di 288 euro e di un telefono cellulare (capo B).
Ha presentato ricorso AVV_NOTAIO, per il tramite dell’AVV_NOTAIO, deducendo due motivi di ricorso.
2.1. Nullità del decreto di citazione per il giudizio di appello, eseguita presso il difensore ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen., prima che venisse accertata la idoneità del domicilio dichiarato.
Premesso che l’imputato era elettivamente domiciliato in Chivasso INDIRIZZO), INDIRIZZO – elezione formalizzata il 18/10/2022, quando era ristretto in carcere per due titoli cautelari – e che il decreto di citazione a giudizio era stato emesso il 08/02/2023, il giorno successivo e cioè il 09/02/2023, la Cancelleria del Tribunale provvedeva a notificare al difensore il decreto sia “in proprio”, sia ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen.
Le notifiche erano eseguite via PEC: quella ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. alle 14:26:38; quella al difensore “in proprio” alle ore 14:26:47 e, dunque, successivamente alla prima.
Sempre in data 09/02/2023, la Cancelleria inviava, inoltre, una PEC ai RAGIONE_SOCIALE di Chivasso, onerandoli di notificare al NOME il decreto di citazione presso il domicilio di INDIRIZZO.
In data 03/03/2023 – quando la notifica era stata eseguita da tempo -, i RAGIONE_SOCIALE di Chivasso comunicavano alla Cancelleria di non aver potuto notificare il decreto presso il domicilio dell’imputato per la sua sopravvenuta irreperibilità.
La citazione sarebbe, dunque, nulla per violazione dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., secondo cui la notifica presso il difensore presuppone che sia verificata l’insufficienza o l’inidoneità della dichiarazione o dell’elezione di domicilio dell’imputato.
La nullità, incidendo sulla formazione del contraddittorio, sarebbe, inoltre, assoluta.
2.2. Vizio di motivazione per non essersi la sentenza impugnata, nel confermare la recidiva reiterata, confrontata adeguatamente con le deduzioni in appello.
La sentenza di primo grado riteneva la recidiva “reiterata” senza motivare, nonostante in sede di discussione dell’abbreviato la difesa dell’imputato ne avesse chiesto l’esclusione.
Il Tribunale si limitava a concedere le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante, senz’altro aggiungere.
In appello, la difesa chiedeva di escludere la recidiva o quantomeno di negarne la natura reiterata, con conseguente lesione del limite posto dall’articolo
62, comma 4, cod. pen. al bilanciamento tra circostanze e del vincolo posto dall’art. 81, comma 4, cod. pen. agli aumenti per la continuazione. Segnatamente, si faceva questione di distanza temporale della commissione degli ultimi reati e della loro natura.
La Corte d’appello ha risposto ritenendo l’episodio di evasione un clamoroso segnale di disprezzo nei confronti del bene giuridico tutelato dalla disposizione, rappresentato dal corretto esercizio dell’amministrazione della giustizia, non avendo l’imputato raggiunto il luogo degli arresti domiciliari al fine di commettere reati predatori il cui provento era destinato all’acquisto di droga. In tal modo, tuttavia, avrebbe omesso di confrontarsi con le specifiche allegazioni difensive ed avrebbe reso una motivazione del tutto apparente, disattendendo l’insegnamento di legittimità secondo cui il giudice è tenuto ad esaminare, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto tra il fatto per cui si procede e le precedent condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto, che abbia influito quale fattore criminogeno sulla commissione del reato sub ‘udite (Sez. 5 del 02/02/2023, n. 7421, COGNOME, non mass.).
Il vizio di motivazione sarebbe tanto più evidente, in quanto anche il Tribunale aveva taciuto sul punto (Sez. 4 del 21/01/2021, n. 3955, COGNOME, non mass.).
Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla I. 18 dicembre 2020, e successive modificazioni, in mancanza di richiesta, nei termini ivi previsti, di discussione orale, il AVV_NOTAIO generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
Il ricorrente ha presentato conclusioni in replica alla requisitoria scritta del AVV_NOTAIO Generale.
Quanto al primo motivo: nega rilievo alla circostanza che il difensore, una volta ricevuta la notifica del decreto, si sia attivato per chiedere la trattazione orale del processo di appello, tale iniziativa rappresentando una legittima e discrezionale scelta difensiva; evidenzia che in nessun caso l’organo giudicante era esonerato dal rispetto delle regole processuali che sovraintendono le notifiche, la circostanza che la madre (domiciliataria) del ricorrente si fosse rivolta ai RAGIONE_SOCIALE per formalizzare la denuncia di scomparsa dell’imputato risalente al 16.2.2023, anziché privare di interesse la censura oggi sollevata, confermandone, semmai, la consistenza (attesterebbe, infatti, che la difesa si era trovata in una condizione di oggettiva impossibilità a conferire con il proprio assistito, destinatario della citazione); esclude la rilevabilità del vizio sia preclusa per il fatto che non fosse
stato in precedenza denunciato, trattandosi di nullità assoluta; ribadisce che la verifica della idoneità/inidoneità del domicilio eletto deve precedere la notifica c.d. mediata.
Con riferimento al secondo motivo di ricorso, reputa non possa farsi discendere la prova della natura “qualificata” della recidiva dalla prospettazione difensiva, confondendosi in tal modo il piano della specificità dei motivi con quello del dedotto vizio di motivazione; ribadisce la discrezionalità del giudice quanto alla qualificazione della recidiva come “recidiva”; insiste sull’inadeguatezza dell’argomentazione della sentenza di appello perché avrebbe omesso – a fronte di una pronuncia di primo grado con motivazione graficamente assente – di confrontarsi con quanto eccepito dalla difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Entrambi i motivi di ricorso sono manifestamente infondati.
Quanto al primo motivo, premesso che la notifica di cui si discute è stata eseguita quando era già entrata in vigore la c.d. riforma Cartabia (d.lgs. 10/10/2022, n. 150), dal testo per come novellato dell’art. 157 cod. proc. pen. si desume che le notificazioni successive alla prima devono essere eseguite al difensore, per via telematica, ma soltanto se riguardanti atti diversi dalla vocatío in ius, la quale va, invece, notificata all’imputato mediante consegna di copia dell’atto in forma di documento analogico.
Nel caso di specie, la Corte d’appello ha rispettato il disposto normativo.
2.1. Premesso, infatti, che non v’è ragione per non ritenere valido, anche nel nuovo contesto normativo, l’insegnamento secondo cui l’impossibilità della notificazione al domicilio dichiarato o eletto, che ne legittima l’esecuzione presso il difensore secondo la procedura prevista dall’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., è integrata anche dalla temporanea assenza dell’imputato al momento dell’accesso dell’ufficiale notificatore , non occorrendo alcuna indagine che attesti l’irreperibilità dell’imputato, doverosa invece qualora non sia stato possibile eseguire la notificazione nei modi previsti dall’art. 157 cod. proc. pen. (Sez. U, n.58120 del 22/06/2017, Tuppi, Rv. 271772), sin dal ricorso ed anche dalle conclusioni presentate dalla difesa dell’imputato, in replica alla requisitoria scritta del AVV_NOTAIO Generale, emerge che, al momento della notificazione dell’atto di impugnazione presso il domicilio dichiarato dall’imputato, questi era risultato assente.
Correttamente, dunque, la Corte d’appello ha provveduto alla notificazione al difensore per via telematica.
2.2. Sul punto, è il caso di precisare che l’irreperibilità dell’imputato mantiene il suo valore a prescindere dal momento in cui essa è stata comunicata dai RAGIONE_SOCIALE incaricati alla Cancelleria della Corte d’appello.
Le previsioni in tema di notificazioni valgono, infatti, sul versante dell’amministrazione giudiziaria, a realizzare una semplificazione in vista del conseguimento di maggior certezza e, sul versante dell’imputato, a garantire la conoscenza effettiva della vocatio in iudicium: obiettivo che, nel caso di specie, per quanto detto, risulta fosse stato conseguito.
Né, del tutto incidentalmente, alla luce della citata ratio del nuovo sistema delle notificazioni, che rifugge interpretazioni formalistiche, potrebbe rilevare come pure adombrato nel ricorso – la circostanza che la notifica ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen. avesse preceduto, peraltro di pochi secondi, quella “in proprio” al difensore.
Quanto al secondo motivo di ricorso, non si rinviene alcuna lacuna nella motivazione della Corte d’appello.
3.1. È vero che, come affermato, tra gli altri, nel precedente citato dal ricorrente nelle conclusioni, il giudice deve sempre motivare, sia che affermi sia che escluda la sussistenza della recidiva, verificando, al di là del mero riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali, se la reiterazione dell’illecito sia effettivo sintomo di pericolosità, considerando la natura dei reati, il tipo di devianza di cui sono il segno, la qualità dei comportamenti, il margine di offensivistà delle condotte, la distanza temporale e il loro livello di omogeneità, l’eventuale occasionalità della ricaduta e ogni altro possibile sintomo della personalità del reo e del suo grado di colpevolezza (Sez. 6, n. 20634 del 9.3.2023, Ritrovato, non mass., la quale richiama Sez. U, n. 5859 del 27/10/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251690; Sez. 6, n. 56972 del 20/06/2018, COGNOME, Rv. 274782; Sez. 6, n. 16244 del 27/02/2013, COGNOME, Rv. 256183).
Tale principio di diritto risulta rispettato, tuttavia, nella sentenza impugnata. 3.2. Premesso che i fatti sono del 2022 e che dal medesimo ricorso – nella parte in cui riproduce il motivo di appello che la difesa reputa disatteso – si apprende che il NOME era gravato da condanne, tutt’altro che risalenti, per furto tentato (2015), art. 73, comma 5, d.P.R. 09/10/1990, n. 309 (2017), furto con strappo ex art. 624-bis cod pen. (2019), furto aggravato (2019), i Giudici di secondo grado scrivono – pressoché testualmente – di non poter escludere o riqualificare la recidiva, correttamente contestata come reiterata specifica infraquinquennale alla stregua delle risultanze del certificato del casellario giudiziale , posto che l’episodio di evasione contestato rappresenta un clamoroso segnale disprezzo, da parte dell’imputato, del bene giuridico costituito
dal corretto esercizio dell’amministrazione della giustizia, non avendo egli raggiunto il luogo di arresti domiciliari al fine di commettere reati predatori il cui provento era destinato all’acquisto di droga, tra i quali quello consumato nelle prime ore del 19/07/2022 (cioè, quattro giorni dopo la notificazione dell’ordinanza sostitutiva della misura carceraria) in danno di un esercizio pubblico, nella quasi flagranza del quale fu arrestato. E proseguono – con valutazione di fatto non sindacabile in sede di legittimità in quanto esente da vizi logici, oltre che completa – ritenendo che, in considerazione di tali ineludibili elementi, i quali attengono a circostanze di fatto e si desumono altresì dalle dichiarazioni dello stesso imputato, le sue colpevolezza e pericolosità risultano viepiù accentuate.
3.3. Ne consegue che i Giudici dell’appello hanno compiutamente assolto al loro obbligo argomentativo, essendo soltanto il caso di precisare che non sono tenuti a rispondere punto per punto alle deduzioni del ricorrente.
Infatti, su un piano generale, non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente su una specifica deduzione prospettata con il gravame quando ne risulti il rigetto dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata (ex plurimis, Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, Tudino, Rv. 275500-01; Sez. 1, n. 27825 del 22/05/2013, COGNOME, Rv. 256340); mentre, più in particolare – e cioè proprio con riguardo al tema della recidiva -, ben si ammette la possibilità di una motivazione succinta (Sez. 6, n. 56972 del 20/06/2018, AVV_NOTAIO, Rv. 274782, ove si precisa che il dovere del giudice sarebbe adempiuto anche nel caso in cui si fosse dato soltanto conto del fatto che la condotta costituisce significativa prosecuzione di un processo delinquenziale già avviato).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento delle somme indicate nel dispositivo, ritenute eque, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 08/05/2024