Recidiva Reiterata: la Cassazione fa il Punto sui Precedenti Penali
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale del diritto penale: i criteri di applicazione della recidiva reiterata e le sue conseguenze sulla determinazione della pena. La decisione chiarisce che la semplice esistenza di precedenti condanne definitive è sufficiente per contestare la recidiva, senza che sia necessaria una precedente dichiarazione formale. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda una persona condannata in primo e secondo grado per tentato furto aggravato. La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la pena, aveva confermato la condanna escludendo l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), proprio in virtù dei precedenti penali dell’imputata. La difesa ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo l’irrilevanza di tali precedenti, in quanto non si erano mai tradotti in una formale dichiarazione di recidiva.
La Decisione della Corte e l’Applicazione della Recidiva Reiterata
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire un principio fondamentale in materia di recidiva reiterata. Gli Ermellini hanno sottolineato come le argomentazioni della difesa fossero basate su un presupposto errato. Infatti, richiamando un precedente intervento delle Sezioni Unite (sent. n. 32318/2023), la Corte ha confermato che per l’applicazione della recidiva non è necessaria una precedente, formale dichiarazione di recidiva semplice.
Le Motivazioni
La decisione si fonda su tre pilastri argomentativi solidi e chiari.
1. I Presupposti della Recidiva
Il cuore della motivazione risiede nella corretta interpretazione dei presupposti per la recidiva reiterata. La Corte ha spiegato che, ai fini della sua applicazione, è sufficiente che l’imputato, al momento della commissione del nuovo reato, risulti già gravato da più sentenze definitive per reati commessi in precedenza. Questi precedenti, essendo espressione di una maggiore pericolosità sociale, devono essere oggetto di una specifica e adeguata motivazione da parte del giudice, ma non richiedono un “passaggio” formale intermedio come una dichiarazione di recidiva semplice in un precedente processo. Questo orientamento, consolidato dal Supremo organo della nomofilachia, chiude ogni dibattito sul punto.
2. L’Esclusione della Non Punibilità
La Corte ha inoltre chiarito che la valutazione sulla sussistenza dei presupposti per la non punibilità per particolare tenuità del fatto è un potere discrezionale del giudice. In questo contesto, i precedenti penali (uno dei quali specifico) sono stati legittimamente considerati elementi rilevanti ai sensi dell’art. 133 c.p. (gravità del reato: valutazione agli effetti della pena) per negare il beneficio. I precedenti penali, infatti, sono un indice della capacità a delinquere del soggetto e possono giustificare l’esclusione di un trattamento di favore.
3. Il Bilanciamento delle Circostanze
Infine, per quanto riguarda il giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti, la Cassazione ha ricordato la funzione delle attenuanti generiche. Esse servono a mitigare la rigidità del sistema sanzionatorio, consentendo al giudice di scendere al di sotto del minimo edittale. Tuttavia, quando il giudice decide di applicare una pena già superiore al minimo, il diniego della prevalenza delle generiche non costituisce un difetto di motivazione, ma rientra nella logica del sistema sanzionatorio.
Conclusioni
Questa ordinanza consolida un’interpretazione rigorosa e pragmatica della recidiva reiterata. La decisione sottolinea che ciò che conta è la storia criminale oggettiva del reo, attestata dalle sentenze definitive, e non le formalità procedurali di precedenti giudizi. Le implicazioni pratiche sono significative: viene rafforzato il potere del giudice di valutare la personalità dell’imputato nella sua interezza, basandosi su dati concreti come i precedenti penali, sia per determinare la pena sia per concedere o negare benefici. Per gli imputati, ciò significa che ogni condanna definitiva assume un peso rilevante nei procedimenti futuri, fungendo da monito costante sull’importanza di mantenere una condotta conforme alla legge.
Per applicare la recidiva reiterata è necessaria una precedente dichiarazione formale di recidiva semplice?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, richiamando una pronuncia delle Sezioni Unite, per l’applicazione della recidiva reiterata è sufficiente che l’imputato, al momento della commissione del nuovo reato, sia già stato condannato con più sentenze definitive per reati precedentemente commessi.
I precedenti penali possono essere usati per escludere la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Sì. La valutazione sulla sussistenza dei presupposti per riconoscere la non punibilità è discrezionale. Il giudice può legittimamente utilizzare i precedenti penali dell’imputato come elementi di valutazione per negare il beneficio, in quanto indicativi di una maggiore pericolosità sociale.
Perché il giudice può negare la prevalenza delle attenuanti generiche senza un vizio di motivazione?
La Corte spiega che la funzione delle attenuanti generiche è quella di mitigare la rigidità del sistema, permettendo al giudice di scendere sotto il minimo di pena previsto. Se il giudice decide di applicare una pena già superiore al minimo, il diniego della prevalenza delle attenuanti non è un difetto di motivazione, ma una scelta logica all’interno del potere discrezionale di determinazione della sanzione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6649 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6649 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/12/2022 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che la difesa dell’imputata COGNOME NOME NOME proposto ricorso av sentenza della Corte d’appello di Bologna, indicata in epigrafe, con la qual riforma di quella del Tribunale di Rimini di condanna della stessa per con tentativo di furto aggravato, con la recidiva specifica, reiterata e infra q rideterminato la pena e confermato nel resto (in Rimini, 11 febbraio 2018) causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis, cod. pen., in ragione dei precedenti pen uno anche specifico e nel quinquennio;
ritenuto che il ricorso è inammissibile, in quanto proposto per motivi non sede di legittimità, poiché entrambe le doglianze muovono dal presuppo irrilevanza dei precedenti penali annoverati, non tradottisi in precedenti di recidiva, ai fini della valutazione del bisogno di pena e del giudizio di bilanc che, sul punto, è del tutto irrilevante il contrasto in punto applicazione ricomposto dal Supremo organo della nomofilachia in data di poco success presentazione del ricorso (17/3/2023), in base all’affermato principio che recidiva reiterata contestata nel giudizio di cognizione, ai fini della relativ sufficiente che, al momento della consumazione del reato, l’imputato risulti più sentenze definitive per reati precedentemente commessi ed espressi maggiore pericolosità sociale, oggetto di specifica ed adeguata motivazion necessità di una previa dichiarazione di recidiva semplice (Sez. U, n 30/3/2023, Sabbatini, Rv. 284878-01), osservandosi, come, nella specie, il ric non abbia comunque considerato che la valutazione demandata al giudice in or sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della causa di non discrezionale e che, nella specie, la Corte territoriale ha richiamato i penali, uno dei quali specifico, dando rilievo a elementi (precedent dell’imputato), certamente valutabili ai sensi dell’art. 133, cod. pen.;
rilevato, quanto al giudizio di comparazione, che le generiche sono state int la funzione dì mitigare la rigidità dell’originario sistema di calcolo della pen concorso di circostanze di specie diversa e che detta funzione, ridotta a modifica del giudizio di comparazione delle circostanze concorrenti, ha modo di efficacemente solo per rimuovere il limite posto al giudice con la fissazione edittale, allorché questi intenda determinare la pena al di sotto di tale conseguenza che, ove questa situazione non ricorra, perché il giudice valuta applicare al di sopra del limite, il diniego della prevalenza delle generich
elemento di calcolo e non costituisce mezzo di determinazione della sanzione e quindi, dar luogo né a violazione di legge, né al corrispondente difetto di (sez. 3 n. 44883 del 18/07/2014, Cavicchi, Rv. 260627);
ritenuto che alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna della pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore de delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero in ordine alla inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento d processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 17 gennaio 2024
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