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Recidiva reiterata: la Cassazione chiarisce i criteri

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6649/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per tentato furto aggravato. La Corte ha ribadito che per l’applicazione della recidiva reiterata è sufficiente la presenza di precedenti condanne definitive al momento del nuovo reato, senza necessità di una precedente dichiarazione formale. Tale principio è stato ritenuto fondamentale anche per negare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e nel giudizio di bilanciamento delle circostanze.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Reiterata: la Cassazione fa il Punto sui Precedenti Penali

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale del diritto penale: i criteri di applicazione della recidiva reiterata e le sue conseguenze sulla determinazione della pena. La decisione chiarisce che la semplice esistenza di precedenti condanne definitive è sufficiente per contestare la recidiva, senza che sia necessaria una precedente dichiarazione formale. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda una persona condannata in primo e secondo grado per tentato furto aggravato. La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la pena, aveva confermato la condanna escludendo l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), proprio in virtù dei precedenti penali dell’imputata. La difesa ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo l’irrilevanza di tali precedenti, in quanto non si erano mai tradotti in una formale dichiarazione di recidiva.

La Decisione della Corte e l’Applicazione della Recidiva Reiterata

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire un principio fondamentale in materia di recidiva reiterata. Gli Ermellini hanno sottolineato come le argomentazioni della difesa fossero basate su un presupposto errato. Infatti, richiamando un precedente intervento delle Sezioni Unite (sent. n. 32318/2023), la Corte ha confermato che per l’applicazione della recidiva non è necessaria una precedente, formale dichiarazione di recidiva semplice.

Le Motivazioni

La decisione si fonda su tre pilastri argomentativi solidi e chiari.

1. I Presupposti della Recidiva

Il cuore della motivazione risiede nella corretta interpretazione dei presupposti per la recidiva reiterata. La Corte ha spiegato che, ai fini della sua applicazione, è sufficiente che l’imputato, al momento della commissione del nuovo reato, risulti già gravato da più sentenze definitive per reati commessi in precedenza. Questi precedenti, essendo espressione di una maggiore pericolosità sociale, devono essere oggetto di una specifica e adeguata motivazione da parte del giudice, ma non richiedono un “passaggio” formale intermedio come una dichiarazione di recidiva semplice in un precedente processo. Questo orientamento, consolidato dal Supremo organo della nomofilachia, chiude ogni dibattito sul punto.

2. L’Esclusione della Non Punibilità

La Corte ha inoltre chiarito che la valutazione sulla sussistenza dei presupposti per la non punibilità per particolare tenuità del fatto è un potere discrezionale del giudice. In questo contesto, i precedenti penali (uno dei quali specifico) sono stati legittimamente considerati elementi rilevanti ai sensi dell’art. 133 c.p. (gravità del reato: valutazione agli effetti della pena) per negare il beneficio. I precedenti penali, infatti, sono un indice della capacità a delinquere del soggetto e possono giustificare l’esclusione di un trattamento di favore.

3. Il Bilanciamento delle Circostanze

Infine, per quanto riguarda il giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti, la Cassazione ha ricordato la funzione delle attenuanti generiche. Esse servono a mitigare la rigidità del sistema sanzionatorio, consentendo al giudice di scendere al di sotto del minimo edittale. Tuttavia, quando il giudice decide di applicare una pena già superiore al minimo, il diniego della prevalenza delle generiche non costituisce un difetto di motivazione, ma rientra nella logica del sistema sanzionatorio.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un’interpretazione rigorosa e pragmatica della recidiva reiterata. La decisione sottolinea che ciò che conta è la storia criminale oggettiva del reo, attestata dalle sentenze definitive, e non le formalità procedurali di precedenti giudizi. Le implicazioni pratiche sono significative: viene rafforzato il potere del giudice di valutare la personalità dell’imputato nella sua interezza, basandosi su dati concreti come i precedenti penali, sia per determinare la pena sia per concedere o negare benefici. Per gli imputati, ciò significa che ogni condanna definitiva assume un peso rilevante nei procedimenti futuri, fungendo da monito costante sull’importanza di mantenere una condotta conforme alla legge.

Per applicare la recidiva reiterata è necessaria una precedente dichiarazione formale di recidiva semplice?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, richiamando una pronuncia delle Sezioni Unite, per l’applicazione della recidiva reiterata è sufficiente che l’imputato, al momento della commissione del nuovo reato, sia già stato condannato con più sentenze definitive per reati precedentemente commessi.

I precedenti penali possono essere usati per escludere la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Sì. La valutazione sulla sussistenza dei presupposti per riconoscere la non punibilità è discrezionale. Il giudice può legittimamente utilizzare i precedenti penali dell’imputato come elementi di valutazione per negare il beneficio, in quanto indicativi di una maggiore pericolosità sociale.

Perché il giudice può negare la prevalenza delle attenuanti generiche senza un vizio di motivazione?
La Corte spiega che la funzione delle attenuanti generiche è quella di mitigare la rigidità del sistema, permettendo al giudice di scendere sotto il minimo di pena previsto. Se il giudice decide di applicare una pena già superiore al minimo, il diniego della prevalenza delle attenuanti non è un difetto di motivazione, ma una scelta logica all’interno del potere discrezionale di determinazione della sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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