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Recidiva reiterata: errore di calcolo della pena

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza per un errore nel calcolo della pena. Nonostante il giudice avesse riconosciuto la recidiva reiterata a carico dell’imputato, non aveva applicato il relativo aumento di pena e aveva calcolato in modo errato l’aumento per la continuazione del reato. La Corte ha ribadito che, in presenza di recidiva reiterata, l’aumento per la continuazione non può essere inferiore a un terzo della pena base, annullando la sentenza solo sulla parte relativa alla pena e rinviando per un nuovo calcolo.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Reiterata: la Cassazione annulla la sentenza per errato calcolo della pena

Con la sentenza n. 14030 del 2025, la Corte di Cassazione è intervenuta su un caso di errata determinazione della pena, sottolineando i principi inderogabili da applicare in presenza di recidiva reiterata. Questa pronuncia chiarisce l’obbligo per il giudice di applicare l’aumento di pena corrispondente alla recidiva contestata e riconosciuta, e stabilisce i limiti minimi per l’aumento dovuto alla continuazione tra reati.

I fatti del processo: una condanna con pena incongrua

Il Tribunale di Brescia aveva condannato un imputato per i reati previsti dagli artt. 81, comma 2 (concorso formale o reato continuato) e 493-ter (indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti) del codice penale.

Nel corso del giudizio, il Tribunale aveva correttamente riconosciuto la sussistenza di diverse circostanze, tra cui il vincolo della continuazione tra i reati e, soprattutto, l’aggravante della recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale. Nonostante tale riconoscimento formale, al momento di quantificare la sanzione finale, il giudice aveva commesso due errori cruciali:

1. Non aveva applicato alcun aumento di pena per la recidiva riconosciuta.
2. Aveva calcolato l’aumento per la continuazione in misura inferiore a quanto previsto dalla legge per i casi di recidiva reiterata.

Contro questa sentenza, il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Brescia ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione degli articoli 81 e 99 del codice penale.

La decisione della Corte di Cassazione sul calcolo della pena per la recidiva reiterata

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore Generale, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno evidenziato come il Tribunale, pur avendo dato atto della pericolosità sociale dell’imputato riconoscendo la recidiva reiterata, abbia poi omesso di trarne le dovute conseguenze sul piano sanzionatorio.

Il punto centrale della decisione riguarda l’applicazione dell’art. 81, comma 4, del codice penale. Questa norma stabilisce che, quando si procede per reati in continuazione e l’imputato è un recidivo reiterato, l’aumento di pena per i reati successivi al primo non può essere inferiore a un terzo della pena stabilita per il reato più grave.

Nel caso di specie, il Tribunale non aveva rispettato questo limite minimo, determinando una pena illegale. Di conseguenza, la Corte ha annullato la sentenza impugnata, ma limitatamente alla parte relativa alla determinazione della pena.

Le motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda su un principio consolidato: il riconoscimento di una circostanza aggravante come la recidiva reiterata non può essere un mero esercizio formale, ma deve tradursi in un concreto e corretto adeguamento della pena. L’errore del giudice di merito ha violato la legge, poiché ha disapplicato una norma imperativa che mira a sanzionare più aspramente chi dimostra una persistente inclinazione a delinquere.

La Corte ha ribadito che la dichiarazione di responsabilità penale dell’imputato è diventata irrevocabile, ma la quantificazione della sanzione deve essere ricalcolata da un’altra sezione del Tribunale di Brescia, che dovrà attenersi scrupolosamente ai principi di diritto enunciati, applicando sia l’aumento per la recidiva, sia il corretto aumento minimo per la continuazione.

Le conclusioni

Questa sentenza è un importante monito sull’obbligo per i giudici di merito di applicare correttamente le norme relative al trattamento sanzionatorio. La decisione chiarisce che il riconoscimento della recidiva reiterata comporta conseguenze non discrezionali sul calcolo della pena, in particolare per quanto riguarda i limiti minimi dell’aumento per la continuazione. La pronuncia garantisce che il sistema sanzionatorio risponda con adeguata severità a situazioni di maggiore pericolosità sociale, assicurando al contempo la legalità e la correttezza del processo di determinazione della pena.

Quando il giudice deve applicare un aumento di pena per la recidiva reiterata?
Quando la circostanza della recidiva reiterata viene formalmente riconosciuta nella sentenza, il giudice è obbligato ad applicare un corrispondente aumento della pena.

Qual è l’aumento minimo per la continuazione tra reati se l’imputato è un recidivo reiterato?
Secondo l’art. 81, comma 4, del codice penale, se l’imputato è un recidivo reiterato, l’aumento di pena per i reati successivi al più grave non può mai essere inferiore a un terzo della pena stabilita per quest’ultimo.

Cosa accade se un giudice calcola la pena in modo errato in un caso di recidiva reiterata?
La sentenza diventa illegale nella parte relativa alla determinazione della pena. La Corte di Cassazione può annullare questa parte della sentenza e rinviare il caso a un altro giudice per un nuovo e corretto calcolo, mentre la dichiarazione di colpevolezza diventa definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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