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Recidiva reiterata e spaccio: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per spaccio di sostanze stupefacenti. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, escludendo l’ipotesi di minore gravità del fatto e ritenendo correttamente applicata l’aggravante della recidiva reiterata. La decisione si fonda sulla vastità dell’attività illecita, assimilabile a una ‘centrale dello spaccio’, e sulla manifesta pericolosità sociale del reo, già inserito in circuiti criminali e recidivo per reati della stessa indole.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Reiterata nello Spaccio: la Cassazione Conferma la Linea Dura

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta il tema cruciale della recidiva reiterata nel contesto dei reati di spaccio di sostanze stupefacenti. La pronuncia chiarisce i limiti alla discrezionalità del giudice nel concedere attenuanti e nel riconoscere l’ipotesi di minore gravità, specialmente di fronte a un profilo criminale consolidato. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Una ‘Centrale dello Spaccio’ in Casa

Il caso riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per detenzione a fini di spaccio di diverse tipologie di sostanze stupefacenti, tra cui cocaina, crack e marijuana. Le indagini avevano rivelato che l’imputato gestiva una vera e propria ‘centrale dello spaccio’ dalla propria abitazione. A conferma di ciò, erano stati rinvenuti non solo la droga, ma anche materiale per il confezionamento e la pesatura, oltre a un manoscritto con nomi e cifre che attestava una fiorente e redditizia attività illecita. A complicare il quadro, all’imputato era stata contestata l’aggravante della recidiva reiterata specifica infraquinquennale.

I Motivi del Ricorso e l’Analisi della Recidiva Reiterata

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione lamentando principalmente due aspetti:
1. Il mancato riconoscimento dell’ipotesi di minore gravità del reato, prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990.
2. L’eccessivo rigore nell’applicazione dell’aumento di pena per la recidiva reiterata e la mancata concessione delle attenuanti generiche nella loro massima estensione.

La difesa sosteneva che la valutazione dei giudici di merito fosse stata sproporzionata rispetto alla reale entità dei fatti contestati.

La Decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici hanno ritenuto la motivazione della Corte d’Appello logica, completa e giuridicamente corretta. Secondo la Suprema Corte, la pluralità delle sostanze, la loro quantità, il materiale di confezionamento e il manoscritto contabile erano elementi sufficienti a escludere la lieve entità del fatto, delineando invece un quadro di un’operatività criminale ben strutturata e continuativa, evidenziando l’inserimento del soggetto in circuiti della criminalità organizzata locale.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nella valutazione della recidiva reiterata. La Corte ha affermato che, nel caso specifico, essa non è un mero dato formale, ma l’effettiva ‘estrinsecazione di un incremento dello spessore criminale e della pericolosità del reo’. Tale condizione giustifica una punizione più severa. I giudici hanno sottolineato come l’imputato avesse commesso il reato dopo aver terminato di scontare una pena in detenzione domiciliare per un delitto della stessa natura, dimostrando una ‘notevole pervicacia nel delinquere’.

Inoltre, la Corte ha richiamato l’art. 69, comma 4, del codice penale. Questa norma preclude, nel giudizio di bilanciamento, la possibilità che le circostanze attenuanti prevalgano sulla recidiva reiterata. Nel caso di specie, il giudice aveva correttamente ritenuto le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante, senza poterle far prevalere per ridurre la pena, in piena conformità con il dettato normativo.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale nel diritto penale: la recidiva reiterata, quando ritenuta dal giudice espressione di una concreta e attuale pericolosità sociale, assume un peso determinante nella commisurazione della pena. Questa decisione conferma che, di fronte a una comprovata persistenza nel commettere reati gravi come lo spaccio di droga, le maglie della discrezionalità giudiziale si restringono. La valutazione non si limita al singolo episodio, ma si estende alla storia criminale del soggetto, che diventa un fattore chiave per determinare una risposta sanzionatoria adeguata e proporzionata alla sua effettiva pericolosità.

Perché i giudici hanno escluso l’ipotesi di reato di minore gravità?
La Corte ha escluso la minore gravità a causa della pluralità delle sostanze stupefacenti detenute (cocaina, crack, marijuana), della significativa quantità, della presenza di materiale per confezionamento e pesatura, e di un manoscritto che documentava una fiorente attività illecita, elementi che configuravano una vera e propria ‘centrale dello spaccio’.

Quali elementi hanno giustificato l’applicazione dell’aggravante della recidiva reiterata?
L’applicazione è stata giustificata dalla dimostrazione di un ‘incremento dello spessore criminale’ dell’imputato. Egli ha manifestato una notevole pervicacia nel delinquere, essendo ben inserito nei circuiti della criminalità organizzata e avendo commesso il nuovo reato dopo aver appena finito di scontare una pena per un delitto della stessa natura.

Le circostanze attenuanti generiche possono prevalere sulla recidiva reiterata?
No. Secondo la sentenza, l’articolo 69, comma 4, del codice penale, preclude che le circostanze attenuanti possano essere giudicate prevalenti sulla recidiva reiterata. Al massimo, come avvenuto in questo caso, possono essere considerate equivalenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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