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Recidiva reiterata e prescrizione: no al ne bis in idem

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando che la recidiva reiterata ha un doppio effetto sul calcolo della prescrizione. Aumenta sia il termine base sia quello massimo in caso di atti interruttivi, senza violare il principio del ‘ne bis in idem’.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva reiterata e prescrizione: no al ne bis in idem

Con l’ordinanza n. 8732 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema tecnico ma cruciale del diritto penale: l’impatto della recidiva reiterata sul calcolo dei termini di prescrizione del reato. La Corte ha ribadito un orientamento ormai consolidato, chiarendo che il doppio effetto di tale aggravante non viola il principio del ‘ne bis in idem’.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Milano. L’unico motivo di doglianza riguardava il metodo di calcolo del termine di prescrizione per il reato contestato. Secondo la difesa, i giudici di merito avrebbero errato nel considerare l’impatto della recidiva reiterata sia sul termine minimo di prescrizione, sia su quello massimo in presenza di atti interruttivi, sostenendo che tale ‘doppia incidenza’ costituisse una violazione del divieto di essere giudicati due volte per lo stesso fatto.

La questione giuridica e l’impatto della recidiva reiterata

La questione centrale sottoposta alla Suprema Corte era se la recidiva reiterata, qualificata come circostanza aggravante a effetto speciale, potesse legittimamente produrre un duplice effetto sul computo della prescrizione. In particolare, si discuteva se l’aumento del termine prescrizionale previsto dall’art. 157, secondo comma, del codice penale, si sommasse all’ulteriore estensione massima prevista dall’art. 161, secondo comma, in caso di interruzione del corso della prescrizione.

L’imputato sosteneva un orientamento giurisprudenziale minoritario secondo cui tale meccanismo avrebbe comportato un’ingiusta duplicazione sanzionatoria, in violazione del principio del ‘ne bis in idem’ sostanziale, anche alla luce dell’interpretazione fornita dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, rigettando completamente la tesi difensiva. Gli Ermellini hanno confermato l’orientamento maggioritario e consolidato, secondo cui la recidiva reiterata incide legittimamente su entrambi i fronti del calcolo prescrizionale.

Innanzitutto, la Corte ha spiegato che la recidiva, in quanto circostanza a effetto speciale, incide sul calcolo del termine prescrizionale minimo del reato, come previsto dall’art. 157 c.p. Successivamente, in presenza di atti che interrompono la prescrizione (come un decreto di citazione a giudizio), la stessa recidiva impedisce che l’estensione del termine massimo possa essere contenuta entro i limiti ordinari, consentendo un allungamento maggiore come stabilito dall’art. 161 c.p.

La Corte ha chiarito che questa ‘duplice valenza’ non costituisce una violazione del ‘ne bis in idem’. Il principio, infatti, vieta un doppio processo o una doppia condanna per il medesimo fatto storico, mentre l’istituto della prescrizione e le sue modalità di calcolo attengono a logiche procedurali e di politica criminale, volte a bilanciare l’interesse dello Stato a perseguire i reati con il diritto del cittadino a non rimanere indefinitamente sotto processo. La Corte ha inoltre specificato che l’ambito di tutela del ‘ne bis in idem’, come interpretato dalla giurisprudenza europea (caso Zolotoukhine c. Russia), non si estende all’istituto della prescrizione.

Di conseguenza, è stato ritenuto corretto il calcolo effettuato dalla Corte d’Appello, che aveva determinato il termine di prescrizione in 16 anni e 8 mesi, partendo da una pena massima di 6 anni, aumentata per la recidiva e ulteriormente estesa per effetto dell’interruzione.

Conclusioni

La decisione della Suprema Corte consolida un principio fondamentale nel calcolo della prescrizione per i soggetti recidivi. Viene definitivamente chiarito che la recidiva reiterata produce un doppio effetto, aggravando sia il termine base sia il tetto massimo in caso di interruzioni, senza che ciò possa essere considerato una duplicazione sanzionatoria illegittima. Questa ordinanza rappresenta un importante punto di riferimento per gli operatori del diritto, confermando un approccio rigoroso nei confronti di chi delinque ripetutamente e sottolineando la specifica funzione della recidiva nel sistema penale.

La recidiva reiterata come incide sul calcolo della prescrizione?
Secondo la Cassazione, la recidiva reiterata, essendo una circostanza a effetto speciale, incide doppiamente: aumenta sia il termine minimo di prescrizione previsto dall’art. 157 c.p., sia il termine massimo in caso di atti interruttivi, come disciplinato dall’art. 161 c.p.

Questo doppio effetto della recidiva viola il principio del ‘ne bis in idem’?
No. La Corte ha stabilito che la duplice incidenza della recidiva sul calcolo della prescrizione non viola il principio del ‘ne bis in idem’, poiché tale principio riguarda il divieto di un doppio processo per lo stesso fatto, mentre la prescrizione è un istituto di natura procedurale.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione sul ricorso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato, confermando la correttezza del calcolo della prescrizione effettuato dalla Corte d’Appello e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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