Recidiva Reiterata e Prescrizione: L’Ordinanza della Cassazione
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema di fondamentale importanza nel diritto penale: l’incidenza della recidiva reiterata sul calcolo dei termini di prescrizione del reato. Questa decisione ribadisce un principio consolidato, sottolineando come la carriera criminale di un imputato possa avere conseguenze dirette sull’estinzione del reato per decorso del tempo. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia per comprenderne la portata e le implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso Giudiziario
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato in Corte d’Appello per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.). La condanna era aggravata dalla contestazione della recidiva reiterata, prevista dall’articolo 99, quarto comma, del codice penale. L’imputato, attraverso il suo difensore, ha basato il suo ricorso in Cassazione su un unico motivo: la presunta erronea applicazione delle norme sulla prescrizione. A suo avviso, il reato avrebbe dovuto essere dichiarato estinto per il decorso del tempo, lamentando la violazione degli articoli 157 e 161 del codice penale.
La Decisione della Corte di Cassazione e l’impatto della Recidiva Reiterata
La Suprema Corte ha respinto categoricamente le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un punto cruciale: il corretto calcolo dei termini di prescrizione effettuato dal giudice di merito. La Corte ha chiarito che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, i termini non erano affatto spirati.
Il Ruolo Determinante della Recidiva
Il fulcro della questione risiede proprio nella contestazione e nel riconoscimento della recidiva reiterata. Questa specifica aggravante comporta un significativo aumento dei termini di prescrizione del reato. La Corte ha evidenziato come le tesi del ricorrente si ponessero in “palese contrasto” non solo con il dato normativo, ma anche con la “consolidata giurisprudenza di legittimità”.
Le Motivazioni della Corte
Nelle motivazioni, i Giudici di legittimità hanno definito il motivo di ricorso come “manifestamente infondato”. La doglianza relativa alla mancata applicazione della prescrizione è stata giudicata insostenibile proprio alla luce della recidiva contestata e riconosciuta nei precedenti gradi di giudizio. La Corte ha ribadito che la presenza di tale aggravante incide direttamente sul calcolo temporale necessario ad estinguere il reato. A supporto della propria decisione, è stato richiamato un precedente specifico e recente (Sez. 4, n. 44610 del 21/09/2023), a testimonianza di un orientamento giurisprudenziale ormai stabile. Di conseguenza, essendo il calcolo della prescrizione effettuato correttamente, il ricorso non poteva che essere dichiarato inammissibile.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in esame conferma con fermezza un principio cardine del nostro ordinamento penale: la recidiva reiterata non è una mera formalità, ma una circostanza con effetti sostanziali e procedurali di grande rilievo. Per i professionisti del diritto e per i cittadini, il messaggio è chiaro: la valutazione della storia criminale di un imputato è determinante per stabilire la tempistica della risposta sanzionatoria dello Stato. Questa pronuncia serve da monito, ribadendo che la commissione di nuovi reati da parte di chi è già stato condannato in passato allunga i tempi della giustizia, rendendo più difficile l’estinzione del reato per il semplice trascorrere del tempo. La conseguenza della declaratoria di inammissibilità, inoltre, è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
 
In che modo la recidiva reiterata influisce sulla prescrizione di un reato?
Secondo la Corte di Cassazione, la recidiva reiterata contestata e riconosciuta impedisce l’applicazione dei termini di prescrizione più brevi. Di conseguenza, il tempo necessario per estinguere il reato è significativamente più lungo rispetto ai casi senza recidiva.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni presentate erano manifestamente infondate e in palese contrasto con la normativa vigente e la consolidata giurisprudenza in materia di prescrizione e recidiva.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33564 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 33564  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a ARTENA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/12/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME, ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con cui si deduce la ricorrenza del vizio di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione posta a fondamento della responsabilità del ricorrente per il reato di cui all’art. 648 cod. pen., aggravato dalla recidiva reiterata di cui all’art. 99, comma quarto cod. pen., deve ritenersi manifestamente infondato, perché prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità, poiché, nella specie, ha denunciato la mancata applicazione della prescrizione in palese contrasto con quanto disposto agli artt. 157, comma secondo e 161, comma secondo cod. pen.;
ritenuto che, il giudice di merito ha correttamente effettuato il calcolo dei termini di prescrizione, che, in ragione della recidiva contestata e riconosciuta, devono ritenersi non ancora spirati (sul punto, di recente, Sez. 4, n. 44610 del 21/09/2023, Bisiccé, Rv. 285267 – 01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 12 settembre 2025.