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Recidiva reiterata e prescrizione: la Cassazione

Un uomo, condannato per furto in appartamento ed evasione, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo l’avvenuta prescrizione dei reati. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, chiarendo che la contestazione della recidiva reiterata comporta un significativo aumento dei termini di prescrizione, rendendoli non ancora decorsi. La sentenza ha inoltre confermato la correttezza dell’aumento di pena applicato in appello, motivato dalla gravità dei fatti e dai numerosi precedenti penali dell’imputato.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Reiterata: Come Cambia la Prescrizione e la Pena

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 37959 del 2025, offre un’importante lezione su come la recidiva reiterata influenzi due aspetti cruciali del processo penale: la prescrizione del reato e la determinazione della pena. Questa decisione chiarisce che la condizione di recidivo aggravato non è un mero dettaglio formale, ma un elemento sostanziale che dimostra una spiccata tendenza a delinquere e, come tale, giustifica un trattamento sanzionatorio più severo e un allungamento dei tempi necessari per estinguere il reato.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo già sottoposto a detenzione domiciliare che, eludendo la sorveglianza, si allontanava per commettere un furto in un’abitazione privata insieme a un complice. I reati contestati erano, quindi, evasione e furto in appartamento, aggravato dall’uso di violenza sulle cose. All’imputato veniva inoltre contestata la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale, a causa dei suoi numerosi precedenti penali.

In primo grado, il Tribunale lo condannava a una pena relativamente mite. La Corte d’Appello, su ricorso del Procuratore Generale, riformava la sentenza, aumentando significativamente la pena. L’imputato proponeva quindi ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due aspetti: l’avvenuta prescrizione dei reati e la mancanza di motivazione sull’aumento di pena.

L’impatto della recidiva reiterata sulla prescrizione

Il motivo centrale del ricorso, ovvero l’estinzione dei reati per prescrizione, è stato seccamente respinto dalla Suprema Corte. La difesa sosteneva che i termini ordinari fossero ormai decorsi al momento della sentenza d’appello. Tuttavia, questo calcolo non teneva conto degli effetti della recidiva reiterata.

La Cassazione ha ricordato che, ai sensi dell’art. 161, comma 2, del codice penale, la presenza di tale aggravante comporta un aumento di due terzi del termine di prescrizione ordinario. Di conseguenza:

* Per il reato di furto aggravato in abitazione (art. 624-bis c.p.), la cui pena massima all’epoca dei fatti era di dieci anni, il termine di prescrizione si estendeva a sedici anni e otto mesi.
* Anche per il reato di evasione, il termine veniva proporzionalmente allungato.

Questi nuovi termini erano ben lontani dall’essere decorsi. La Corte ha quindi affermato che la prescrizione non era maturata, rendendo il motivo di ricorso manifestamente infondato.

La recidiva reiterata e la quantificazione della pena

Un altro punto contestato dalla difesa riguardava la presunta mancanza di motivazione da parte della Corte d’Appello nell’aumentare la pena. La Cassazione ha ritenuto anche questa doglianza infondata, spiegando che la decisione dei giudici di secondo grado era congrua e ben motivata.

I giudici di merito avevano correttamente evidenziato come la storia criminale dell’imputato, caratterizzata da numerosi e ravvicinati precedenti, denotasse una “personalità fortemente incline alla violazione della legge penale” e una “pericolosità attuale e accresciuta”.

La Corte ha ribadito un principio giurisprudenziale consolidato: una motivazione dettagliata sulla quantificazione della pena è necessaria solo quando questa si discosta significativamente dai minimi edittali. Nel caso di specie, la pena base per il reato più grave era stata fissata in misura di poco superiore al minimo, giustificata dalla gravità del fatto e dalla capacità a delinquere dell’imputato. L’aumento per la recidiva reiterata era, quindi, una diretta e logica conseguenza della valutazione negativa della personalità del reo.

Le motivazioni

La Corte Suprema ha basato la sua decisione su una rigorosa applicazione delle norme che regolano la recidiva e i suoi effetti. In primo luogo, ha chiarito che il giudice di primo grado, dichiarando l’imputato “colpevole di quanto ascritto”, aveva implicitamente riconosciuto tutte le aggravanti contestate, inclusa la recidiva, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa. Di conseguenza, la Corte d’Appello aveva legittimamente proceduto a una nuova e più severa quantificazione della pena.

Il cuore della motivazione risiede nell’interazione tra l’art. 99, comma 4 (recidiva reiterata) e l’art. 161, comma 2 (aumento dei termini di prescrizione). Questa combinazione normativa è stata creata dal legislatore proprio per evitare che soggetti con una carriera criminale consolidata possano beneficiare dell’estinzione del reato a causa dei tempi del processo. L’applicazione della recidiva non è stata una scelta arbitraria, ma una valutazione fondata sulla storia giudiziaria dell’imputato, che dimostrava una “sorta di abitudine delinquenziale”.

Per quanto riguarda il calcolo della pena, la Corte ha confermato che l’aumento per la continuazione tra i reati era stato addirittura inferiore al minimo di un terzo previsto dalla legge in caso di recidiva, risultando quindi in un trattamento più favorevole per l’imputato.

Le conclusioni

La sentenza in esame riafferma con forza un principio fondamentale del diritto penale: la recidiva reiterata non è un semplice orpello giuridico, ma un indicatore di pericolosità sociale che ha conseguenze concrete e pesanti sia sulla procedibilità dell’azione penale, attraverso l’allungamento della prescrizione, sia sull’entità della sanzione finale. Questa pronuncia serve da monito, sottolineando che il percorso criminale di un individuo viene attentamente valutato in ogni fase del giudizio e può precludere l’accesso a benefici come la prescrizione del reato.

La recidiva reiterata influisce sulla prescrizione del reato?
Sì, in modo significativo. Ai sensi dell’art. 161, comma 2, del codice penale, la contestazione della recidiva reiterata comporta un aumento di due terzi del termine ordinario di prescrizione del reato, rendendo molto più difficile che il reato si estingua per il semplice decorso del tempo.

Come viene calcolata la pena in presenza di recidiva e più reati commessi con un unico piano?
Il giudice individua il reato più grave e stabilisce una pena base. Su questa pena, applica gli aumenti per le aggravanti, inclusa la recidiva. Infine, aumenta ulteriormente la pena così determinata per i reati cosiddetti ‘satellite’, commessi in continuazione, in una misura che per legge non può essere inferiore a un terzo in caso di recidiva reiterata.

Il giudice deve sempre motivare in modo dettagliato l’aumento di pena?
Una motivazione specifica e dettagliata è richiesta soprattutto quando la pena si allontana notevolmente dal minimo previsto dalla legge. Se la pena base è fissata in una misura di poco superiore al minimo, come in questo caso, il giudice può motivare la sua scelta facendo riferimento a criteri generali come la gravità del fatto e la capacità a delinquere dell’imputato, desunta dai suoi precedenti penali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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