Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 37959 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 37959 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/01/2025 della Corte d’appello di Catania Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere estinti per prescrizione i reati ascritti all’imputato .
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14 gennaio 2025, la Corte di appello di Catania ha respinto l ‘ appello proposto dal difensore di NOME COGNOME e ha accolto l ‘ appello proposto dal AVV_NOTAIO generale della Repubblica contro la sentenza emessa dal Tribunale di Catania in data 24 febbraio 2022. Per l ‘ effetto, ha riformato questa sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio e ha determinato la pena in anni tre, mesi nove di reclusione ed € 375,00 di multa a fronte della pena di anni uno, mesi otto di reclusione ed € 500 di multa inflitta in primo grado.
Contro la sentenza della Corte di appello, NOME COGNOME ha proposto tempestivo ricorso per mezzo del difensore di fiducia. Il ricorso si articola in tre motivi che di seguito si riportano, nei limiti strettamente necessari alla decisione, come previsto dall ‘ art. 173, comma 1, d.lgs. 28 luglio 1989 n. 271.
2.1. Col primo motivo, la difesa deduce violazione dell ‘ art. 597 cod. proc. pen. sostenendo che, in presenza di un appello del PG che aveva ad oggetto soltanto il trattamento sanzionatorio, la Corte di appello avrebbe ritenuto sussistente una aggravante (quella di cui all ‘ art. 625, comma 2, cod. pen.) che -sia pure in termini non espliciti perché la motivazione della sentenza di primo grado è scarna -era stata esclusa dal Tribunale. La sentenza di primo grado, infatti, ha valutato «gli elementi di cui all ‘ art. 133 cod. pen.», ha «tenuto conto dei precedenti numerosi dell ‘ imputato» (così testualmente pag. 2 della motivazione) e ha determinato la pena base nella misura di anni uno, mesi otto di reclusione ed € 500 di multa, di poco superiore al minimo edittale previsto dall ‘ ipotesi non aggravata dell ‘ art. 624 bis cod. pen., senza mai fare riferimento, nel corpo della motivazione, all ‘ aggravante dell ‘ aver commesso il fatto con violenza sulle cose (pur contestata nel capo di imputazione).
2.2. Col secondo motivo, la difesa deduce inosservanza o erronea applicazione dell ‘ art. 157 cod. pen. per non avere la Corte dichiarato la prescrizione dei reati oggetto di imputazione. In tesi difensiva, quando la sentenza di appello è stata pronunciata, il termine di prescrizione era già maturato, sia in relazione al reato di cui all ‘ art. 385 cod. pen. (capo b), sia in relazione al furto in appartamento di cui al capo a). Con riferimento a quest ‘ ultimo capo la difesa ribadisce che (come illustrato nel primo motivo) il Tribunale ha ritenuto la violazione dell ‘ art. 625 bis , comma 1, cod. pen. e ha escluso l ‘ aggravante di cui all ‘ art. 625 n. 2) cod. pen. Sostiene, inoltre, che la scarna motivazione della sentenza di primo grado consente di escludere che la contestata recidiva sia stata applicata e se ne sia tenuto conto nel calcolo della pena.
2.3. Col terzo motivo, la difesa deduce vizio di motivazione della sentenza impugnata sia in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti, sia con riguardo all ‘ aumento per continuazione, sia con riferimento all ‘ aumento di pena per recidiva, che è stato operato nella misura massima consentita senza fornire di ciò motivazione alcuna.
Con memoria scritta tempestivamente depositata il PG, in persona del AVV_NOTAIO, ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere estinti per prescrizione i reati ascritti all’imputato.
Ha rilevato a tal fine che, dal calcolo della pena eseguito dal Tribunale, «sembra evidente non un errore nella scelta della pena base, ma il riferimento alla pena prevista per il reato semplice con aumento per la continuazione e l’indicazione solo formale dell’art. 99 c.p., senza alcun aumento conseguente ».
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
NOME COGNOME è stato tratto a giudizio per rispondere del reato di cui agli artt. 110, 624 bis , comma 1 n. 3, in relazione all ‘ art. 625 n. 2 cod. pen. commesso il 4 febbraio 2016 (capo a) e del reato di cui all ‘ art. 385 cod. pen. commesso «il 3 e 4 febbraio 2016» (capo b).
Come risulta con chiarezza dalla lettura della imputazione, COGNOME è stato accusato di essersi allontanato dal luogo di detenzione domiciliare sito in Catania per noleggiare un ‘ autovettura, di essersi poi recato a Belpasso alla guida di questa autovettura e di essersi introdotto, insieme a un complice non identificato, nell ‘abitazione di NOME COGNOME, impossessandosi di € 700 in contanti, di un televisore, di un I-pod e di un orologio. Al capo a) è stata contestata in termini espliciti l ‘ aggravante di «aver commesso il fatto con violenza sulle cose». Con riferimento ad entrambi i capi di imputazione è stata contestata l ‘ aggravante della recidiva «specifica, reiterata, infraquinquennale». All ‘ esito del giudizio di primo grado l ‘ imputato è stato dichiarato «colpevole di quanto ascritto». Il Tribunale ha ritenuto i reati uniti dal vincolo della continuazione, ha escluso la sussistenza di «elementi che giustifichino attenuanti di sorta» e ha determinato la pena nella misura di anni due di reclusione ed € 700,00 di multa. Nella concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto sui quali la decisione di primo grado è fondata (della quale è stata data lettura in udienza ai sensi dell ‘ art. 544, comma 1, cod. proc. pen.) la decisione sul trattamento sanzionatorio è stata così testualmente spiegata: «pena equa, valutati gli elementi di cui all ‘ art. 133 cp, tenuto conto dei precedenti numerosi dell ‘ imputato, unificate le azioni ex art. 81 cp, si ritiene nella misura di anni due di reclusione ed euro 700,00 di multa (p.b. anni uno e mesi otto ed euro 500,00 + art. 81 e art. 99 cp alla pena definitiva)».
La sentenza è stata appellata sia dal difensore dell ‘ imputato che dal AVV_NOTAIO generale della Repubblica presso la Corte di appello di Catania. Né il difensore dell ‘ imputato, né il PG hanno formulato rilievi con riferimento alla affermazione della penale responsabilità e alla qualificazione giuridica del fatto: il difensore ha chiesto che la pena inflitta dal Tribunale fosse ridotta e ha chiesto
l ‘ applicazione delle attenuanti generiche «in misura equivalente alle contestate aggravanti e alla recidiva» (pag. 1 dell ‘ atto di appello); il PG ha sostenuto che la pena era stata determinata in violazione di legge e, in particolare, che la pena base era inferiore al minimo edittale previsto dall ‘ art. 624 bis , comma 3, cod. pen., che non era stato operato l ‘ aumento per la recidiva e che l ‘ aumento per continuazione era stato determinato in misura inferiore a un terzo in violazione dell ‘ art. 81, comma 4, cod. pen.
3. Da quanto esposto emerge che la Corte di appello non è stata chiamata ad occuparsi della qualificazione giuridica del fatto di cui al capo a) non essendovi stata contestazione alcuna sulla sussistenza dell ‘ aggravante. Nel capo di imputazione si fa riferimento esplicito all ‘ art. 624 bis, comma 3, in relazione all ‘ art. 625 n. 2 cod. pen. e al fatto che il furto fu commesso «con violenza sulle cose». Non si può dubitare che il Tribunale abbia ritenuto la responsabilità dell ‘ imputato per il furto aggravato: il dispositivo della sentenza è inequivoco in tal senso (recita testualmente: «dichiara COGNOME NOME colpevole di quanto ascritto») e in tal senso è stato interpretato anche dalla difesa del ricorrente che, nel proporre appello, ha chiesto l ‘ applicazione delle attenuanti generiche «in misura equivalente» alle aggravanti e alla recidiva senza chiedere l ‘ esclusione dell ‘ aggravante contestata, senza dolersi che la sentenza di primo grado l ‘ avesse ritenuta sussistente e senza formulare rilievi sul fatto che tale decisione non fosse stata congruamente motivata.
Conclusioni analoghe si impongono quanto all ‘ argomentazione secondo la quale il giudice di primo grado avrebbe escluso la recidiva. Che il Tribunale abbia inteso fare applicazione dell ‘ art. 99 cod. pen., infatti, emerge sia dal dispositivo -nel quale questa circostanza non è esclusa -sia dalla motivazione, nella quale è specificato che la pena base di anni uno, mesi otto di reclusione ed € 500 di multa è aumentata alla pena finale di anni due di reclusione ed € 700 di multa ai sensi degli artt. 81 e 99 cod. pen.
4. Nel respingere l ‘ appello dell ‘ imputato, la Corte territoriale ha sostenuto che il percorso di disintossicazione intrapreso da COGNOME non fosse sufficiente a giustificare l ‘ applicazione delle attenuanti generiche sottolineando che, per commettere il furto di cui al capo a), l ‘ imputato si è allontanato arbitrariamente dal luogo di detenzione. Ha affermato, inoltre, che i numerosi precedenti, per reati temporalmente non distanti da quelli oggetto di imputazione, portano a considerare questi reati come espressione di una «pericolosità attuale e accresciuta» e sono indicativi di una «personalità fortemente incline alla violazione
della legge penale». Ha spiegato, così, le ragioni per le quali ha ritenuto che la recidiva non potesse essere disapplicata e le attenuanti generiche non potessero essere concesse e lo ha fatto sviluppando una motivazione congrua, scevra da profili di contraddittorietà o manifesta illogicità che non può essere sindacata in questa sede di legittimità.
L ‘ applicazione della recidiva di cui all ‘ art. 99, comma 4, cod. pen. rende manifestamente infondato anche il secondo motivo di ricorso.
In caso di recidiva reiterata, infatti, ai sensi dell ‘ art. 161, comma 2, cod. pen., per effetto degli atti interruttivi, il termine ordinario di anni sei, previsto dall ‘ art. 157, comma 1, cod. pen. per la prescrizione del reato di evasione contestato al capo b), deve essere aumentato di due terzi. Ne consegue che, anche senza tenere conto dei periodi nei quali il corso della prescrizione è rimasto sospeso, il reato di evasione (commesso il 3 e 4 febbraio 2016) non è prescritto. Quanto al reato di cui al capo a), all ‘ epoca dei fatti, la pena edittale massima prevista per la violazione dell ‘ art. 624 bis , comma 3, cod. pen. era di anni dieci di reclusione. Anche in questo caso, per effetto degli atti interruttivi, il termine prescrizionale deve essere aumentato di due terzi. Di conseguenza, è pari ad anni sedici e mesi otto ed è ben lontano dal decorrere, senza che sia necessario tenere conto dei periodi di sospensione.
Col terzo motivo, la difesa si duole che, la Corte di appello non abbia fornito motivazione adeguata delle ragioni per le quali ha determinato la pena nella misura di anni sei, mesi otto di reclusione ed € 667 di multa.
Si è già detto che la scelta di non applicare le attenuanti generiche e di non escludere l ‘ applicazione della recidiva è stata congruamente motivata.
Si deve rilevare allora che, nel determinare la pena base per il reato di cui al capo a), ritenuto più grave, la Corte di appello l ‘ ha indicata in anni tre, mesi nove di reclusione ed € 375 di multa : una pena di poco superiore al minimo edittale previsto all ‘ epoca dei fatti dall ‘ art. 624 bis , comma 3, cod. pen. (anni tre di reclusione ed € 206 di multa).
Poiché questa è la pena indicata, la Corte di appello ha assolto al proprio obbligo di motivazione dando conto dell ‘ impiego dei criteri di cui all ‘ art. 133 cod. pen. e richiamando la gravità del reato e la capacità a delinquere. Secondo un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, infatti, una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito è necessaria soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Rv. 271243; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, Rv. 256197).
Avendo ritenuto applicabile la recidiva, la Corte di appello ha fatto applicazione del criterio moderatore di cui all ‘ art. 63, comma 4, cod. pen.: ha ritenuto più grave, tra le due aggravanti ad effetto speciale contestate, quella di cui all ‘ art. 624 bis , comma 3, cod. pen. e non ha operato l ‘ aumento per recidiva nella misura di due terzi, indicata dall ‘ art. 99 comma 4, cod. pen. Ha ritenuto, però, che l ‘ aumento (indicato come facoltativo dal citato art. 63, comma 4) dovesse essere operato nella misura massima di un terzo e la difesa si duole di tale scelta, sostenendo che non sarebbe stata motivata.
La sentenza impugnata, tuttavia, non si è limitata a dare atto che, nel caso concreto, l’aggravante della recidiva doveva trovare applicazione ; ha anche sottolineato il particolare disvalore connesso a questa circostanza. Ha rilevato, infatti (pag. 2), che l ‘ imputato «annovera svariati precedenti penali per reati separati cronologicamente da quello per cui si procede da un non lungo iato temporale» e «la storia giudiziaria dell ‘ imputato denota, in modo evidente, una personalità versata alla violazione della legge penale», sicché «la commissione del fatto per cui è processo si inserisce in una consolidata sequenza criminale che, nel confermare una sorta di abitudine delinquenziale, costituisce espressione di una pericolosità attuale ed accresciuta». L’entità dell’aumento, dunque, è stata congruamente motivata e tale motivazione non presenta profili di contraddittorietà o manifesta illogicità.
Quanto all ‘ aumento per continuazione, essendo stata applicata la recidiva reiterata, ai sensi dell ‘ art. 81, comma 4, cod. pen., tale aumento non avrebbe potuto essere inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave e, a ben guardare, l ‘ aumento operato è stato inferiore a questo limite. Per giurisprudenza costante, infatti, « i n tema di continuazione tra reati commessi da soggetti cui sia stata applicata la recidiva di cui all ‘ art. 99, comma quarto, cod. pen., l ‘ aumento ex art. 81, comma quarto, cod. pen., deve essere applicato sulla pena già aumentata per effetto della recidiva stessa.» (Sez. 2, n. 49488 del 14/11/2014, Rv. 261055; Sez. 2, n. 44366 del 26/11/2010, Rv. 249062; Sez. 4, n. 21043 del 22/03/2018, Rv. 272745). Nel caso di specie, la pena applicata per il reato di cui al capo a), aumentata per effetto della recidiva, è pari ad anni cinque di reclusione ed € 500 di multa , sicché l ‘ aumento per continuazione avrebbe dovuto essere operato nella misura di un terzo di questa pena (anni uno, mesi dieci di reclusione ed € 167 di multa) mentre è stato operato nella misura di anni uno, mesi otto di reclusione ed € 167 di multa.
6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 21 ottobre 2025
Il AVV_NOTAIO estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME