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Recidiva reiterata e documenti falsi: il no della Corte

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4587/2024, ha affrontato il tema della recidiva reiterata nel contesto del reato di possesso di documenti di identificazione falsi (art. 497 bis c.p.). Un imputato, già condannato in appello, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale riguardo all’art. 69, comma 4, c.p., che vieta al giudice di considerare le attenuanti generiche come prevalenti sulla recidiva reiterata. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che, per questo specifico reato, il divieto non è irragionevole né sproporzionato. La sanzione prevista dall’art. 497 bis c.p. offre al giudice sufficiente discrezionalità per commisurare una pena adeguata, senza che sia necessario disapplicare la norma sul bilanciamento delle circostanze.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Reiterata e Possesso di Documenti Falsi: La Cassazione Conferma la Norma

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 4587/2024, si è pronunciata su un tema cruciale del diritto penale: il rapporto tra la recidiva reiterata e le circostanze attenuanti. La questione centrale verteva sulla legittimità costituzionale del divieto, per il giudice, di far prevalere le attenuanti generiche sull’aggravante della recidiva reiterata nel caso specifico del reato di possesso di documenti di identificazione falsi. La decisione conferma la solidità della normativa vigente, delineando i confini entro cui la discrezionalità del giudice può operare.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato sia in primo grado che in appello per aver detenuto ed esibito una patente di guida e una carta d’identità false, recanti la propria fotografia. All’imputato erano state concesse le circostanze attenuanti generiche, ma solo in regime di equivalenza con la contestata recidiva reiterata, e non di prevalenza, come richiesto dalla difesa. Questo bilanciamento ha impedito una riduzione più significativa della pena, fissata a un anno, nove mesi e dieci giorni di reclusione.

Il Motivo del Ricorso: La Costituzionalità del Divieto di Prevalenza

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando un’eccezione di legittimità costituzionale dell’art. 69, quarto comma, del codice penale. Secondo il ricorrente, questa norma, vietando la prevalenza delle attenuanti sulla recidiva reiterata, creerebbe un automatismo sanzionatorio irragionevole, in contrasto con i principi di offensività e proporzionalità della pena sanciti dagli articoli 25 e 27 della Costituzione.

La tesi difensiva sosteneva che la non particolare gravità del fatto (‘semplice uso di documenti falsi’) renderebbe sproporzionata l’impossibilità di applicare una pena più mite. Venivano citate diverse pronunce della Corte Costituzionale che, in passato, avevano dichiarato illegittima la medesima norma in relazione ad altri reati.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso infondato, respingendo la questione di legittimità costituzionale. Il ragionamento dei giudici si è sviluppato analizzando l’evoluzione della giurisprudenza costituzionale sul tema e applicandola al caso di specie.

L’Evoluzione della Giurisprudenza Costituzionale sulla Recidiva Reiterata

La Cassazione ha ricordato che la Corte Costituzionale è intervenuta più volte per dichiarare l’illegittimità del divieto di prevalenza delle attenuanti sulla recidiva reiterata. Tuttavia, questi interventi hanno riguardato casi specifici e ben circostanziati. Si trattava, ad esempio, di attenuanti a effetto speciale (che comportano una diminuzione di pena superiore a un terzo) o di attenuanti comuni con una particolare ‘funzione di necessario riequilibrio del trattamento sanzionatorio’.

Un esempio è il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione, per cui la legge prevede pene altissime. In quel contesto, l’attenuante del ‘fatto di lieve entità’ è essenziale per garantire una pena proporzionata a condotte meno gravi. In questi scenari, il divieto di prevalenza è stato ritenuto incostituzionale perché creava una pena sproporzionata.

L’Assenza di Irragionevolezza per il Reato di Possesso di Documenti Falsi

Nel caso del reato previsto dall’art. 497 bis c.p. (possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi), la Corte ha stabilito che non sussistono le medesime esigenze di riequilibrio. La forbice edittale per questo reato, che va da due a cinque anni di reclusione, è considerata sufficientemente ampia da consentire al giudice un’adeguata discrezionalità.

Il giudice può calibrare la pena in base alla gravità concreta del fatto, anche in presenza di una recidiva reiterata, senza che ciò si traduca in una sanzione manifestamente sproporzionata. La norma, quindi, non viola i principi costituzionali di offensività e proporzionalità, poiché la pena può essere resa adeguata alla personalità del reo e alla gravità del reato commesso.

Le Conclusioni

La Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la condanna. La sentenza ribadisce un principio fondamentale: il divieto di prevalenza delle attenuanti sulla recidiva reiterata non è incostituzionale in sé, ma la sua legittimità deve essere valutata in relazione alla specifica fattispecie di reato. Per il possesso di documenti falsi, la struttura sanzionatoria prevista dal legislatore è stata ritenuta idonea a garantire una pena giusta ed equilibrata, senza necessità di derogare alla regola generale sul bilanciamento delle circostanze.

Cosa comporta la recidiva reiterata nel calcolo della pena?
La recidiva reiterata è una circostanza aggravante che, secondo l’art. 69, comma 4, c.p., impedisce al giudice di considerare le circostanze attenuanti come prevalenti nel giudizio di bilanciamento. Le attenuanti possono essere al massimo considerate equivalenti, il che limita la possibilità di una riduzione della pena.

La regola sul divieto di prevalenza delle attenuanti sulla recidiva reiterata è sempre legittima?
No, non sempre. La Corte Costituzionale ha dichiarato questa regola illegittima in diversi casi specifici, specialmente per reati con pene molto severe o quando le attenuanti hanno una funzione essenziale di riequilibrio per garantire la proporzionalità della pena. La sua legittimità va quindi valutata caso per caso, in relazione al singolo reato.

Perché nel caso del possesso di documenti falsi (art. 497 bis c.p.) il divieto è stato ritenuto legittimo?
La Corte di Cassazione ha ritenuto il divieto legittimo perché la pena prevista per questo reato (reclusione da due a cinque anni) offre al giudice un margine di discrezionalità sufficiente per adeguare la sanzione alla gravità effettiva del fatto. Non si ravvisa quindi un’esigenza di ‘riequilibrio sanzionatorio’ tale da giustificare una deroga alla regola generale, e la norma non risulta né manifestamente irragionevole né arbitraria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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