Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31620 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31620 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a LANCIANO il 13/09/1976
avverso la sentenza del 10/12/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
,
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 10 dicembre 2024 la Corte di appello di Roma – per quanto di specifico interesse in questa sede – ha confermato la pronuncia del Tribunale di Civitavecchia del 10 giugno 2024 con cui NOME COGNOME era stato condannato alla pena di anni tre, mesi sei di reclusione ed euro 1.400,00 di multa in ordine ai reati di cui agli artt. 110, 624-bis, comma 3, cod. pen. (capo A); 110, 56, 624-bis, comma 3, cod. pen. (capo B); con la recidiva reiterata e specifica.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con due distinti motivi: illegittimità costituzionale dell’art. 69, comma 4, cod. pen. nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante dell’art. 62 n. 6 cod. pen. sulla recidiva ex art. 99, comma 4, cod. pen.; violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata esclusione della recidiva aggravata.
Il difensore ha depositato successiva memoria scritta con cui ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riguardo alla prima censura, assume rilievo, in termini troncanti, il principio espresso da questa Corte di legittimità – ben estensibile alla fattispecie in esame – per cui è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, comma quarto, cod. pen. per contrasto con gli artt. 3, 25 e 27 Cost., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva reiterata di cui all’art. 99, comma quarto, cod. pen., trattandosi di disposizione derogatoria all’ordinaria disciplina del bilanciamento, non trasmodante nella manifesta irragionevolezza o nell’arbitrio, in quanto riferita ad un’attenuante comune che, come tale, non ha la funzione di correggere la sproporzione del trattamento sanzionatorio, ma di valorizzare, in misura contenuta, la componente soggettiva del reato qualificata dalla plurima ricaduta del reo in condotte trasgressive di precetti penalmente sanzionati (così, espressamente, Sez. 3, n. 29723 del 22/05/2024, COGNOME, Rv. 286747-01).
2.2. Parimenti inammissibile è la seconda doglianza eccepita da parte del ricorrente, essendo essa priva di adeguato confronto con le argomentazioni presenti nella decisione impugnata (cfr. pag. 5) in ordine alla ricorrenza della contestata recidiva. Quest’ultima, infatti, appare lineare e congrua, oltre che
priva di contraddizioni evidenti, e quindi inidonea ad essere sottoposta al sindacato di legittimità.
Essa si conforma, in particolare, ai principi che regolano il fondamento degli aumenti di pena previsti a carico del condannato, non essendosi limitata a dedurre la pericolosità sociale del prevenuto dal mero fatto descrittivo dell’esistenza di precedenti specifici, ma che ha in concreto esaminato, sulla scorta dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto cui si procede e le precedenti condanne, in particolare verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato (così, tra le tante, Sez. 3, n. 33299 del 16/11/2016, COGNOME, Rv. 270419-01; ma cfr. anche, in termini conformi, Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, P.G., COGNOME, Rv. 247838-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma 1’8 luglio 2025
Il Consigliere estensore
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