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Recidiva reiterata e attenuanti: la decisione Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto aggravato. La Corte ha stabilito che la questione di legittimità costituzionale dell’art. 69 c.p., che vieta la prevalenza delle attenuanti sulla recidiva reiterata, è manifestamente infondata. Inoltre, ha confermato che la valutazione della recidiva deve basarsi su un’analisi concreta della perdurante inclinazione al delitto e non solo sulla presenza di precedenti penali.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Reiterata e Attenuanti: la Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: il rapporto tra le circostanze attenuanti e la recidiva reiterata. Questa decisione chiarisce i limiti del cosiddetto ‘bilanciamento delle circostanze’, confermando la rigidità della legge nei confronti di chi delinque ripetutamente. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante provvedimento per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un individuo a tre anni e sei mesi di reclusione, oltre a una multa, per i reati di furto aggravato e tentato furto aggravato in concorso. A pesare sulla determinazione della pena è stata la contestazione, da parte dei giudici di merito, della recidiva reiterata e specifica. L’imputato, non condividendo la decisione della Corte d’Appello che aveva confermato la sentenza di primo grado, ha proposto ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso

La difesa dell’imputato ha basato il proprio ricorso su due argomenti principali:

1. Illegittimità Costituzionale: Si sosteneva l’incostituzionalità dell’articolo 69, comma 4, del codice penale. Questa norma vieta al giudice di considerare le circostanze attenuanti come prevalenti sulla recidiva reiterata, limitando di fatto il potere discrezionale nella commisurazione della pena.
2. Errata Applicazione della Legge: In subordine, si chiedeva l’esclusione della recidiva stessa, contestando la motivazione con cui i giudici di merito l’avevano ritenuta sussistente.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto entrambe le censure, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza dell’imputato, ma si concentra sulla correttezza giuridica dei motivi presentati. Di conseguenza, la condanna è diventata definitiva e l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha fornito una motivazione dettagliata e precisa per giustificare l’inammissibilità del ricorso, affrontando separatamente i due punti sollevati dalla difesa.

Sulla Questione di Legittimità Costituzionale

In merito al primo motivo, i giudici hanno ritenuto la questione di legittimità costituzionale manifestamente infondata. Hanno spiegato che il divieto di prevalenza delle attenuanti sulla recidiva reiterata (art. 69, comma 4, c.p.) rappresenta una scelta del legislatore. Sebbene sia una deroga alla disciplina ordinaria del bilanciamento, non è considerata manifestamente irragionevole o arbitraria. La norma, infatti, si applica a chi dimostra una particolare inclinazione a delinquere, e il trattamento sanzionatorio più severo è giustificato da questa maggiore pericolosità sociale. La Corte ha richiamato un suo precedente orientamento, sottolineando come la regola miri a valorizzare la componente soggettiva del reato, qualificata dalla ‘plurima ricaduta del reo in condotte trasgressive’.

Sulla Mancata Esclusione della Recidiva

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che la difesa non si è confrontata adeguatamente con le argomentazioni della sentenza impugnata. I giudici di merito, infatti, non si erano limitati a prendere atto dei precedenti penali dell’imputato. Al contrario, avevano condotto un’analisi approfondita, in linea con i principi dettati dalle Sezioni Unite. Avevano esaminato il rapporto specifico tra il reato per cui si procedeva e le condanne precedenti, valutando, sulla base dei criteri dell’art. 133 c.p., se la condotta passata fosse indicativa di una ‘perdurante inclinazione al delitto’ che avesse agito come fattore criminogeno nella commissione del nuovo reato. La motivazione della Corte d’Appello è stata quindi ritenuta lineare, congrua e immune da vizi logici.

Le Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione ribadisce due principi fondamentali. In primo luogo, la norma che impedisce alle attenuanti di ‘vincere’ sulla recidiva reiterata è pienamente legittima e costituisce una precisa scelta di politica criminale volta a sanzionare più duramente chi persevera nel commettere reati. In secondo luogo, la contestazione della recidiva non è un automatismo legato ai precedenti penali, ma richiede una valutazione concreta e motivata da parte del giudice, che deve accertare un collegamento sintomatico tra i vecchi e i nuovi reati, tale da rivelare una maggiore pericolosità del reo. La decisione consolida un orientamento rigoroso che attribuisce un peso significativo alla storia criminale dell’imputato nel processo di determinazione della pena.

Una circostanza attenuante può essere considerata prevalente sulla recidiva reiterata?
No, in base all’art. 69, comma 4, del codice penale, il giudice non può ritenere prevalenti le circostanze attenuanti rispetto all’aggravante della recidiva reiterata. Può al massimo dichiararle equivalenti, ma non può applicare la diminuzione di pena prevista per le attenuanti.

La norma che vieta la prevalenza delle attenuanti sulla recidiva reiterata è costituzionale?
Sì, secondo la Corte di Cassazione la questione è manifestamente infondata. La Corte ritiene che questa regola, pur essendo una deroga alla disciplina ordinaria, non sia irragionevole né arbitraria, ma una scelta legittima del legislatore per sanzionare più severamente chi dimostra una spiccata e persistente inclinazione al crimine.

Come deve essere valutata la recidiva da parte del giudice?
Il giudice non può applicare la recidiva in modo automatico basandosi solo sulla presenza di precedenti. Deve compiere una valutazione concreta, esaminando il rapporto tra il reato attuale e le condanne passate per verificare se la condotta pregressa indichi una ‘perdurante inclinazione al delitto’ che abbia influenzato la commissione del nuovo reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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