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Recidiva reiterata e attenuanti: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. L’imputato lamentava il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva reiterata. La Corte ha confermato che, ai sensi dell’art. 69 cod. pen., la recidiva reiterata osta alla prevalenza delle circostanze attenuanti, che possono al massimo essere considerate equivalenti. Il ricorso è stato quindi rigettato con condanna alle spese.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Reiterata: Quando le Attenuanti non Possono Prevalere

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale nel diritto penale riguardo al bilanciamento tra circostanze attenuanti e la recidiva reiterata. Il caso in esame, relativo a un reato di spaccio di sostanze stupefacenti, offre lo spunto per analizzare i limiti imposti al potere discrezionale del giudice nella determinazione della pena quando l’imputato ha una storia criminale consolidata. La decisione sottolinea come la legge ponga un argine invalicabile alla clemenza, anche di fronte a elementi potenzialmente favorevoli all’imputato.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato per un reato previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti (D.P.R. 309/1990), ha presentato ricorso per cassazione. Il motivo della doglianza era uno solo: un vizio di motivazione nella sentenza di secondo grado riguardo al trattamento sanzionatorio. In particolare, il ricorrente sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel considerare le circostanze attenuanti generiche semplicemente equivalenti alla recidiva reiterata e specifica contestatagli, anziché prevalenti. A suo dire, non si era tenuto adeguatamente conto del suo buon comportamento processuale e della minore gravità del fatto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della vicenda, ma si ferma a una valutazione di tipo procedurale e di legittimità. La Corte ha ritenuto che il motivo di ricorso fosse manifestamente infondato e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: il Divieto di Prevalenza sulla Recidiva Reiterata

Il cuore della pronuncia risiede nella spiegazione giuridica che sorregge la decisione di inammissibilità. La Cassazione ha evidenziato come la valutazione del giudice di merito sulla pericolosità sociale del ricorrente, desunta dai suoi numerosi precedenti penali, fosse insindacabile in sede di legittimità. I giudici avevano logicamente inferito una persistente inclinazione al delitto, osservando come l’imputato avesse ripreso l’attività di spaccio non appena rimasto privo di un reddito da lavoro.

Ma il punto determinante è puramente normativo. L’articolo 69, comma 4, del codice penale stabilisce un divieto esplicito: le circostanze attenuanti non possono mai essere considerate prevalenti sulla recidiva reiterata. In presenza di tale aggravante, il giudice può al massimo dichiarare le attenuanti equivalenti, come correttamente fatto nel caso di specie, ma non può applicare la diminuzione di pena che deriverebbe dalla loro prevalenza.

La Corte ha quindi chiarito che, una volta contestata e ritenuta sussistente la recidiva reiterata, il giudice non aveva altra scelta se non quella di negarne la subalternità rispetto alle attenuanti generiche. La decisione della Corte d’Appello era, pertanto, giuridicamente ineccepibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza ribadisce la rigidità del sistema sanzionatorio di fronte alla recidiva reiterata. Questa circostanza aggravante assume il ruolo di un vero e proprio ‘spartiacque’ che limita fortemente la discrezionalità del giudice nel cosiddetto ‘giudizio di bilanciamento’.

Per gli imputati, ciò significa che avere una storia criminale caratterizzata da questa forma di recidiva comporta una conseguenza quasi automatica: l’impossibilità di beneficiare appieno delle circostanze attenuanti. Anche elementi come la buona condotta processuale o la lieve entità del fatto, pur potendo giustificare la concessione delle attenuanti generiche, non saranno sufficienti a superare lo sbarramento legale imposto dalla recidiva. La pena finale, di conseguenza, risulterà inevitabilmente più aspra. Per la difesa, diventa essenziale concentrarsi, ove possibile, sulla contestazione della sussistenza stessa della recidiva, piuttosto che sulla sua soccombenza nel bilanciamento con le attenuanti.

Le circostanze attenuanti generiche possono sempre prevalere sulla recidiva?
No. L’ordinanza chiarisce che l’art. 69, comma 4, del codice penale, vieta espressamente la prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata. In questi casi, le attenuanti possono essere al massimo considerate equivalenti all’aggravante.

Cosa significa che un ricorso in Cassazione è dichiarato inammissibile?
Significa che il ricorso non viene esaminato nel merito dei suoi motivi perché manca dei requisiti previsti dalla legge. Questa decisione comporta la condanna definitiva del provvedimento impugnato e l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende.

La buona condotta processuale garantisce uno sconto di pena in caso di recidiva reiterata?
No, non lo garantisce. Sebbene la buona condotta possa essere un elemento valutato dal giudice per concedere le circostanze attenuanti generiche, queste ultime non potranno comunque essere considerate prevalenti sulla recidiva reiterata a causa del divieto di legge. Pertanto, l’impatto sulla riduzione della pena finale è limitato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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