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Recidiva reiterata: aumento pena e prescrizione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per traffico di stupefacenti. La sentenza chiarisce che la recidiva reiterata, anche se non specifica, comporta un aumento di pena di due terzi e non della metà. Questa interpretazione ha impedito il decorso del termine di prescrizione del reato.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Reiterata: la Cassazione fa Chiarezza su Aumento di Pena e Prescrizione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un’importante questione in materia di recidiva reiterata e le sue conseguenze sull’aumento della pena e sui termini di prescrizione. La decisione conferma che questa specifica forma di recidiva comporta un aumento di pena di due terzi, anche quando i reati precedenti non sono della stessa natura. Questo principio si rivela cruciale per impedire l’estinzione del reato per decorso del tempo.

I fatti del caso

Il caso trae origine da una condanna per traffico di sostanze stupefacenti. La vicenda processuale è stata complessa: una precedente sentenza della Cassazione aveva annullato con rinvio la decisione della Corte d’Appello, limitatamente alla qualificazione della recidiva contestata all’imputato. In particolare, era stata esclusa la “recidiva specifica”, poiché basata su una condanna divenuta irrevocabile solo dopo i fatti in giudizio.

La Corte d’Appello, in sede di rinvio, pur escludendo la natura “specifica”, aveva comunque riconosciuto la sussistenza di una recidiva reiterata ed infraquinquennale, confermando la condanna e l’aumento di pena di due terzi. Contro questa decisione, la difesa dell’imputato ha proposto un nuovo ricorso in Cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge.

I motivi del ricorso e l’analisi della recidiva reiterata

Il ricorrente ha articolato due principali motivi di doglianza:

1. Violazione del mandato della Cassazione: Secondo la difesa, la Corte d’Appello avrebbe rivalutato condanne già esaminate in precedenza, relative a reati non specifici rispetto al traffico di stupefacenti.
2. Errato calcolo dell’aumento di pena: Si sosteneva che, in assenza di recidiva specifica, l’aumento di pena avrebbe dovuto essere della metà e non di due terzi. Questa differente quantificazione avrebbe comportato il decorso del termine di prescrizione del reato.

La Corte di Cassazione ha ritenuto entrambi i motivi manifestamente infondati, dichiarando il ricorso inammissibile.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha chiarito che la Corte d’Appello ha correttamente adempiuto al mandato ricevuto. Pur escludendo la recidiva “specifica”, i giudici di merito hanno condotto un’attenta analisi dei precedenti penali dell’imputato, che includevano otto condanne per reati come introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi, ricettazione e detenzione di monete falsificate.

Secondo la Cassazione, questi precedenti, sebbene non “specifici” nel senso tecnico del termine, indicavano un’innegabile e crescente pericolosità sociale dell’imputato. Il filo conduttore di tutte le condotte illecite, compreso il traffico di stupefacenti, è stato individuato nel “movente economico” e nel fine di lucro. Questa spinta motivazionale comune ha giustificato il riconoscimento della recidiva reiterata.

Sul punto decisivo dell’aumento di pena, la Corte ha specificato che l’art. 99, quarto comma, del codice penale prevede un aumento di due terzi per la recidiva reiterata, richiamando tutti i casi previsti dal secondo comma dello stesso articolo. Pertanto, l’aumento applicato dalla Corte d’Appello era corretto e legittimo.

Conclusioni e implicazioni pratiche

La decisione in esame ribadisce un principio fondamentale: la recidiva reiterata è una circostanza aggravante di notevole peso, che comporta un trattamento sanzionatorio significativamente più aspro, con un aumento della pena di due terzi. Tale aumento si applica indipendentemente dalla natura “specifica” o meno dei reati precedenti, purché il giudice accerti un’effettiva e accresciuta pericolosità sociale del reo.

L’implicazione pratica più rilevante è l’impatto sui termini di prescrizione. L’aumento di pena incide direttamente sul tempo necessario a estinguere il reato, rendendo molto più difficile per chi ha una storia criminale consolidata beneficiare di questo istituto. La sentenza funge da monito, sottolineando come la persistenza nel commettere reati, anche di diversa natura, venga sanzionata con particolare severità dall’ordinamento giuridico.

Quale aumento di pena comporta la recidiva “reiterata ed infraquinquennale”, anche se non “specifica”?
La sentenza chiarisce che la recidiva “reiterata ed infraquinquennale” implica un aumento della pena di due terzi, come previsto dal quarto comma dell’art. 99 del codice penale, e non della metà.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché basato su doglianze manifestamente infondate. La Corte di Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello aveva correttamente applicato la legge sia nel riconoscere la recidiva reiterata (pur non specifica) sia nel calcolare il conseguente aumento di pena.

La recidiva reiterata ha impedito la prescrizione del reato in questo caso?
Sì. Il corretto inquadramento della recidiva come “reiterata” ha comportato un aumento di pena di due terzi. Tale aumento ha esteso il termine massimo di prescrizione, impedendo che questo si compisse e che il reato venisse dichiarato estinto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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