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Recidiva reiterata: appello inammissibile in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati, condannati per reati contro la pubblica amministrazione. La Corte ha stabilito che la contestazione di una recidiva reiterata specifica infraquinquennale ha esteso significativamente i termini di prescrizione, rendendo manifestamente infondata la relativa eccezione. Inoltre, ha confermato la correttezza della valutazione della Corte d’Appello sulla pericolosità sociale degli imputati, giustificando l’aumento di pena basato sulla loro storia criminale e spiccata propensione a delinquere.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva Reiterata: Quando l’Appello Diventa Inammissibile

La recidiva reiterata è un istituto del diritto penale che assume un’importanza cruciale non solo nella determinazione della pena, ma anche nel calcolo dei termini di prescrizione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 21462/2024) ha ribadito con forza questo principio, dichiarando inammissibili i ricorsi di due imputati proprio in virtù della corretta applicazione di tale aggravante. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Due soggetti avevano presentato ricorso in Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. I motivi del ricorso si basavano principalmente su due argomenti: l’avvenuta prescrizione dei reati contestati (artt. 336 e 337 c.p.) e l’errata applicazione dell’aumento di pena per la recidiva. Sostenevano, in sostanza, che il tempo trascorso avesse estinto il reato e che la loro passata condotta criminale non giustificasse un trattamento sanzionatorio più severo.

L’Ordinanza della Cassazione e la recidiva reiterata

La Suprema Corte ha respinto entrambe le argomentazioni, definendole “manifestamente infondate”. La decisione si articola su due punti cardine, entrambi strettamente legati alla contestazione della recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale (cioè relativa a reati della stessa indole commessi entro cinque anni da una precedente condanna).

L’impatto della recidiva sulla prescrizione

Il primo motivo di ricorso, relativo alla prescrizione, è stato smontato con un calcolo matematico preciso. La Corte ha spiegato che, per i reati in questione, la presenza della recidiva reiterata contestata ad entrambi gli imputati estendeva il termine massimo di prescrizione a tredici anni, dieci mesi e venti giorni. Poiché i reati erano stati commessi il 9 settembre 2011, il termine ultimo per la prescrizione era fissato al 29 luglio 2025. Di conseguenza, al momento della decisione, il reato non era affatto estinto, rendendo l’eccezione palesemente infondata.

La valutazione della propensione criminale

Anche il secondo motivo, riguardante la valutazione della recidiva ai fini dell’aumento di pena, è stato giudicato inammissibile. La Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse adeguatamente motivato la sua decisione. I giudici di merito non si erano limitati a un rinvio generico ai precedenti penali, ma avevano analizzato la “biografia penale” degli imputati, evidenziando una continuità nel comportamento criminale e una “marcata propensione criminale”. Questo giudizio, basato su elementi concreti, è stato ritenuto sufficiente a giustificare l’incremento sanzionatorio applicato.

Le Motivazioni della Decisione

La ragione fondamentale dietro la declaratoria di inammissibilità risiede nella manifesta infondatezza dei motivi proposti. La Corte ha sottolineato come le censure dei ricorrenti fossero non solo errate nel merito, ma anche riproduttive di argomentazioni già adeguatamente confutate nel precedente grado di giudizio. In casi come questo, dove l’applicazione delle norme (in particolare quelle su prescrizione e recidiva) è chiara e la motivazione della corte di merito è logica e completa, il ricorso per cassazione perde la sua funzione e viene dichiarato inammissibile. La decisione ha comportato per i ricorrenti la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro ciascuno alla Cassa delle ammende.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito: la recidiva reiterata non è una mera formalità, ma un elemento sostanziale con effetti dirompenti sul processo penale. Essa non solo inasprisce la pena, ma allunga i tempi della prescrizione, rendendo più difficile per l’imputato sottrarsi alle proprie responsabilità. Quando la sua applicazione è ben motivata dal giudice di merito, basandosi sulla storia e sulla personalità criminale del reo, le possibilità di un ricorso in Cassazione fondato su tali basi si riducono drasticamente, fino a sfociare, come nel caso di specie, in una declaratoria di inammissibilità.

Perché il motivo di ricorso sulla prescrizione del reato è stato respinto?
È stato respinto perché la contestazione della recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale ad entrambi gli imputati ha esteso il termine massimo di prescrizione a 13 anni, 10 mesi e 20 giorni. Essendo i reati del 2011, la prescrizione si compirà solo nel 2025, rendendo il motivo manifestamente infondato.

Come ha giustificato la Corte l’aumento di pena dovuto alla recidiva?
La Corte ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello adeguata, in quanto faceva riferimento non solo alla biografia penale dei ricorrenti, ma anche alla continuità dei fatti contestati rispetto al loro passato criminale e alla loro marcata propensione a delinquere.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili e ha condannato ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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