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Recidiva: quando una condanna non conta? Analisi Cass.

Un soggetto condannato per truffa nell’acquisto di un’auto ricorre in Cassazione. La Corte conferma la responsabilità per il reato ma annulla la sentenza riguardo l’applicazione della recidiva. Viene chiarito che, ai fini della recidiva, la condanna precedente deve essere divenuta definitiva prima della commissione del nuovo fatto illecito, un presupposto mancante nel caso di specie.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva: quando una condanna precedente non può giustificare un aumento di pena?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 4907 del 2024, offre un’importante lezione sui presupposti per l’applicazione della recidiva. Questo istituto, che comporta un aggravamento della pena per chi commette un nuovo reato dopo una condanna definitiva, richiede un rigido rispetto del principio di anteriorità della condanna. Il caso analizzato riguarda una truffa, ma il principio espresso dalla Corte ha una valenza generale e fondamentale nel diritto penale.

I Fatti di Causa

Un individuo veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di truffa. Secondo l’accusa, confermata dai giudici di merito, l’imputato aveva acquistato un’autovettura consegnando al venditore un assegno contraffatto. Sebbene l’assegno fosse stato consegnato dopo la firma del contratto di compravendita, tale atto si rivelava decisivo per indurre la vittima a completare le pratiche di intestazione del veicolo a una società riconducibile all’acquirente. Ciò procurava a quest’ultimo un ingiusto profitto di 8.700 euro, con un danno corrispondente per il venditore. A conferma dell’intento fraudolento, l’imputato aveva successivamente contattato la persona offesa, esortandola a non incassare il titolo e promettendo un pagamento in contanti mai avvenuto.

I Motivi del Ricorso e la questione della recidiva

L’imputato proponeva ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni. In primo luogo, contestava la configurabilità stessa della truffa, sostenendo che gli artifici e raggiri fossero successivi alla conclusione del contratto e, quindi, inquadrabili al più come un mero inadempimento civilistico.

Il punto cruciale del ricorso, tuttavia, riguardava la contestazione della recidiva. La Corte d’Appello aveva giustificato l’aumento di pena basandosi su un precedente penale per un reato commesso nel 2017 e giudicato con sentenza irrevocabile nel 2018. L’imputato faceva notare che tale condanna era divenuta definitiva dopo la consumazione della truffa per cui si procedeva, violando così un principio fondamentale per l’applicazione dell’istituto. Infine, venivano contestati il diniego delle attenuanti generiche e l’entità del trattamento sanzionatorio.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso, offrendo chiarimenti distinti per ogni motivo di doglianza.

La Conferma del Reato di Truffa

I giudici hanno rigettato i motivi relativi alla configurabilità della truffa, definendoli manifestamente infondati. Hanno sottolineato che, sebbene l’assegno falso sia stato consegnato dopo la stipula del contratto, è stata proprio quella consegna a indurre la vittima a perfezionare il trasferimento di proprietà del veicolo. Questo atto ha integrato l’elemento del danno e del profitto ingiusto, elementi costitutivi del reato di truffa. L’intento fraudolento era ulteriormente provato dalla successiva telefonata con cui si rassicurava falsamente il venditore.

L’Annullamento sulla valutazione della recidiva

Il cuore della sentenza risiede nell’accoglimento dei motivi sulla recidiva. La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’applicazione della recidiva presuppone che la condanna precedente sia divenuta definitiva prima della commissione del nuovo reato. L’autore del nuovo delitto deve essere in grado di comprendere le conseguenze penali più gravi derivanti dalla sua pregressa condanna. Nel caso di specie, la condanna utilizzata dalla Corte d’Appello era diventata irrevocabile nel 2018, mentre la truffa era stata commessa prima. Pertanto, non poteva essere utilizzata per fondare l’aggravante. La Corte ha quindi annullato la sentenza su questo punto, rinviando il caso a una diversa sezione della Corte d’Appello per una nuova valutazione, che dovrà considerare unicamente un altro precedente penale del 2009.

Le Altre Questioni

Il motivo relativo al diniego delle attenuanti generiche è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha ricordato che la richiesta di tali attenuanti deve essere supportata da specifici elementi positivi; in assenza, il giudice può motivare il diniego semplicemente rilevando la mancanza di tali elementi. Il motivo sulla quantificazione della pena è stato, invece, ritenuto assorbito dall’annullamento relativo alla recidiva, poiché la pena dovrà essere ricalcolata.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di garantire che l’istituto della recidiva funzioni come un deterrente specifico. L’aggravamento della pena si giustifica solo se il soggetto, già formalmente e definitivamente avvisato della sua pericolosità sociale con una condanna irrevocabile, decide di delinquere nuovamente. Se la condanna precedente non è ancora definitiva al momento del nuovo reato, questo presupposto logico e giuridico viene a mancare. Per quanto riguarda la truffa, la motivazione si concentra sul nesso di causalità tra l’artificio (la consegna dell’assegno falso) e l’evento dannoso (il trasferimento di proprietà del bene), ritenendo irrilevante che il contratto fosse già stato formalmente firmato.

Le Conclusioni

La sentenza n. 4907/2024 è un importante promemoria dei limiti temporali e logici per l’applicazione della recidiva. L’affermazione di responsabilità penale per truffa è stata confermata, ma la pena dovrà essere ricalcolata senza tener conto di una condanna non ancora definitiva al momento del fatto. Questa decisione riafferma un principio di garanzia fondamentale: non si può essere puniti più severamente per una condotta passata se la relativa condanna non era ancora stata sancita in modo irrevocabile. Per i professionisti del diritto, ciò significa prestare la massima attenzione alla cronologia delle sentenze quando si discute di trattamento sanzionatorio.

Quando una condanna precedente può essere usata per contestare la recidiva?
Una condanna precedente può essere utilizzata per contestare la recidiva solo se è divenuta definitiva e irrevocabile prima della commissione del nuovo reato. Se la condanna diventa definitiva dopo, non è giuridicamente rilevante ai fini di questa aggravante.

La consegna di un assegno falso dopo la firma di un contratto di vendita è considerata truffa?
Sì, secondo la Corte è truffa se quell’atto, pur successivo alla firma, è la causa diretta che induce la vittima a subire un danno (come completare il trasferimento di proprietà) e procura all’autore un ingiusto profitto.

Perché la Corte ha respinto la richiesta di concessione delle attenuanti generiche?
La Corte ha ritenuto il motivo inammissibile perché la richiesta dell’imputato non specificava gli elementi e le circostanze positive su cui si fondava. Secondo la giurisprudenza, l’onere di motivazione del giudice sul diniego è soddisfatto se si limita a constatare l’assenza di elementi meritevoli di una speciale benevolenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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