Recidiva e Attenuanti: La Cassazione fissa i paletti
Quando un soggetto commette un nuovo reato, la sua storia penale assume un peso determinante. La recidiva, ovvero la condizione di chi torna a delinquere, è un fattore che il nostro ordinamento considera con particolare severità, influenzando direttamente la determinazione della pena. Ma cosa accade quando, nel medesimo caso, sussistono anche delle circostanze attenuanti? Può il giudice farle prevalere per ridurre la sanzione? Con l’ordinanza n. 10740/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale, chiarendo i limiti del potere del giudice nel bilanciamento tra questi elementi.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, previsto dall’art. 337 del codice penale. La sentenza, emessa dalla Corte d’Appello, veniva impugnata dall’imputato, il quale si rivolgeva alla Corte di Cassazione lamentando un’eccessiva severità della pena. In particolare, la difesa sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel non considerare le circostanze attenuanti generiche come prevalenti rispetto all’aggravante della recidiva.
## La questione giuridica: il bilanciamento tra recidiva e attenuanti
Il nucleo del ricorso si concentrava su un punto tecnico ma cruciale del diritto penale: il cosiddetto ‘giudizio di bilanciamento’ tra circostanze aggravanti e attenuanti. L’imputato chiedeva che le attenuanti generiche (concesse per la sua situazione specifica) fossero considerate più importanti della sua condizione di recidivo, con il conseguente effetto di una pena più mite. I giudici di merito avevano invece ritenuto le circostanze equivalenti, senza operare alcuna diminuzione della sanzione.
## La decisione della Corte sulla recidiva specifica
La Corte di Cassazione ha respinto completamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri principali: la genericità del motivo e l’esistenza di un preciso divieto di legge.
Le Motivazioni della Decisione
I giudici supremi hanno definito il ricorso ‘generico e manifestamente infondato’. La motivazione della Corte d’Appello era, infatti, corretta e ben argomentata. L’elemento decisivo, tuttavia, risiede in una norma specifica del codice penale che disciplina proprio il bilanciamento in presenza di recidiva. Nel caso in esame, all’imputato era stata contestata una ‘recidiva reiterata specifica’, una forma aggravata che si verifica quando si commette un reato della stessa indole di uno per cui si è già stati condannati più volte.
In questi casi, la legge stabilisce un divieto esplicito: le circostanze attenuanti non possono mai essere considerate prevalenti sull’aggravante della recidiva. Inoltre, la Corte ha osservato che la pena inflitta era già stata fissata nel minimo edittale, ovvero la sanzione più bassa possibile per quel reato. Pertanto, la richiesta della difesa era doppiamente infondata, sia per un ostacolo normativo insuperabile, sia perché la sanzione era già la più mite applicabile.
Le Conclusioni
L’ordinanza in commento riafferma un principio di rigore nel trattamento sanzionatorio dei soggetti recidivi. La discrezionalità del giudice nel bilanciare le circostanze del reato trova un limite invalicabile di fronte a forme qualificate di recidiva. Questa pronuncia serve da monito: la ripetizione di condotte criminali, specialmente se della stessa natura, preclude la possibilità di beneficiare di una valutazione di prevalenza delle attenuanti, cristallizzando la pena a un livello che tiene conto della maggiore pericolosità sociale del reo. La scelta del legislatore è chiara: la perseveranza nel commettere reati deve essere sanzionata con maggiore severità, limitando le possibilità di sconti di pena.
È possibile ottenere una riduzione di pena facendo prevalere le attenuanti generiche sulla recidiva?
No, non nel caso di ‘recidiva reiterata specifica’. La sentenza chiarisce che la legge vieta esplicitamente al giudice di considerare le circostanze attenuanti come prevalenti su questa specifica forma di recidiva.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché considerato ‘generico e manifestamente infondato’. La richiesta della difesa si scontrava con un chiaro divieto di legge e la pena era già stata determinata nel minimo possibile (minimo edittale).
Qual è stata la conseguenza per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10740 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10740 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CERIGNOLA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/03/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOME; sentite le parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso che denuncia vizio di motivazione sulla l’eccessività della pena e alla mancata applicazione, con giudizio di prevalenza sulla recidiva, anziché mera equivalenza delle circostanze attenuanti generiche, in relazione alla condanna per il reato di cui all’art. 337 cod. pen., è generico e manifestamente infondato a stregua delle corrette argomentazioni con le quali la Corte ha disatteso la richiesta difensiva tenuto conto, in ragione a pena determinata nel minimo edittale, del divieto di legge in materia essendo contestata la recidiva reiterata specifica;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 05/02/2024