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Recidiva: quando non si applica nel reato continuato

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per traffico di stupefacenti, limitatamente all’applicazione della recidiva. Il caso riguardava una serie di reati commessi tra il 2007 e il 2008. I giudici hanno stabilito che la recidiva non può essere applicata per i reati commessi prima che una precedente condanna diventi definitiva. La Corte ha quindi rinviato il caso alla Corte d’Appello per la rideterminazione della pena senza l’aggravante della recidiva, confermando nel resto la condanna basata sulle dichiarazioni convergenti di più collaboratori di giustizia.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva: la Cassazione stabilisce i limiti temporali di applicazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale del diritto penale: i presupposti per l’applicazione della recidiva. In particolare, la Corte ha chiarito che l’aggravante della recidiva non può essere contestata per reati commessi prima che la sentenza di condanna precedente sia diventata definitiva. Questa pronuncia offre importanti spunti di riflessione sulla corretta determinazione della pena nel contesto del reato continuato.

I fatti del processo

Il caso esaminato riguarda un soggetto condannato in primo e secondo grado per una serie di episodi di traffico di sostanze stupefacenti, commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso tra maggio 2007 e dicembre 2008. La condanna si basava principalmente sulle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, che indicavano l’imputato come fornitore stabile di cocaina per un’organizzazione criminale locale.

I motivi del ricorso in Cassazione

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione sollevando diverse questioni, tra cui:

* Inattendibilità delle dichiarazioni: Si contestava la credibilità dei collaboratori di giustizia, evidenziando presunte incongruenze e genericità nelle loro narrazioni.
* Mancato riconoscimento della continuazione esterna: Si lamentava il rigetto della richiesta di unificare i reati del presente procedimento con quelli di una precedente condanna.
* Errata applicazione della recidiva: Il punto centrale del ricorso. La difesa sosteneva che la recidiva specifica infraquinquennale fosse stata erroneamente applicata, poiché la sentenza di condanna presupposto era divenuta definitiva (04/12/2007) solo dopo l’inizio della condotta contestata (maggio 2007).
* Altre censure: Venivano contestati anche il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e la quantificazione della pena base, ritenuta eccessiva.

La recidiva e la decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato la maggior parte dei motivi di ricorso. Ha ritenuto le dichiarazioni dei collaboratori attendibili, in quanto convergenti sul “nucleo essenziale del narrato” e supportate da riscontri esterni. Ha inoltre confermato la correttezza del diniego della continuazione esterna, poiché la richiesta era stata formulata in modo generico e senza fornire elementi concreti a sostegno dell’unicità del disegno criminoso.

Tuttavia, la Corte ha accolto il motivo relativo all’applicazione della recidiva. I giudici hanno ribadito un principio fondamentale: la recidiva presuppone che un soggetto commetta un nuovo reato dopo essere stato condannato con sentenza irrevocabile. Nel caso di specie, la condotta delittuosa era iniziata nel maggio 2007, mentre la sentenza di condanna precedente era passata in giudicato solo nel dicembre 2007. Di conseguenza, per tutti gli episodi di spaccio commessi prima di tale data, i presupposti per l’applicazione della recidiva non sussistevano.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su una rigorosa interpretazione dell’art. 99 del codice penale. L’istituto della recidiva è finalizzato a sanzionare più gravemente chi, nonostante l’ammonimento derivante da una condanna definitiva, delinque nuovamente. Se la nuova condotta criminale è posta in essere prima che la condanna precedente sia divenuta irrevocabile, manca il presupposto logico e giuridico dell’aggravante. La Corte ha quindi ritenuto che il giudice di merito avesse errato nel non distinguere, all’interno del reato continuato, gli episodi antecedenti e quelli successivi al passaggio in giudicato della precedente sentenza.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, ma solo limitatamente al punto concernente l’applicazione della recidiva. Ha disposto il rinvio ad un’altra sezione della Corte di Appello, che dovrà procedere a una nuova determinazione della pena. Il nuovo giudice dovrà verificare quali episodi delittuosi siano stati commessi successivamente al passaggio in giudicato della precedente condanna e solo per questi potrà, eventualmente, applicare l’aumento di pena per la recidiva. La condanna per i reati di traffico di stupefacenti rimane, invece, confermata.

Quando si può applicare l’aggravante della recidiva?
La recidiva può essere applicata solo per i reati commessi dopo che una precedente sentenza di condanna è diventata definitiva e irrevocabile. Non si applica ai reati commessi prima di tale momento, anche se fanno parte di un reato continuato che si protrae nel tempo.

Una condanna può basarsi solo sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia?
Sì, a condizione che le dichiarazioni di più collaboratori siano convergenti sul nucleo essenziale dei fatti, anche in presenza di divergenze su elementi secondari. La giurisprudenza ritiene che tali dichiarazioni possano fungere da riscontro reciproco, specialmente se supportate da altri elementi esterni.

Cosa è necessario per ottenere la continuazione tra reati giudicati in processi diversi?
Non è sufficiente la semplice produzione delle sentenze relative alle altre condanne. La parte che richiede il beneficio della continuazione esterna ha l’onere di allegare elementi specifici e concreti che dimostrino l’esistenza di un’unica e originaria deliberazione criminosa che lega tutti i reati, anche quelli già giudicati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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