Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18031 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18031 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a SALERNO il 06/08/1975
NOME nato a SALERNO il 22/09/1979
avverso la sentenza del 27/09/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Con sentenza emessa in data 27.09.2024, la Corte d’Appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Salerno dell’11.04.2023, assolveva COGNOME NOME dal reato di cui al capo C) (acquisto a fini di spaccio di sostanza stupefacente da NOME NOME) per non aver commesso il fatto; confermava nel resto l’accertamento di responsabilità e, ritenuta la recidiva specifica e reiterata ma non infraquinquennale, rideterminava la pena inflitta in anni due e mesi cinque di reclusione ed C 2.900,00 di multa. Quanto a NOMECOGNOME confermava integralmente la condanna alla pena di anni due e mesi tre di reclusione ed C 2.400,00 di multa.
Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione entrambi gli imputati.
2.1. NOME NOME censura la decisione impugnata per violazione di legge in relazione all’art. 99, comma 4, cod.pen. e vizio di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed cod . proc. pen.
Il ricorrente contesta la sussistenza della recidiva reiterata e specifica, richiamando giurisprudenza costituzionale (C. Cost. ord. n. 409/2007, ord. n. 193/1990, ord. n. 33/2008 e sent. n. 185/2015) e di legittimità (Cass., Sez. III, n. 16047/2019; Sez. III, n. 33299/201 che sottolineano la necessità una valutazione in concreto della maggiore attitudine a delinquere manifestata dal reo e l’esistenza di un legame tra le pregresse condotte e quella giudicata.
Lamenta il ricorrente che la Corte territoriale avrebbe omesso di motivare adeguatamente sul collegamento tra le precedenti condotte e quella attualmente giudicata, nonché di valutare il comportamento dell’imputato successivo al reato, con particolare riferimento all’affidamento in prova terapeutico presso la Comunità Betania e successivamente al SERT con svolgimento di attività lavorativa.
2.2. NOME NOME deduce violazione di legge ex art. 606, lett. b) cod.proc.pen. i relazione all’art. 99 cod.pen. e all’art. 47-ter dell’Ordinamento Penitenziario.
Il ricorrente sostiene che la Corte d’Appello avrebbe dovuto escludere la recidiva, in considerazione dell’espiazione delle condanne precedenti in parte in regime di affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47 O.P. e in parte in detenzione domiciliare ex art. 47-ter O Rileva che la misura alternativa dell’affidamento in prova non era stata revocata per violazione degli obblighi imposti, ma per sopravvenienza di nuovi titoli di reato, e che la successiv applicazione della detenzione domiciliare non era derivata da un’inidoneità del condannato a fruire dell’affidamento in prova, ma dalla mancanza di un’attività lavorativa. Richiama principio di cui alla sentenza delle Sezioni Unite n. 5859/2012, che esclude la rilevanza ai fi della recidiva della condanna espiata in regime alternativo, sostenendo che tale principio dovrebbe estendersi anche alla detenzione domiciliare. Deduce che l’esclusione della recidiva avrebbe comportato la prescrizione dei reati contestati.
3.Entrambi i ricorsi sono manifestamente infondati.
Quanto al ricorso di COGNOME COGNOME si rammenta che – come più volte affermato da questa Corte – è compito del giudice quello di verificare in concreto se la reiterazio dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità de autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al l di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni al parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali. T valutazione rientra nell’ambito dell’attività discrezionale riservata al giudice di merito (v. altre Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247838).
La Corte di appello ha adeguatamente motivato la sussistenza della recidiva, valorizzandola gravità dei precedenti, con riferimento a due condanne specifiche per reati in materia di stupefacenti, per le quali l’imputato ha riportato pene particolarmente severe (olt dodici anni di reclusione); il non eccessivo lasso temporale intercorso tra l’espiazione di t pene e la commissione dei fatti per cui si procede; il persistere dell’indole delinquenzial dimostrata dalle ulteriori condanne riportate successivamente ai fatti in esame, anche per reati in materia di stupefacenti.
La Corte territoriale ha quindi correttamente individuato quel legame tra le precedenti condotte e quella oggetto di giudizio, richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte evidenziando la specifica propensione dell’imputato a commettere reati in materia di stupefacenti, nonostante le plurime e gravi condanne già subite.
Quanto al percorso terapeutico intrapreso dal ricorrente, la Corte d’Appello non ha omesso di valutarlo, ma lo ha correttamente inquadrato nell’ambito della concessione delle circostanze attenuanti generiche, ritenendolo tuttavia inidoneo ad escludere il giudizio di maggiore pericolosità sotteso alla recidiva.
In relazione al ricorso di NOME MatteoCOGNOME il motivo è manifestamente infondato.
La Corte d’Appello ha correttamente applicato il principio, affermato da questa Corte, secondo cui «l’esito positivo della detenzione domiciliare non esclude la rilevanza della relativ condanna ai fini della recidiva, in quanto le disposizioni dell’ordinamento penitenziario di all’art. 47 e ss. della legge n. 354 non prevedono che ad esso consegua l’estinzione della pena e degli effetti penali, né sono suscettibili di essere interpretati in tal senso» (Sez. 6, n. del 30/01/2013, Stagno. Rv. 255126).
Come correttamente rilevato dalla Corte territoriale, il principio affermato dalle Sezio Unite nella sentenza n. 5859/2012, in relazione all’affidamento in prova, non è estensibile all detenzione domiciliare, considerato che l’istituto dell’affidamento in prova presuppone «una serie di presupposti, da accertare con modalità particolarmente incisive e rigorose, presupposti questi non previsti in modo similmente categorico per la concessione del beneficio della detenzione domiciliare» (così la citata Cass., n. 7508/2013).
Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha correttamente ritenuto che i tre pre specifici e gravi da cui risultava gravato NOMECOGNOME si ponessero in diretta contin
condotte contestate, dimostrando una persistente pericolosità sociale ed una sp propensione a commettere reati in materia di stupefacenti.
6. Alla declaratoria di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, non ravvisandosi asse
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186/2
versamento della somma di euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese proc e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 8 aprile 2025
Il Consigliere estensore
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Iflresidente