Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 25456 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 25456 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Vigonza il 28/02/1955
avverso la sentenza del 06/05/2024 della Corte di appello di Venezia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria redatta ai sensi dell’art. 23 d.l. 28 ottobre 2020, n. 13 Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla recidiva, il rigetto nel resto.
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RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Venezia, per quanto qui rileva, ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Padova ed impugnata dall’imputato, la quale, applicate le circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza rispetto alla contestata recidiva reiterata, aveva condannato NOME COGNOME alla pena ritenuta di giustizia in relazione al delitto di cui agli artt. 1 cod. pen., 10 d.lgs. n. 74 del 2000.
Avverso la sentenza, l’imputata, tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, affidato tra due motivi, che deducono:
2.1. la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in riferimento all’art. 10 del d.lgs. n. 74 del 2000, per insussistenza della condotta commissiva tipica, essendo invece la condotta omissiva di cui all’illecito amministrativo di cui all’art. 9, comma 1, d.lgs. n. 471 del 1997, non essendek: prova della istituzione delle scritture contabili, essendosi accertata unicamente la mancata consegna della copia delle fatture attive rinvenute presso i clienti;
2.2. la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), ,cod. proc. pen. in 9, ;%cce relazione itlfel all’art. 99, comma 4, cod. pen.`,vnessuna delle precedenti condanne è idonea a fondare la recidiva, posto che, quanto alla condanna, si tratta di un reato colposo, mentre, quanto alle sentenze ex artt. 444 cod. proc. pen., in un caso ricorrono i presupposti di cui all’art. 445 cod. proc. pen., attesa la decorrenza del termine quinquennale ivi previsto, e, nell’altro, il Tribunale di sorveglianza ha dato atto del buon esito dell’affidamento in prova a servizio sociali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato in relazione al secondo motivo.
Il primo motivo è manifestamente infondato.
2.1. L’art. 10 digs. n. 74 del 2000 punisce chi, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto o di consentire a terzi l’evasione, salvo che il fatto costituisca più grave reato, occulta o distrugge in tutto o in parte l scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume degli affari.
La disposizione ha una finalità evidente, che è quella di assicurare, per mezzo dell’esame della documentazione contabile, un adeguato controllo delle
attività imprenditoriali ai fini fiscali, come emerge dall’espresso riferimento alla ‘ricostruzione dei redditi o del volume di affari’, che l’occultamento o la distruzione dei documenti di fatto impedisce.
La condotta punibile consiste, quindi, nella distruzione o nell’occultamento totale o parziale delle scritture: la distruzione configura un reato istantaneo che si realizza al. momento dell’eliminazione della documentazione, la quale può consistere o nella stessa eliminazione del supporto cartaceo o mediante cancellature o abrasioni; l’occultamento, invece, consiste nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori e si realizza mediante il nascondimento materiale del documento.
In altri termini, la condotta di occultamento definisce, secondo il suo preciso significato filologico, il comportamento di colui che nasconde materialmente, in tutto o in parte, le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria conservazione, mantenendo celate le predette cose in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume degli affari.
2.2. Ciò posto, va ribadito l’orientamento di questa Sezione, secondo cui il reato dell’art. 10, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 presuppone l’istituzione della documentazione contabile e la produzione di un reddito, donde la necessità del relativo specifico accertamento, anche per distinguere la fattispecie penale rispetto alla condotta di omessa tenuta delle scritture contabili, sanzionata amministrativamente dall’art. 9, comma 1, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 (da ultimo, Sez. 3, n. 1441 del 12/07/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv 272034). ): in tanto, dunque, può essere configurata la fattispecie delittuosa di cui al predetto art. 10, in quanto la documentazione contabile, di cui si assume l’occultamento o la distruzione, sia stata previamente istituita, non potendo evidentemente occultarsi o distruggersi ciò che non esiste in rerum naturam.
2.3. Si osserva che oggetto della condotta di distruzione o di occultamento può certamente essere la fattura, come emerge dalla lettera dell’art. 10 d.lgs. n. 74 del 2000, che contempla, in via alternativa, le “scritture contabili” e “i documenti di cui è obbligatoria la conservazione”, locuzione che abbraccia, appunto, la fattura. La conservazione delle fatture, infatti, è imposta, ai fin fiscali, dagli artt. 39, comma 3, d.P.R. n. 633 del 1972, e 22, d.P.R. n. 600 del 1973, oltre che, a fini civilistici, dall’art. 2214, comma 2, cod. civ.; è altretta noto che la fattura deve essere emessa in duplice esemplare, uno dei quali è consegnato alla parte, ai sensi dell’art. 21, comma 4, d.P.R. n. 633 del 1972.
Risponde, dunque, a canoni di logica desumere dal rinvenimento di una fattura presso un terzo il fatto che di quel documento esista fisicamente una copia presso chi l’ha emessa (cfr. Sez. 3, n. 41683 del 02/03/2018, COGNOME, Rv. 274862).
Se, dunque, è indubitabile che, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 10, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non è sufficiente un mero comportamento omissivo, ossia la mancata esibizione delle scritture contabili, ma è necessario un quid pluris a contenuto commissivo consistente nell’occultamento o nella distruzione dei documenti contabili la cui istituzione e tenuta è obbligatoria per legge (Sez. 5, Sentenza n. 35591 del 20/06/2017, Rv. 270809 – 01), nondimeno, poiché le fatture devono essere emesse in duplice esemplare, il rinvenimento delle stesse presso il terzo destinatario di tali atti può far desumere legittimamente che il mancato rinvenimento delle altre copie presso l’emittente sia conseguenza della loro distruzione o del loro occultamento (cfr. Sez. 3, n. 3729 del 22/10/2024, dep. 2025, Accogli, Rv. 287392 – 01; Sez. 3, n. 41683 del 02/03/2018, Rv. 274862 – 01).
2.4. Nel caso in esame, la Corte di merito ha fatto buon governo dei principi ora richiamati, avendo espressamente dato atto del rinvenimento di alcune fatture presso i clienti, “che costituisce prova della istituzione, se non dei registr quantomeno delle fatture la cui conservazione è imposta ai fini fiscali” (p. 4 della sentenza impugnata).
3. Il secondo motivo è fondato.
3.1. Si osserva che, come emerge dal certificato del casellario giudiziale, a carico del Levorato risultano le seguenti decisioni: 1) sentenza ex art. 444 emessa il 13 marzo 1995 dal Pretore di Pavona per il delitto di lesioni personali colpose; 2) sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. emessa il 16 novembre 1998, irrevocabile il 18 dicembre 1998, per il delitto di bancarotta fraudolenta; 3) sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. emessa dal g.u.p. del Tribunale di Padova in data 9 giugno 2016, irrevocabile il 7 luglio 2016, per il delitto di bancarotta fraudolenta; risulta altresì, con riferimento a detta condanna, che, con ordinanza del 21 febbraio 2018, il Tribunale di sorveglianza ha disposto l’affidamento in prova ai servizi sociale, conclusosi – come emerge dalla sentenza impugnata (cfr. p. 5) – con esito positivo, in forza dell’ordinanza del Tribunale d sorveglianza di Venezia in data 17 marzo 2021.
3.2. Ciò posto, si osserva che, ai fini della recidiva, non può tenersi conto di nessuna delle sentenze dinanzi indicate, perché: quanto alla sentenza sub 1), essa si riferisce a un delitto colposo; quanto alla sentenza sub 2), l’estinzione del reato oggetto di una sentenza di patteggiamento, in conseguenza del verificarsi delle condizioni previste dall’art. 445, comma 2, cod. proc. pen. – certamente ravvisabili nel caso di specie, non avendo il condannato commesso altri reati nel quinquennio – opera ipso iure e non richiede una formale pronuncia da parte del giudice dell’esecuzione, sicché non può tenersi conto di tale reato ai fini della
contestazione della recidiva (Sez. 2, n. 994 del 25/11/2021, dep. 2022, Rv.
282515 – 02); quanto, infine, alla sentenza sub
3), l’estinzione di ogni effetto penale determinata dall’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale
comporta che della relativa condanna non possa tenersi conto agli effetti della recidiva (Sez. 3, n. 41697 del 08/05/2018, G., Rv. 273941 – 01; Sez. 3, n.
39550 del 04/07/2017, COGNOME, Rv. 271342 – 01).
7. Ne deriva che, non essendo configurabile, nel caso in esame, la recidiva, la quale è st
a ta invece ritenuta dalla Corte di merito, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per
nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Venezia
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di
Venezia. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso. Così deciso il 21/05/2025.