Recidiva e Sanzioni Penali: La Visione della Cassazione
La recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui criteri di applicazione della recidiva e sui limiti del controllo di legittimità sulla determinazione della pena. La decisione sottolinea come una solida motivazione, basata sulla storia criminale dell’imputato, sia sufficiente a giustificare un trattamento sanzionatorio più severo, rendendo ardua la contestazione in sede di Cassazione.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato in appello per reati contro il patrimonio e la pubblica amministrazione, specificamente per furto aggravato e resistenza a pubblico ufficiale, commessi il 14 maggio 2022. Il ricorrente contestava in particolare la decisione della Corte d’Appello di Bolzano del 9 maggio 2024, lamentando l’errata applicazione della recidiva e la conseguente determinazione del trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivo.
La Decisione della Suprema Corte
Con ordinanza del 21 novembre 2024, la Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. La Corte ha confermato in toto la valutazione dei giudici di merito, stabilendo che la decisione impugnata era sorretta da un apparato argomentativo coerente e completo, che soddisfaceva pienamente l’obbligo di motivazione.
Le Motivazioni: la Valutazione sulla Recidiva
Il cuore della pronuncia risiede nelle argomentazioni relative alla legittimità dell’applicazione della recidiva. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: il giudizio sulla pena, sulla comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti e sulla concessione delle attenuanti generiche è censurabile in sede di legittimità solo se frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.
Nel caso specifico, tale vizio era del tutto assente. I giudici di primo e secondo grado avevano motivato in modo approfondito la loro scelta, basandosi su elementi concreti:
* Pluralità di precedenti: L’imputato vantava numerosi precedenti penali specifici e reiterati.
* Pericolosità sociale: Il suo comportamento e la sua storia criminale, che includeva una precedente dichiarazione di delinquenza abituale, confermavano una spiccata capacità a delinquere e una chiara propensione a commettere reati della stessa indole (contro il patrimonio e in materia di stupefacenti).
Questi elementi, secondo la Corte, sono l’espressione diretta di quell'”aggravio di pericolosità” che l’articolo 99 del codice penale intende sanzionare attraverso l’istituto della recidiva. La motivazione fornita, immune da vizi logici, sfugge quindi al sindacato della Cassazione. La Corte ha inoltre ricordato che, in tema di dosimetria della pena, è ammessa anche una motivazione implicita o sintetica (ad esempio, con la formula “si ritiene congrua”), purché non sia arbitraria.
Le Conclusioni
La decisione riafferma la discrezionalità dei giudici di merito nella valutazione degli elementi di cui all’articolo 133 del codice penale per la determinazione della pena. Un imputato con una significativa storia criminale non può sperare di ottenere una revisione della sentenza in Cassazione se la decisione di applicare la recidiva è ancorata a fatti concreti che ne dimostrano la pericolosità. L’ordinanza serve come monito: il ricorso in Cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione del diritto. A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
Quando è legittima l’applicazione della recidiva?
Secondo la Corte, l’applicazione della recidiva è legittima quando il giudice la motiva tenendo conto di elementi concreti come la pluralità di precedenti specifici e reiterati, il comportamento dell’imputato e la sua propensione a commettere reati, che nel complesso confermano una spiccata capacità a delinquere e un aggravio di pericolosità sociale.
In quali casi la Corte di Cassazione può annullare una decisione sulla pena?
La Corte di Cassazione può censurare le statuizioni relative alla dosimetria della pena e al giudizio di comparazione tra circostanze solo quando queste siano frutto di “mero arbitrio o ragionamento illogico”. Non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito se la motivazione è coerente e logicamente fondata.
Una motivazione sintetica sulla pena è considerata valida?
Sì, la giurisprudenza della Suprema Corte ammette anche la cosiddetta “motivazione implicita” o l’uso di formule sintetiche (come “si ritiene congrua”) per giustificare la pena inflitta, a condizione che tale valutazione non appaia arbitraria o manifestamente illogica.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44216 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44216 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (CODICE_FISCALE nato a ZAGABRIA( CROAZIA) il 12/03/1972
avverso la sentenza del 09/05/2024 della CORTE RAGIONE_SOCIALE di BOLZANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Presidente COGNOME;
A
Motivi della decisione
Il ricorso di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe indicata, recante l’affermazione di responsabilità in ordine ai reati di cui agli artt.624 bis 625 61n.5 e 337, commessi il 14.05.2022, è manifestamente infondato.
Infatti, contrariamente a quanto dedotto, la decisione impugnata risulta sorretta da conferente apparato argomentativo, che soddisfa appieno l’obbligo motivazionale per quanto concerne la determinazione del trattamento sanzionatorio e in particolare la ritenuta recidiva. E’ appena il caso di considerare che in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Sez. 6, sent. del 22 settembre 2003 n. 36382, Rv. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Sez. 4, sent. del 4 agosto 1998 n. 9120 Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. sez. III 16 giugno 2004 n. 26908, Rv. 229298). Si tratta di evenienza che non sussiste nel caso di specie. Il Giudice di primo grado e la Corte di appello hanno infatti motivatamente applicato la contestata recidiva, tenuto conto della pluralità dei precedenti specifici e reiterati ( fol 4),unitamente al comportamento posto in essere dall’imputato che confermano la spiccata capacità a delinquere e la sua propensione per la commissione di reati della stessa specie attinenti ai reati contro il patrimonio e allo spaccio di stupefacenti e che sono espressione di quell’aggravio di pericolosità previsto dall’applicazione dell’art. 99 cod. pen. Tra l’altro il ricorrente in data 1.10.2017 è stato dichiarato anche delinquente abituale e ha proseguito nella sua condotta e attività delittuosa. Tali argomentazioni, congrue ed immuni da vizi logici evidenti, sfuggono al sindacato della cassazione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 3.000 a titolo di sanzione pecuniaria.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso il 21.11. 2024