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Recidiva: quando la Cassazione la ritiene legittima

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una condanna per furto e resistenza. L’analisi si concentra sulla recidiva, ritenuta correttamente applicata dai giudici di merito in base alla pluralità di precedenti specifici e alla spiccata capacità a delinquere del soggetto, confermando che il sindacato di legittimità sulla motivazione della pena è limitato ai soli casi di arbitrarietà o illogicità manifesta.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva e Sanzioni Penali: La Visione della Cassazione

La recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui criteri di applicazione della recidiva e sui limiti del controllo di legittimità sulla determinazione della pena. La decisione sottolinea come una solida motivazione, basata sulla storia criminale dell’imputato, sia sufficiente a giustificare un trattamento sanzionatorio più severo, rendendo ardua la contestazione in sede di Cassazione.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato in appello per reati contro il patrimonio e la pubblica amministrazione, specificamente per furto aggravato e resistenza a pubblico ufficiale, commessi il 14 maggio 2022. Il ricorrente contestava in particolare la decisione della Corte d’Appello di Bolzano del 9 maggio 2024, lamentando l’errata applicazione della recidiva e la conseguente determinazione del trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivo.

La Decisione della Suprema Corte

Con ordinanza del 21 novembre 2024, la Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. La Corte ha confermato in toto la valutazione dei giudici di merito, stabilendo che la decisione impugnata era sorretta da un apparato argomentativo coerente e completo, che soddisfaceva pienamente l’obbligo di motivazione.

Le Motivazioni: la Valutazione sulla Recidiva

Il cuore della pronuncia risiede nelle argomentazioni relative alla legittimità dell’applicazione della recidiva. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: il giudizio sulla pena, sulla comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti e sulla concessione delle attenuanti generiche è censurabile in sede di legittimità solo se frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.

Nel caso specifico, tale vizio era del tutto assente. I giudici di primo e secondo grado avevano motivato in modo approfondito la loro scelta, basandosi su elementi concreti:

* Pluralità di precedenti: L’imputato vantava numerosi precedenti penali specifici e reiterati.
* Pericolosità sociale: Il suo comportamento e la sua storia criminale, che includeva una precedente dichiarazione di delinquenza abituale, confermavano una spiccata capacità a delinquere e una chiara propensione a commettere reati della stessa indole (contro il patrimonio e in materia di stupefacenti).

Questi elementi, secondo la Corte, sono l’espressione diretta di quell'”aggravio di pericolosità” che l’articolo 99 del codice penale intende sanzionare attraverso l’istituto della recidiva. La motivazione fornita, immune da vizi logici, sfugge quindi al sindacato della Cassazione. La Corte ha inoltre ricordato che, in tema di dosimetria della pena, è ammessa anche una motivazione implicita o sintetica (ad esempio, con la formula “si ritiene congrua”), purché non sia arbitraria.

Le Conclusioni

La decisione riafferma la discrezionalità dei giudici di merito nella valutazione degli elementi di cui all’articolo 133 del codice penale per la determinazione della pena. Un imputato con una significativa storia criminale non può sperare di ottenere una revisione della sentenza in Cassazione se la decisione di applicare la recidiva è ancorata a fatti concreti che ne dimostrano la pericolosità. L’ordinanza serve come monito: il ricorso in Cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione del diritto. A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende.

Quando è legittima l’applicazione della recidiva?
Secondo la Corte, l’applicazione della recidiva è legittima quando il giudice la motiva tenendo conto di elementi concreti come la pluralità di precedenti specifici e reiterati, il comportamento dell’imputato e la sua propensione a commettere reati, che nel complesso confermano una spiccata capacità a delinquere e un aggravio di pericolosità sociale.

In quali casi la Corte di Cassazione può annullare una decisione sulla pena?
La Corte di Cassazione può censurare le statuizioni relative alla dosimetria della pena e al giudizio di comparazione tra circostanze solo quando queste siano frutto di “mero arbitrio o ragionamento illogico”. Non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito se la motivazione è coerente e logicamente fondata.

Una motivazione sintetica sulla pena è considerata valida?
Sì, la giurisprudenza della Suprema Corte ammette anche la cosiddetta “motivazione implicita” o l’uso di formule sintetiche (come “si ritiene congrua”) per giustificare la pena inflitta, a condizione che tale valutazione non appaia arbitraria o manifestamente illogica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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