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Recidiva: quando la Cassazione la conferma

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la decisione della Corte d’Appello di applicare l’aggravante della recidiva. Secondo la Suprema Corte, la decisione è corretta poiché basata su una valutazione concreta della condotta dell’imputato, che dimostrava una chiara propensione a delinquere e un’indifferenza verso la legge, nonostante i benefici precedentemente concessi. La conferma della recidiva era quindi giustificata.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva: non basta un precedente, serve una reale pericolosità sociale

L’applicazione dell’aggravante della recidiva è uno degli aspetti più delicati del processo penale, poiché incide direttamente sull’entità della pena. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione torna a ribadire un principio fondamentale: per applicare la recidiva, non è sufficiente la semplice esistenza di precedenti condanne, ma è necessaria una valutazione concreta della persistente pericolosità sociale del reo. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino. La difesa lamentava la violazione di legge per l’applicazione della recidiva infraquinquennale, sostenendo che i giudici di merito non avessero adeguatamente motivato la decisione in relazione all’effettiva pericolosità sociale del proprio assistito, limitandosi a considerare i precedenti penali.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la valutazione operata dalla Corte d’Appello. Secondo gli Ermellini, le censure mosse dal ricorrente erano infondate, in quanto la decisione impugnata si basava su argomenti giuridici corretti e su una motivazione logica e coerente.

Le Motivazioni: Valutazione della Recidiva e Propensione a Delinquere

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha ritenuto corretta l’applicazione della recidiva. La Corte ha evidenziato come i giudici d’appello avessero compiuto un’analisi approfondita e non meramente formale della situazione dell’imputato. Nello specifico, la motivazione della Corte d’Appello si fondava su plurimi elementi concreti:

* La successione cronologica dei fatti: i reati erano stati commessi in un arco di tempo ravvicinato.
* L’analogia delle condotte: i nuovi reati erano della stessa tipologia di quelli per cui era già intervenuta condanna.
* L’assenza di un cambiamento: l’imputato non aveva mostrato alcun tentativo di modificare il proprio stile di vita, nonostante avesse beneficiato in passato di misure alternative che gli avevano accordato fiducia.

Questi fattori, nel loro insieme, indicavano in modo univoco che l’imputato non aveva tratto alcun insegnamento dalle passate esperienze giudiziarie. Al contrario, la sua condotta dimostrava un atteggiamento di indifferenza o avversione verso le leggi, una mancanza di ripensamento critico e, di conseguenza, una “risoluzione criminosa più consapevole e determinata”.
La Corte ha quindi concluso che l’imputato aveva fornito ampia prova di possedere una spiccata “propensione delinquenziale”, rendendo pienamente giustificata l’applicazione dell’aggravante della recidiva.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza rafforza un orientamento giurisprudenziale consolidato: la recidiva non è un automatismo legato alla presenza di precedenti penali sul certificato di un individuo. Il giudice ha il dovere di effettuare una valutazione sostanziale, che vada oltre il dato formale, per accertare se la commissione di un nuovo reato sia effettivamente sintomo di una pericolosità sociale persistente e di una maggiore colpevolezza. La decisione dimostra che elementi come la reiterazione di condotte simili, la vicinanza temporale dei reati e l’indifferenza verso i benefici di legge concessi sono indicatori cruciali che possono e devono essere utilizzati dal giudice per motivare adeguatamente la necessità di un trattamento sanzionatorio più severo.

Come valuta il giudice l’applicazione della recidiva?
Il giudice non si limita a verificare l’esistenza di precedenti condanne. Valuta elementi concreti come la successione cronologica dei reati, la somiglianza delle condotte, la mancanza di un cambiamento nello stile di vita e l’indifferenza verso la legge per stabilire se esista una reale e attuale propensione a delinquere.

Avere precedenti penali comporta automaticamente l’applicazione della recidiva?
No. Secondo la sentenza, i precedenti sono un presupposto necessario ma non sufficiente. Il giudice deve motivare specificamente perché, nel caso concreto, la commissione di un nuovo reato è espressione di una maggiore pericolosità sociale e di una risoluzione criminosa più consapevole.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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