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Recidiva: quando il ricorso in Cassazione è inutile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro l’applicazione dell’aggravante della recidiva. Il ricorso è stato giudicato aspecifico, poiché si limitava a negare le circostanze valutate dalla Corte d’Appello, la quale aveva invece fornito una motivazione logica e coerente basata sulla progressione criminale e la pericolosità del soggetto. La Suprema Corte ha ribadito che la valutazione dei fatti non è sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è adeguata.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva: Cassazione Chiarisce i Limiti dell’Appello

L’applicazione della recidiva è uno degli aspetti più dibattuti nel diritto penale, in quanto incide direttamente sull’entità della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 46877/2024) offre un importante chiarimento sui limiti entro cui è possibile contestare questa aggravante in sede di legittimità. La Corte ha stabilito che un ricorso basato su motivi generici, che non si confronta specificamente con la logica della decisione impugnata, è destinato a essere dichiarato inammissibile. Analizziamo insieme questo caso per comprenderne le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Il procedimento ha origine dal ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte d’Appello di Ancona. Tra i vari punti della sentenza di secondo grado, i giudici avevano confermato l’applicazione dell’aggravante della recidiva, basando la loro decisione su una valutazione della carriera criminale dell’imputato. Secondo la Corte territoriale, la pluralità di delitti commessi nel tempo dimostrava una progressione criminosa e una pericolosità sociale ingravescente, di cui l’ultimo reato era solo l’ennesima manifestazione.

L’imputato, non condividendo tale valutazione, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una “motivazione apparente” da parte della Corte d’Appello. A suo dire, i giudici non avevano adeguatamente giustificato le ragioni per cui la sua storia criminale dovesse condurre all’applicazione dell’aggravante.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Recidiva

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La conseguenza diretta per il ricorrente è stata non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La decisione della Suprema Corte si fonda su principi consolidati in materia di ricorsi di legittimità.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha articolato la sua decisione su due pilastri fondamentali:

1. L’Aspecificità del Motivo di Ricorso: Il punto centrale della motivazione è che il ricorso era “aspecifico”. L’imputato si era limitato a negare le conclusioni della Corte d’Appello senza però smontare, punto per punto, il ragionamento logico seguito dai giudici. Un ricorso in Cassazione non può essere una semplice riproposizione delle proprie tesi o una generica lamentela; deve, invece, individuare vizi logici o giuridici precisi nella sentenza impugnata. In questo caso, la difesa non ha superato la soglia di una mera contestazione.

2. La Correttezza della Motivazione della Corte d’Appello: La Cassazione ha ritenuto che la motivazione della Corte territoriale fosse tutt’altro che “apparente”. Al contrario, era stata adeguata, logica e coerente con le prove emerse nel processo. I giudici di secondo grado avevano correttamente evidenziato come la “progressione criminosa” dell’imputato fosse un chiaro indice di pericolosità. Questa valutazione, essendo basata sui fatti e supportata da un ragionamento logico, è stata considerata “insindacabile in sede di legittimità”. La Corte di Cassazione, infatti, non è un terzo grado di giudizio sui fatti, ma un giudice della corretta applicazione della legge.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame ribadisce un principio cruciale per chiunque intenda presentare un ricorso in Cassazione, specialmente su temi come la recidiva: non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione del giudice di merito. È indispensabile dimostrare che quella valutazione è viziata da un errore di diritto o da un’illogicità manifesta. Contestare l’applicazione della recidiva richiede di argomentare in modo specifico perché la valutazione della pericolosità sociale sia errata o contraddittoria, e non limitarsi a negarla. In assenza di tali elementi, il ricorso si espone a una quasi certa dichiarazione di inammissibilità, con conseguente aggravio di spese per il ricorrente.

È possibile contestare in Cassazione l’applicazione della recidiva?
Sì, ma solo a condizione che si riesca a dimostrare un vizio specifico nella motivazione della sentenza impugnata, come un’illogicità manifesta, una contraddittorietà o un errore di diritto. Una semplice contestazione della valutazione del giudice sui fatti non è sufficiente.

Cosa si intende per ricorso ‘aspecifico’ o ‘generico’?
Un ricorso è ‘aspecifico’ quando non si confronta criticamente con le specifiche ragioni esposte nella sentenza che si contesta, ma si limita a riproporre le proprie tesi o a esprimere un generico dissenso. Questa caratteristica ne causa l’inammissibilità.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità rende definitiva la sentenza impugnata. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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