Recidiva e Valutazione delle Prove: La Cassazione Traccia i Confini del Giudizio di Legittimità
Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione affronta due ricorsi distinti, fornendo chiarimenti cruciali sui limiti del proprio giudizio e su temi fondamentali come la valutazione della recidiva e l’ammissibilità delle prove nel processo penale. La decisione sottolinea la netta separazione tra il giudizio di merito, incentrato sui fatti, e quello di legittimità, focalizzato sulla corretta applicazione del diritto.
I Fatti del Caso: Due Ricorsi, Diverse Motivazioni
Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello che ha visto la condanna di due individui. Entrambi hanno presentato ricorso in Cassazione, ma per ragioni diverse.
Il primo ricorrente lamentava un vizio di motivazione riguardo a due aspetti:
1. La mancata esclusione della recidiva.
2. Il diniego della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle aggravanti.
Il secondo ricorrente, invece, contestava la violazione di norme procedurali e costituzionali, nonché un vizio di motivazione relativo all’attendibilità di un’individuazione fotografica che era stata posta a fondamento della sua condanna.
La Valutazione della Recidiva: Oltre il Semplice Numero
La Corte ha ritenuto manifestamente infondato il motivo di ricorso relativo alla recidiva. I giudici hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente valorizzato elementi concreti per confermare tale aggravante. Non si trattava solo del numero impressionante di precedenti penali dell’imputato (ben 46), ma anche del fatto che i reati oggetto del processo si inserivano in una sequenza continua di delitti contro il patrimonio.
Questa continuità è stata interpretata, in modo del tutto logico, come un chiaro sintomo del fallimento di ogni tentativo di rieducazione e come prova di una ‘persistente e immutata proclività a delinquere’. In sostanza, la recidiva non è stata applicata in modo automatico, ma come risultato di una valutazione ponderata sulla personalità e sulla storia criminale del soggetto.
Il Bilanciamento tra Circostanze: una Scelta del Giudice di Merito
Per quanto riguarda il secondo punto sollevato dal primo ricorrente, la Cassazione ribadisce un principio consolidato: il bilanciamento tra circostanze attenuanti e aggravanti è una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito. Tale valutazione non può essere riesaminata in sede di legittimità, a meno che non sia frutto di un ragionamento palesemente illogico o arbitrario, cosa che nel caso di specie non è stata riscontrata.
L’Utilizzo delle Prove e l’Attendibilità del Riconoscimento
Anche il ricorso del secondo imputato è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha chiarito due punti procedurali di grande importanza.
In primo luogo, il verbale di riconoscimento del monile, utilizzato come prova chiave, era stato legittimamente acquisito. La difesa, infatti, non si era opposta alla sua produzione in giudizio, facendolo così entrare a pieno titolo nel compendio probatorio a disposizione del giudice.
In secondo luogo, la valutazione sull’attendibilità di tale riconoscimento è stata considerata logica e ben motivata dalla Corte territoriale. L’attendibilità derivava dal fatto che il riconoscimento era stato effettuato da due persone diverse e si basava sulle caratteristiche peculiari del gioiello. Inoltre, la colpevolezza era supportata da un altro elemento: l’imputato si era recato nello stesso ‘compro-oro’ del complice, lo stesso giorno e a breve distanza di tempo, senza fornire alcuna giustificazione plausibile per il possesso del bene.
le motivazioni
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili entrambi i ricorsi sulla base di motivazioni distinte ma convergenti sul rispetto dei ruoli processuali. Per il primo ricorrente, la motivazione della Corte d’Appello sulla recidiva è stata giudicata congrua e logica, fondata non solo sul numero di precedenti ma sulla loro natura e continuità, indicative di una persistente tendenza a delinquere. La questione del bilanciamento delle circostanze è stata ritenuta insindacabile in sede di legittimità, in quanto espressione di una valutazione di merito non arbitraria. Per il secondo ricorrente, la Corte ha stabilito la piena legittimità dell’uso del verbale di riconoscimento, in quanto prova ritualmente acquisita agli atti senza opposizione difensiva. L’attendibilità di tale prova è stata considerata logicamente motivata, corroborata da ulteriori elementi indiziari che, nel loro insieme, fondavano l’affermazione di responsabilità.
le conclusioni
Questa ordinanza riafferma con forza alcuni principi cardine del processo penale e del giudizio di legittimità. In primo luogo, la valutazione della recidiva deve essere ancorata a elementi concreti che dimostrino una reale pericolosità sociale e non può essere il mero risultato di un calcolo numerico. In secondo luogo, il silenzio della difesa di fronte all’acquisizione di un atto probatorio ne determina l’ingresso nel materiale utilizzabile per la decisione. Infine, viene ribadito il limite invalicabile del sindacato della Cassazione: la Corte non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, logicamente motivata, dei giudici di merito. La decisione finale di inammissibilità e condanna al pagamento delle spese e di un’ammenda sancisce la manifesta infondatezza delle doglianze sollevate.
Quando la Corte di Cassazione può confermare la recidiva?
La Corte di Cassazione conferma la valutazione sulla recidiva quando la decisione del giudice di merito è basata su una motivazione logica e congrua, che tiene conto di elementi concreti come i numerosi precedenti penali (nel caso di specie, 46) e la continuità dei reati, visti come sintomo del fallimento del percorso rieducativo e di una persistente proclività a delinquere.
Una prova può essere utilizzata se la difesa non si oppone alla sua acquisizione?
Sì. Secondo la Corte, se un verbale (in questo caso, di riconoscimento di un oggetto) viene prodotto agli atti senza alcuna opposizione da parte della difesa, entra legittimamente a far parte del compendio probatorio e può essere utilizzato dal giudice per fondare la propria decisione.
Perché la Cassazione non ha modificato il bilanciamento tra attenuanti e aggravanti?
Perché le statuizioni relative al bilanciamento tra circostanze opposte implicano una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione è palesemente illogica o arbitraria, ma non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito se quest’ultima è sorretta da una motivazione sufficiente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22390 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22390 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/04/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME, nato a Sassari il DATA_NASCITA NOME, nato a Ozieri il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/05/2023 della Corte d’appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale si deduce il vizio d motivazione in ordine alla mancata esclusione della recidiva e al diniego della prevalenza delle riconosciute circostanze attenuanti generiche sulle attribuite circostanze aggravanti: a) quanto al primo profilo, è manifestamente infondato, atteso che, per confermare la ritenuta recidiva, la Corte territoriale ha congruamente valorizzato i numerosissimi precedenti dell’imputato (46) e come i reati sub iudice fossero successivi a una serie continua di reati contro il patrimonio, il che è stato ritenuto, del tutto logicamente, come sintomatico del fallimento del tentativo di rieducazione del COGNOME e della sua persistente e immutata proclività a delinquere; b) quanto al secondo profilo, non è consentito in sede di legittimità, in quanto le statuizioni relative al bilanciamento tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato
di legittimità qualora, come nella specie, sorrette da sufficiente motivazione (si veda la terzultima pagina), non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento manifestamente illogico (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 24593101);
letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che i due motivi di ricorso, con i quali si deduce, rispettivamente, l’inosservanza degli artt. 189 e 192 cod. proc. pen., dell’art. 3 Cost. e dell’art. CEDU (primo motivo), e il vizio della motivazione «con riguardo al giudizio di attendibilità dell’individuazione fotografica posta a fondamento della pronuncia di condanna» (secondo motivo), sono manifestamente infondati, atteso che la Corte territoriale: a) da un lato, si deve ritenere avere legittimamente utilizzato il verbal di riconoscimento, da parte della commessa e del titolare del negozio, del monile (catenina in oro) che era stato ceduto dall’imputato al compro-oro, in quanto lo stesso verbale era stato prodotto agli atti senza alcuna opposizione da parte della difesa ed era così entrato a fare parte del compendio probatorio; b) dall’altro lato, ha operato una logica valutazione di attendibilità dello stesso riconoscimento sia in quanto effettuato da due soggetti sia in ragione del particolare aspetto dei monili; c) infine, ha fondato l’affermazione di responsabilità dell’imputato, oltre che sul suddetto verbale, anche sull’ulteriore elemento che il COGNOME si era recato lo stesso giorno e a distanza di poco tempo presso lo stesso compro-oro dove si era recato anche il COGNOME, ciò che comprovava anche il dolo dello stesso COGNOME che, comunque, non aveva fornito alcuna giustificazione del possesso del monile;
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 16 aprile 2024.