Recidiva e Ricorso in Cassazione: Analisi di una Dichiarazione di Inammissibilità
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato il tema della recidiva e dei limiti entro cui la sua applicazione può essere contestata in sede di legittimità. Questo caso offre spunti importanti per comprendere quando un ricorso contro l’aggravante della recidiva rischia di essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Analizziamo la decisione per capire le ragioni giuridiche che hanno guidato i giudici.
I Fatti del Caso
Un individuo, già condannato dalla Corte d’Appello, ha presentato ricorso in Cassazione contestando un unico punto della sentenza: l’applicazione dell’aggravante della recidiva. Secondo il ricorrente, i giudici di merito avevano errato nel considerarlo un soggetto recidivo, con le relative conseguenze sull’entità della pena. La difesa sosteneva, in sostanza, che la sua storia criminale non giustificasse tale aggravamento.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto categoricamente le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso non solo inammissibile, ma anche manifestamente infondato. Secondo i giudici, il motivo di contestazione relativo alla recidiva non poteva essere esaminato in sede di legittimità, poiché la Corte d’Appello aveva già fornito una motivazione completa e logica sulla sua applicazione. La Cassazione, infatti, non riesamina i fatti del processo, ma si limita a verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza della motivazione della sentenza impugnata.
Le Motivazioni: la valutazione della pericolosità sociale e la recidiva
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni che la Corte di Cassazione ha richiamato. I giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse adeguatamente argomentato la sua scelta di applicare la recidiva. Questa motivazione si basava su elementi concreti e non su una valutazione astratta. In particolare, i giudici di secondo grado avevano fatto riferimento a:
1. Precedenti penali specifici: Il ricorrente aveva una condanna del 2018 per reati in materia di stupefacenti e ben tre successive sentenze per reati contro il patrimonio.
2. Continuità ingravescente: I reati commessi mostravano una progressione criminale, un percorso che indicava una crescente pericolosità sociale e una maggiore capacità a delinquere.
3. Sintomaticità del nuovo reato: Il reato per cui si procedeva era stato considerato sintomo di questa evoluzione negativa, ponendosi in una linea di continuità aggravata rispetto ai precedenti.
La Corte d’Appello, quindi, non si era limitata a prendere atto dei precedenti, ma ne aveva valutato la natura e la sequenza temporale per desumere una tendenza a delinquere che giustificava pienamente l’applicazione della recidiva. Di fronte a una motivazione così puntuale, il ricorso in Cassazione si è rivelato un tentativo infruttuoso di ottenere una nuova valutazione del merito, compito che non spetta alla Suprema Corte.
Le Conclusioni: le conseguenze dell’inammissibilità
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha avuto due conseguenze dirette per il ricorrente. In primo luogo, la condanna impugnata è diventata definitiva. In secondo luogo, in conformità con la legge, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per contestare efficacemente l’applicazione della recidiva in Cassazione non è sufficiente dissentire dalla valutazione del giudice di merito. È necessario, invece, dimostrare un vizio di legge o un’illogicità manifesta nella motivazione della sentenza, un compito che, nel caso di specie, il ricorso non è riuscito ad assolvere.
Perché il ricorso riguardante l’applicazione della recidiva è stato respinto?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile e manifestamente infondato perché la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito la valutazione del giudice precedente, il quale aveva già fornito una motivazione logica e puntuale per l’applicazione della recidiva.
Su quali elementi si basava la giustificazione della recidiva?
La giustificazione si fondava sui numerosi precedenti penali dell’imputato, tra cui una condanna per stupefacenti e tre per reati contro il patrimonio, che dimostravano una crescente capacità criminale e pericolosità sociale in continuità con il passato.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35270 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35270 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME a IVREA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/03/2025 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con cui si contesta l’applicazione del recidiva, non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato; che sulla recidiva il giudice di appello ha puntualmente argomentato alla pagina 3 della sentenza impugnata, facendo riferimento, oltre che ai cd. precedenti dattiloscopici, ad una condanna del 2018 in materia di stupefacenti ed a tr successive sentenze di condanna per reti contro il patrimonio e che il reato per cu si procede è sintomo di maggiore capacità criminale e pericolosità sociale rispetto ai precedenti, con i quali si pone in continuità ingravescente;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il 23 settembre 2025.